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Gusto

Oh... cioccolato. Irresistibile tentazione protagonista di molti piatti

Una storia antica per uno dei prodotti più consumati. Nel '600 il cioccolato conquista l'Europa: Francia, Inghilterra e, in Italia, Torino, Venezia, Firenze sono i principali luoghi di consumo e produzione

Cioccolato

di Chichibìo

08 Febbraio 2022, 15:39

Forse a Pellegrino Artusi il cioccolato non doveva piacere troppo. A un lettore che gli chiede di dare informazioni su quello che Linneo chiamò «il cibo degli Dei» risponde: «Se avessi dovuto raccontarne la storia e le adulterazioni dei fabbricanti nel manipolarla, troppo mi sarei dilungato e perché tutti, più o men bene, una cioccolata a bere la sanno fare». E tuttavia non si può liquidare così un lettore e allora Artusi detta, pur in modo sbrigativo, la ricetta della cioccolata in tazza. Ma, più ancora di questa, vale la raccomandazione perché possa garantirsi la qualità al momento dell'acquisto: «Non c'è che sfuggire l'infimo prezzo e dare la preferenza ai fabbricanti più accreditati».

Si tratta di un consiglio buono per ogni cosa, ma soprattutto per una materia prima come il cioccolato che solo con l'ottima qualità rivela tutti i suoi pregi, dona la felicità al corpo e allo spirito. Raccolto dai frutti dell'albero del Theobroma, simbolo della vita e come ogni albero «luogo carico di forze sacre» (Mircea Eliade), fu coltivato tra lo Yucatan e il Guatemala dai Maya prima, dagli Aztechi poi e, mischiando acqua calda e cacao, e già allora spezie e pimenti, diventò una bevanda per guerrieri e nobili. Ma anche un drink più cruento: preparato con l'aggiunta del sangue dei sacerdoti era l'offerta liturgica agli dei per proteggere uomini, città e villaggi da calamità e malattie. Associato alle divinità protettrici della fertilità, il cioccolato rivela da subito la sua natura che si esprime nella forza, nella passione, nella sen(ses)sualità.

Il guerriero la beve prima della battaglia, la cioccolata entra nel banchetto matrimoniale, con quella si festeggiano le nascite, ci si consola nelle cerimonie funebri, si trova il coraggio per superare le prove di iniziazione -e anche nei «Promessi Sposi» a Gertrude che sta per entrare in convento fu servita (involontaria premonitrice dei futuri disordini?) «una chicchera di cioccolata». Il gesuita Escobar y Mendoza, riprendendo l'antico adagio per cui «Liquidum non frangit jejunum», dichiarò, traducendo quasi alla lettera, che il cioccolato sciolto nell'acqua non rompe il digiuno e così fu possibile goderne, con la benedizione di papa Pio V, anche durante la Quaresima. E tuttavia la sua intima natura resta sostanzialmente dionisiaca, eccita il corpo più che lo spirito, la passione più che la ragione.

Fu portato in Europa dai conquistatori spagnoli nel '500 che per tutto il secolo ne faranno un uso quasi esclusivo. Nel '600 il cioccolato conquista l'Europa: Francia, Inghilterra e, in Italia, Torino, Venezia, Firenze sono i principali luoghi di consumo e produzione. Nel '700, i caffè degli Illuministi servono anche tazze di cioccolata accreditate di virtù portentose: Casanova ne garantiva gli effetti afrodisiaci; Voltaire vi trovava l'energia per combattere la stanchezza dei molti anni; Mozart la innalza agli onori della musica e don Giovanni fa servire ai suoi ospiti «cioccolata, caffè, vini e prosciutti», mentre in «Così fan tutte» la cameriera Despina, dopo averlo preparato, non resiste e ne canta la bontà: «O garbate signore, che a voi dessi l'essenza e a me l'odore! Per Bacco, vò assaggiarlo... Com'è buono!».

Dalle fave alla loro tostatura, poi alla lavorazione del cacao e successivi passaggi con aggiunta di zucchero, vaniglia, latte e altro per ottenere cioccolato fondente, quello al latte, quello bianco e le mille possibili variazioni. Ci si rivolga dunque ai «fabbricanti più accreditati» e ci si accinga alla preparazione più domestica e più cara. Intendo dire del budino che, come sanno i gourmet più scafati, in realtà non si mangia perché è lui a mangiare noi travolti da un mare di ricordi. E ci riporta alla realtà un antico proverbio inglese che recita «la prova del budino è nel mangiarlo» (the proof of the pudding is in the eating): lo seguiremo volentieri, dimenticando che Engels lo usò come esempio filosofico a sostegno di una visione realistica del mondo contro le illusioni delle percezioni.

Useremo ottimo cioccolato fondente grattugiato sciolto con latte e farina, misceleremo con tuorli d'uovo e zucchero, metteremo il tutto a cuocere nel latte fino alla densità desiderata. Aspetteremo che si raffreddi e poi, realismo o illusione, mangianti o mangiati, il naufragare in quel tripudio di delizia sarà dolcissimo.

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