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La complessità del Mes e dei problemi italiani

La complessità del Mes e dei problemi italiani

di Giovanni Fracasso - Giulio Tagliavini

03 Dicembre 2019, 13:49

La situazione macroeconomica e macrofinanziaria dell’Italia è complessa. Affrontare una questione complessa è per forza di cose un problema delicato. Molto delicato. Quindi suscita stupore l’eccesso di determinazione di coloro che indicano la direzione giusta da intraprendere. Le vie di uscita che vengono indicate sono, invece, necessariamente pericolose, oltre che incerte.
Da un lato ci sono alcuni osservatori che pongono al centro degli obiettivi della politica economica il controllo o la riduzione, o la riduzione rapida, del livello del debito pubblico. Augusto Schianchi ha indicato questo obiettivo e ha definito nei giorni scorsi, su queste colonne, gli elementi di riflessione macroeconomica più coerenti, evidenziando, con analisi acuta, il momento storico in cui il nostro debito è esploso.
Dall’altro lato, ci sono altri interlocutori che ritengono che il tema del livello del debito pubblico non meriti di essere posto al centro dell’attenzione come la più stringente delle priorità. Sono posizioni meno ortodosse, meno tradizionali, ma non per questo non coerenti con l’attuale situazione. I primi ritengono che il debito pubblico sia un vincolo finanziario posto sui nostri figli e suoi nostri nipoti, che dovranno restituire i debiti fatti dalle generazioni precedenti. I secondi non credono in questa metafora. Il debito pubblico realmente non finisce a carico delle generazioni successive. Il debito pubblico – secondo queste posizioni - corrisponderebbe a Pil in più. E il Pil in più è la premessa per la restituzione del debito.
In questo contesto, occorre anche definire cosa accade se le politiche economiche adottate si rivelino controproducenti. Si è già, infatti, verificato che le politiche adottate da governi di persone stimate e competenti, con il necessario supporto parlamentare, abbiano fallito. E si può benissimo verificare ancora. Anche le persone competenti e dotate di una maggioranza sbagliano direzione. Inoltre, ci sono addirittura situazioni che non hanno soluzioni né a breve né a medio termine. La discussione attuale sul MES (meccanismo salva stati) si inquadra in questo contesto. E’ il meccanismo che consente di affrontare la eventuale e futura crisi di un paese, per il quale le politiche adottate si rivelino, alla prova dei fatti, inidonee a fornire impulsi di miglioramento. E le cure che non portano a un miglioramento, purtroppo, spesso concorrono al peggioramento del paziente.
La revisione del Trattato del MES, su cui si è formato un notevole consenso a un livello europeo, solleva molti dubbi. In primo luogo, i dubbi sono espressi da forze politiche decisive in quanto a capacità del Parlamento di approvare la direzione da intraprendere. In secondo luogo, i dubbi sono espressi da interlocutori molto qualificati. Il Governatore della Banca d’Italia ha parlato di “enormi rischi”. Il Presidente dell’associazione dei banchieri italiani(ABI) ha osservato che la possibilità da parte delle banche di comprare titoli italiani ne potrebbe risultare compromessa. Carlo Cottarelli ha indicato il pericolo di una strategia direttamente e fortemente orientata alla riduzione del deficit.
Le regole per affrontare la crisi di un paese dell’area euro possono ispirarsi a un principio di mutualizzazione dei rischi (i problemi sono a carico di tutti i paesi) o ad un principio di individuazione di singole responsabilità e, di conseguenza, di addebito delle conseguenze ai singoli che le hanno provocate. A nostro parere pare evidente che le politiche economiche di un singolo paese - finalizzate, come detto sopra ad affrontare una situazione complessa e dunque incerta - possono essere nella disponibilità decisionale del singolo paese o concordate a livello europeo. Nel primo caso, vale la regola delle responsabilità individuali. Nel secondo caso, vale la regola della condivisione dei rischi. 
Le soluzioni intermedie, come quelle che favoriscono le banche tedesche creditrici ai debitori greci sulla base di risorse fornite dal precedente meccanismo, corrispondono a un gioco che da bambini chiamavamo “rubamazzo”.

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