GUSTO
Chi segue queste pagine con attenzione e perseveranza sa bene che non amiamo abbinare la parola «esperienza» ad un pranzo o a una cena. Così, semplicemente, il fine dining è cucina di eccellenza, per idee e tecnica, per scelta delle materie prime e per estetica, per ricordo e viaggio nel futuro. Ecco quello che rimane, nei cassetti della memoria, sedendosi a un tavolo del D'O (Piazza della Chiesa, San Pietro all'Olmo, Cornaredo). Insieme ad una accoglienza che descrivere perfetta è sin troppo banale. Nessun imbarazzo, spiegazioni chiare, il piatto non ha segreti. Insomma fine dining premiato con le due stelle Michelin (oltre che la stella verde). E per questa degustazione un «manipolo» di osti e addetti ai lavori di casa nostra è arrivato sin a Cornaredo per un pranzo in compagnia che insieme è stato una sorta di corso d'aggiornamento. E Davide Oldani spiega così la crescita generale della cucina italiana. Dalle trattorie al fine dining, appunto.
«Adesso, anche nelle trattorie, oltre che mangiare bene, so che posso mangiare sano. E il fine dining avrà sempre più vita, perché è un approccio al cibo sano. E ti permette di nutrirti bene. Per esempio, noi il pane lo portiamo alla fine, perché hai già dei carboidrati prima. Si fa una cossa pensata perché le persone abbiano una cura da parte nostra, anche per il cibo che diamo. Anche la trattoria sta guardando alla qualità e non più alla quantità. E così si dà una marcia in più ai nostri clienti».
Qui a San Pietro all'Olmo c'è lo storico D'O (due stelle Michelin) e di fronte c'è l'altro tuo locale, l'Olmo (una stella Michelin).
«Qui abbiamo due opportunità completamente diverse, che però congiungono tutto sotto il segno della qualità. Olmo non è un bistrot, è un ristorante. Serve per far crescere i ragazzi, per coinvolgerli e se tu questo spazio glielo crei, allora continuano a lavorare seguendo la nostra filosofia».
Nella degustazione che ci hai proposto grande attenzione alla qualità e alle preparazioni, sia che si parli di pesce, di carne o di vegetali...
«La razza con il minestrone, lo avete assaggiato bene? Secondo me è uno di quei pesci più difficili da trovare e ancor più difficile da lavorare. Va utilizzato freschissimo, abbiamo trovato la strada per farlo. E lo facciamo in stagione. E in generale quando lavori questi prodotti o ci metti tanta tecnica oppure ci metti tanto prodotto di qualità. Per me la cucina è anche, ripeto anche, caviale, aragosta, tartufo bianco.. ».
Negli amuse bouche hai inserito un saluto al tuo maestro Gualtiero Marchesi, una piccola carezza con gli spaghetti freddi al burro e caviale di limone, oro alimentare.
«Da milanese qual era Marchesi e grazie alla sua sensibilità e alla sua intelligenza ha ideato piatti unici. Lui fa parte della mia vita. La mia famiglia fa parte dell'altra metà della mia vita, mia madre che è mancata da poco, mio padre, la mia famiglia Camilla, Evelina appunto. Poi c'è il lavoro e Marchesi, come Ducasse o Bocuse, fanno parte dell'altra metà della mia vita. E qui tutti i giorni, nel nostro ristorante, si parla di loro, di Marchesi. Inevitabile direi».
E c'è anche il tuo legame con Parma.
«Certo, conosco ristoratori da più di 30 anni. Sono amici oltre che colleghi. Poi a Parma c'è quella cultura del cibo che io adoro. La Fodd Valley, che io avrei chiamato la Valle del Cibo. Ma ci sta. E la Cena dei Mille... Parma è il posto dove devi essere. Devi esserci. Per la cultura in generale, per la cultura del cibo. Per tutto quello che avete. Il cibo comunque rappresenta molto, anche perché non siete stati ancora maltrattati dal commercio del mondo della cucina. Mi spiego: l'identità che avete voi a Parma, se la vuoi, devi venire per forza lì. La pizza la fanno buona anche a New York, Parma ha ancora la sua “privacy”. Se penso di mangiare bene, lì ci devo venire. Una identità unica».
Il tuo legame con Parma è anche il legame con il brand Barilla.
«Beh, sono anni che camminiamo insieme (apre uno sportello della cucina e spuntano i fusilli al bronzo ndr). Non è solo una sponsorizzazione, è un altro modo di rappresentare la vicinanza ad una filosofia di lavoro. Parma è anche questo».
LA DEGUSTAZIONE
Ecco i piatti consigliati dallo chef Davide Oldani durante la visita al D'O
- Cipolla caramellata
- Seppia a scarpetta
- Il pollo della domenica al cartoccio
- Riso con insalata di stagione, fragole e cosce di rana
- Ali di razza con il minestrone
- Piccione in crosta di tagliolini
- Formaggio o non formaggio
- Cioccolato con gelato di banane
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