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L'Europa teme di restare fuori, 'ora i due Stati'

L'Europa teme di restare fuori, 'ora i due Stati'

10 Ottobre 2025, 19:18

BRUXELLES - Più volte accusata di irrilevanza nella guerra tra Israele e Hamas, l'Europa teme ora di restare ai margini del futuro di Gaza. Malgrado il plauso unanime al cessate il fuoco, l'inquietudine dei partner Ue è trapelata dalle parole di Ursula von der Leyen, che si è affrettata a definire l'intesa sulla prima fase del piano di Donald Trump "un'occasione da cogliere al volo" per ritagliarsi un ruolo verso "la soluzione dei due Stati". Un messaggio che ha trovato eco a Parigi, dove Emmanuel Macron - pur stretto nella crisi di governo - ha accolto i ministri degli Esteri dell'E4 europeo (Francia, Germania, Italia e Regno Unito) e del Quintetto arabo (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Qatar), insieme ai rappresentanti di Ue, Canada e Turchia, per definire linee comuni su sicurezza, governance e ricostruzione che, nelle parole del presidente francese, dovranno "integrare" il disegno di Washington.
"La tregua rappresenta un'immensa speranza di pace", ha osservato Macron poche ore prima della riunione - primo crocevia diplomatico per dare seguito all'accordo di Sharm el-Sheikh - precisando che deve essere "l'inizio di un processo politico, non una semplice parentesi". Una visione condivisa dal vicepremier Antonio Tajani, secondo cui l'intesa "segna un momento cruciale della storia, il primo tassello di un lungo processo di stabilizzazione del Medio Oriente". Ma, complice il forfait dell'ultimo minuto del segretario di Stato americano Marco Rubio, anche a Parigi l'Europa non ha potuto che constatare che il vero fulcro decisionale resta alla Casa Bianca. E le divergenze - anche interne ai Ventisette - rischiano di essere marcate.
Il nodo centrale resta la soluzione a due Stati, sulla quale negli ultimi mesi le differenze si sono moltiplicate tra il fronte guidato da Parigi favorevole al riconoscimento della Palestina e Germania e Italia che chiedono invece di avviare negoziati preliminari. Gli insediamenti, nell'avvertimento del presidente francese, "acuiscono la minaccia esistenziale per lo Stato palestinese". La coesistenza resta l'obiettivo, ma ci sono ancora "molte tappe" da completare, ha frenato il titolare della diplomazia tedesca, Johann Wadephul, riaffermando con toni netti che tutti i prossimi passi "dovranno essere coordinati con Israele".
Fasi di un nuovo assetto che contemplano ulteriori aspetti da definire: il dispiegamento di truppe internazionali, il ritiro graduale dell'Idf e la creazione del Board of Peace, destinato ad amministrare Gaza fino al reinsediamento di un'Autorità nazionale palestinese riformata. Gli sforzi franco-britannici - sostenuti da Roma e Berlino - mirano a garantire alla Forza di stabilizzazione internazionale (Isf) un mandato vincolante delle Nazioni Unite, che ne definisca con chiarezza compiti e durata.
Resta da confermare anche la composizione del Board a guida Usa che, nel piano Trump, vedrà la partecipazione di Paesi arabi e dell'ex premier britannico Tony Blair: un'architettura che alcuni governi europei considerano una tutela necessaria, ma che altri temono possa accentrare il potere decisionale a Washington. A completare il quadro, la ricostruzione di Gaza: l'Europa, nelle assicurazioni offerte dall'Alta rappresentante Kaja Kallas, è disponibile a offrire competenze tecniche e strumenti di governance ed è pronta a far ripartire sin da ora la missione Eubam Rafah al confine tra la Striscia e l'Egitto. 
   

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