scenari
Un caso particolare di materie prime, poco note - in precedenza definite «ossidi non comuni» - ora essenziali è quello delle «Terre Rare» che forniscono 17 metalli (usati) indispensabili per la maggior parte dei prodotti a più alta tecnologia. La Cina, il maggior produttore sin da quando se ne era manifestata l'importanza strategica, cercò di usare il suo «quasi» monopolio a fini politici alzando i prezzi a dismisura in particolare quando, dopo i problemi evidenziati dal Covid, si avviò il rientro di molte produzioni nei paesi di origine per riordinare le catene produttive e dare maggiore attenzione al controllo e disponibilità delle materie prime. Con l'eccessivo aumento dei prezzi fu commesso il frequente errore dei monopolisti: stimolò la ricerca e l'estrazione da parte di diversi paesi, dal Sud Africa agli Stati Uniti, ma la Cina riuscì a mantenere la leadership anche per il privilegio di possedere oltre il 30% delle riserve mondiali nelle miniere di Bayan Obo, il più vasto giacimento al mondo su una estensione di oltre 18mila km² dove è concentrato il 50% delle Terre Rare cinesi che permette lavorazioni a prezzi molto competitivi per l'economia di scala, una dote che permette alla Cina sia di controllare il 60% della produzione mondiale che disporre di quattro quinti della capacità di raffinazione a livello globale. Persino gli Stati Uniti per i propri materiali che necessitano di lavorazioni particolari devono negoziare con Pechino.
C'è un forte impegno per evitare che la posizione guadagnata si consolidi e si trasformi in una ricchezza per la Cina com'è avvenuto per il petrolio nel Medio Oriente. Ma ci vorranno impegno, coordinamento fra paesi e significativi investimenti come ha richiamato il Financial Times che ha calcolato che entro il 2030 il continente africano è destinato a diventare il principale produttore di materiali critici come il litio ed il cobalto, fondamentali per la produzione di batterie e altre parti delle auto elettriche, ricavati dalle miniere del Congo e della Namibia dove Pechino si é già insediato con investimenti in infrastrutture che gli assicurano una fornitura continua e costante.
La difesa della Terra segna spesso l'avvio di un conflitto. Anche in Ucraina, quella che pretendono i russi e quella che difendono gli ucraini, il conflitto disvela la ragione profonda per cui si sta combattendo: il controllo di territori ricchi di giacimenti di materiali critici e di infrastrutture strategiche. Al punto che l'alta dirigenza di Trump ha sferrato un'offensiva, e non a caso dal tempio istituzionale, la Casa Bianca, sul presidente dell'Ucraina con un intervento al limite del ricatto per assicurarsi senza se e senza ma l’accesso e il controllo dei minerali critici e delle terre rare del suolo ucraino.
Occorre precisare che si tratta di materiali impropriamente chiamati «Terre Rare»: essi non sono né terre né cosi rari e si presentano diffusi nel terreno con un aspetto lucente per lo più di color grigio e si calcola che sono presenti, per dare una misura in un confronto coi metalli a noi più noti, il nichel, lo zinco, il piombo o il rame. E perché oggi sono diventati così preziosi? Per due principali ragioni: la prima, per la loro minima concentrazione in peso: da poche decine a qualche centinaio di parti per milione per cui per la loro estrazione, per i delicati processi di raffinazione e di purificazione, per l'alto consumo di energia ed utilizzo di acidi durante le diverse migliaia di cicli la lavorazione è complessa e pertanto costosa. Occorre poi aggiungere gli alti costi di disinquinamento per l'elevato degrado ambientale e la diffusa contaminazione del suolo spesso compromesso dalla presenza di elementi radioattivi.
Il secondo motivo va rapportato a quanto accaduto sul mercato. Sino a qualche decennio prima, sono state per lo più materie relegate nell'industria del vetro e della chimica di base ma volendo indicare una data di avvio potrebbe essere quel 1965 con la produzione dei televisori a colori che cominciarono ad utilizzare una allora sconosciuta Terra rara, l'europio, come fosforo rosso e, successivamente, verso la fine del secolo scorso, venne registrato un ulteriore salto con l'utilizzo del samario per la costruzione di super magneti. Si era cosi venuto a saldare l'impiego delle Terre Rare col crescente affermarsi dell'industria elettronica e poi delle tecnologie digitali che hanno esteso l'impiego nella produzione di una immensa massa di prodotti ad alta tecnologia di vasto comune utilizzo: computer, smarthphone, iPad, laser, marmitte catalitiche, batterie d'auto per veicoli ibridi, lampadine fluorescenti, impianti fotovoltaici. Cui si deve aggiungere la consistente e crescente domanda del settore militare, delle comunicazioni e dei trasporti.
Questa crescente domanda ha sollecitato approfondite ricerche che hanno evidenziato l'utilità economica di processi di recupero di materiali impiegati in tanti prodotti e contribuito alla nascita di un nuovo settore industriale, quello dell'economia circolare, e di procedure per normare il recupero che oggi si attesta a un modesto 3% destinato a crescere al 10% col superamento degli ostacoli che limitano le complesse lavorazioni.
L'Italia è uno dei paesi più dipendenti dalle importazioni anche di queste materie prime e per darne una soluzione è stato attivato un tavolo tra il Ministero dell'Ambiente e Sicurezza Energetica e quello delle Imprese e del Made in Italy per definire il fabbisogno nazionale dei minerali critici e, con la collaborazione dell'Istituto Superiore per la Protezione Ambientale, la costruzione della Carta Mineraria del territorio nazionale ricco di circa tremila miniere abbandonate che potrebbero nascondere giacimenti di minerali non considerati interessanti quando sono stati chiusi. Fra queste, anche le miniere di Corchia: pur ritenute interessanti per la presenza di rame, cobalto e nichel, la reazione delle comunità locali ha fatto abbandonare la possibilità di una loro riattivazione.
Il mondo, da qualsivoglia parte lo si guarda, sta cambiando e, per comprenderlo, va - andrebbe - esaminato nel suo complesso: dai nuovi materiali ai nuovi processi, dalle nuove tecnologie alle imprese nuove che si devono aggiungere a quelle che già stanno producendo 100 miliardi di materiali per soddisfare la domanda degli otto miliardi di persone del globo. Fra queste nuove aziende ci sono anche quelle che devono - dovrebbero - occuparsi delle «catene di smontaggio» degli oltre due miliardi di tonnellate che ogni anno giungono «a fine vita» senza essere riciclati se non in minima parte.
Queste ultime aziende ci conducono in un terreno molto controverso e ci sollecitano un confronto per trovare una condivisa soluzione alla gestione dei «prodotti a fine vita», meglio noti come i rifiuti, perché è ampiamente provato anche dai risultati di un recente documento dell'autorevole Australian Strategic Policy Institute che senza le Terre Rare, e la loro corretta gestione, non potranno essere affrontate con successo la transizione ecologica e quella digitale.
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