Se ieri, su queste colonne, il professor Alessandrini ha chiaramente definito i termini del problema Recovery Fund, oggi intendo affrontarne gli aspetti burocratico-istituzionali, sepolti o quasi nell’oscurità tipica di tutte le burocrazie statali e comunitarie.
Il 16 settembre il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria (455 sì, 146 no e 88 astenuti), il suo parere legislativo sulla decisione relativa al sistema delle risorse proprie (Drp), si è avviato il processo di ratifica nei 27 paesi membri. Ciò significa che 27 (tanti, troppi) parlamenti dovranno discutere i termini del Recovery Fund, e approvandone modalità, prescrizioni, ripartizione: quanto ci vorrà per completare il procedimento? Difficile dirlo. Comunque si tratterà di diversi mesi.
Dopo la definizione di questo step (2), i governi nazionali presenteranno i loro programmi. A normativa vigente, essi dovranno essere esaminati e approvati dall’Unione e anche dalle 27 nazioni.
È in corso una mediazione della Merkel (che sin qui ci ha miracolati) perché il percorso sia semplificato e perché, superata le fasi 2 e 3 (approvazione dei programmi da parte della Ue), non ci siano altri passaggi nazionali. Data la statura del personaggio e la forza della nazione, la Merkel probabilmente riuscirà a ottenere la desiderata semplificazione e su questo dobbiamo sin da ora contare.
Rimane la nota più dolente e difficile, tutta nelle nostre mani: il programma di utilizzazione del Recovery Fund.
Nel suo costante procedere per passi e approssimazioni successivi, l’Unione europea ha, peraltro, già fissato le “Flagship areas” (letteralmente aree «bandiera di vascello»), cioè i punti ai quali debbono ispirarsi le nazioni nello scrivere i loro programmi, punti ieri puntualmente ripresi dal professor Alessandrini.
Le “Flagship areas” delineano investimenti molto diversi da quelli delle nostre Linee guida, nelle quali gli elementi clientelari e passatisti hanno la prevalenza. Ciò che l’Unione pretende per erogare i suoi quattrini (in parte presi a prestito sul mercato) è la totale priorità all’ecologia, all’ambiente (energie pulite) e all’education, alla formazione avanzata cioè di persone capaci di affrontare le nuove tecnologie.
Un salto in avanti nel futuro, rispetto al quale noi siamo condizionati da anni di disinteresse e di ostilità alle infrastrutture fisiche che le altre nazioni, europee ed extraeuropee, hanno già provveduto a realizzare, e da tempo. A esse dovremo comunque provvedere e con risorse nostre, allargando il debito smisuratamente cresciuto negli ultimi 8 mesi.
Mentre versiamo in queste condizioni, il governo rinvia il Mes, soldi pronti per realizzare un piano di rilancio della sanità pubblica: un ingiustificabile omissione autolesionistica e irresponsabile.
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