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Editoriale

E' il tempo della pace

E' il tempo della pace

di Augusto Schianchi

01 Marzo 2022, 12:27

«Prima o poi questa guerra finirà», afferma il comandante surfista di Apocalypse Now su una spiaggia del Vietnam, dopo uno dei periodici massacri. Già, le guerre finiscono o per esaurimento dei combattenti, come la Guerra dei cent’anni tra Inghilterra e Francia dalla metà del Trecento per il secolo successivo. Oppure possono finire perché scoppia la pace. Che è quello che il mondo pretende per l’Ucraina: «It’s time for peace», è il tempo della pace, come scrissero sui muri di Belfast quando scoppiò la pace. Per fare la pace ci vogliono in due, e per avere una pace duratura, non ci devono essere vincitori e vinti. La pace di Versailles, dopo la Prima guerra mondiale, quando i tedeschi sconfitti nemmeno vennero invitati alle trattative di pace e firmarono senza gli fosse permesso di leggere il trattato, fu poi la causa della Seconda guerra mondiale, ben peggiore della prima.

Per avere una pace duratura, ognuno dei due contendenti deve rinunciare a qualcosa: Putin ad occupare l’Ucraina (anche con un governo fantoccio); Zelensky a pretendere di entrare subito nella NATO. E l’Europa deve farsi garante del rispetto degli accordi.
Putin ha commesso almeno due errori strategici: Il primo, originario, è stato quello di farsi coinvolgere in una guerra sul campo, con una soverchiante forza corazzata, ma (relativamente) pochi soldati. Ed i fatti lo stanno dimostrando, i progressi sul campo sono molto più lenti del previsto.
Il secondo errore nell’avviare la guerra è stato quello di sottovalutare la reazione americana, e soprattutto quella europea. Le sanzioni sono molto pesanti da sopportare, incluso il congelamento (almeno in parte) del tesoretto di 630 miliardi messo da parte in questi anni. Lo confermano il crollo del rublo e del calo della borsa di Mosca.
Infine, l’attacco di Putin ha coalizzato gli Europei; perfino la Germania tradizionalmente neutralista nei riguardi della Russia, ha deciso di riarmarsi. E, di grande significato politico, ha condiviso l’invio di armi all’Ucraina.
Addirittura, ieri Putin ha messo in stato di allarme il proprio sistema di difesa atomica. A fronte di quale minaccia, non è chiaro. L’auspicio è che le trattative avviate in queste ore portino rapidamente ad un cessate il fuoco, e l’avvio di un processo di pacificazione. L’alternativa ovvia è che «la guerra continua», con effetti devastanti sulla popolazione ucraina, e anche su quella delle famiglie russe che dovranno piangere i loro caduti nel conflitto.
C’è un’ulteriore ipotesi, poco verosimile a breve ma non impossibile, che è quella di un’uscita di scena, magari graduale, di Putin. La squadra di oligarchi al comando della Russia sta soffrendo enormemente per i danni finanziari collaterali, conseguenti le sanzioni.
Accertato che, nel caso di una rinnovata pace, non ci sia nessuna minaccia da parte dell’Europa verso la Russia, si potrebbero aprire prospettive di una normalizzazione dei rapporti russo-europei, a vantaggio di tutta la popolazione europea, in particolare di quella più fragile, già ferocemente indebolita dalle conseguenze della pandemia.
Agli inizi del 2000, ci fu un’apertura reciproca tra Stati Uniti e Russia per ridefinire in modo diverso il rapporto tra la Russia e la Nato. Ma l’ipotesi venne lasciata cadere da parte degli Stati Uniti. Come fece Clinton qualche anno prima nei confronti della Cina. La Cina dopo Tienanmen e la Russia dopo la caduta del muro erano paesi comprimari, non protagonisti dello sviluppo futuro. L’attenzione andava rivolta ai nuovi paesi emergenti. Questo approccio nei successivi 20 anni si è rivelato un errore storico. La geopolitica mondiale ha preso tutt’altra direzione. Il rapporto tra Stati Uniti ed Europa (anche per effetto delle presidenze americane che si sono succedute) si è andato divaricando. Gli Stati Uniti sono concentrati sulla Cina; l’Europa vuole rapporti equilibrati con la Cina, ma il suo interesse principale è rivolto alla Russia.
L’unica certezza è che l’Europa (suo malgrado) è stata «gettata nel mondo». La sola sua alternativa è quella di rafforzarsi su tutti i fronti. Incluso, purtroppo, quello militare che, ai giorni nostri, è strettamente intrecciato con l’innovazione a tutto campo.

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