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NO SLEEP FOR KANAME DATE - FROM AI: THE SOMNIUM FILES (Spike Chunsoft, per Pc, Switch e Switch 2)
Nella Tokyo che non dorme mai del futuro prossimo venturo è anche e sopratutto sondando i sogni che si può trovare la chiave per smascherare i criminali più subdoli ed efferati. Si dedicano a questa attività gli agenti del dipartimento top secret Abis, acronimo che sta per Advanced Brain Investigation Squad ossia Squadra Speciale Avanzata di Investigazione Cerebrale. Per entrare nelle mente delle persone ed esplorare il Somnium, il mondo dei sogni, i poliziotti utilizzano la macchina Psync. È il terreno su cui si muove agevolmente il detective Kaname Date, protagonista di AI: The Somnium Files, con cui nel 2019 Kotaro Uchikoshi, sceneggiatore e regista della serie cult Zero Escape, dava avvio a un nuovo ciclo di avventure che sono anche visual novel, dove le narrazioni interattive dalla grafica anime tipicamente giapponesi si alternano a segmenti più incentrati sull’esplorazione e sugli enigmi. Nel seguito, AI: The Somnium Files - nirvanA Initiative (2022), ambientato sei anni più tardi, si guadagnava la ribalta Mizuki Date, figlia adottiva di Kaname e come lui assunta nelle fila della Squadra Avanzata di Investigazione Cerebrale. Adesso, con l’appena pubblicato No Sleep for Kaname Date - From AI: The Somnium Files, Kaname Date è tornato nel ruolo principale in una sorta di spin-off, collocato cronologicamente tra la fine del primo capitolo, dopo la conclusione del caso del serial killer nuovo Ciclope, e l’esordio degli omicidi seriali Half-Body sui quali deve far luce Mizuki in nirvanA Iniziative. Sviluppato come i precedenti due titoli da Spike Chunsoft, No Sleep for Kaname Date vede l’autore della serie, Kotaro Uchikoshi, ritagliarsi solo il ruolo di supervisore, mentre sceneggiatura e regia sono affidati a Kazuya Yamada, già responsabile della sezione Somnium nei primi due capitoli. In No Sleep for Kaname Date, oltre a scandagliare la dimensione onirica interrogando sospetti e testimoni entro un lasso di tempo ristretto per non compromettere la salute dell’interlocutore, c’è la classica sezione nella quale si procede nella realtà osservando e raccogliendo indizi. A queste due si aggiunge poi la novità assoluta dell’esperienza Escape dove, al chiuso di una escape room, si deve trovare una via di uscita, ingegnandosi nella soluzione di enigmi proposti a una scala inedita. Se Uchikoshi, impegnato su altri progetti, ha passato dunque un po’ il testimone, eccolo ispirare questa sostanziale sezione, idealmente figlia di dinamiche già sperimentate nella serie Zero Escape, con al centro un gruppo di nove individui rapiti e imprigionati da un misterioso aguzzino che li costringe a sottoporsi a giochi in cui si rischia la vita o la morte, unico mezzo per cercare di riconquistare la libertà. In No Sleep for Kaname Date è Iris Sagan, alias A-set, musicista e celebre idol acclamata su Internet, a essere rapita dagli Ufo, che la obbligano a partecipare a una pericolosa competizione per poter fuggire, chiamata il gioco del Terzo occhio. L’atto del vedere è un’altra chiave privilegiata per entrare nell’universo di AI: The Somnium Files, Il serial killer nuovo Ciclope, come suggerisce il suo soprannome, toglieva un occhio alle sue vittime. Sia Kaname, sia Mizuki hanno un globo oculare sostituito da una protesi cibernetica dotata di un’intelligenza artificiale che funziona da assistente nelle indagini, aiutando ad analizzare le scene del crimine e a navigare nella sfera onirica. In Do Sleep for Kaname Date tocca quindi a Kaname lanciarsi nell’impresa di salvare Iris, con la quale resta aperto un sottile e incerto canale di comunicazione, mentre in una zona della città appare un arcano manufatto. C’è un compenetrarsi delle tre dimensioni nelle quali si svolge l’inchiesta dell’agente Date e tutte devono essere prese in considerazione per giungere alla verità, passando dall’una all’altra, in un domani percorso da inquietanti trame, intessuto della materia di oscure leggende metropolitane, attraversato da figure bizzarre dallo strano humour che alleggerisce il tono virando il dramma verso la commedia, per arrivare ad affermare una semplice verità: a muovere tutto è l’amore, cuore pulsante dell’intera saga.
WILD HEARTS S (Koei Tecmo, per Switch 2)
A caccia di strane, temibili creature, i Kemono, nel gioco di ruolo d’azione Wild Hearts S, che con l’arrivo della nuova console Nintendo Switch 2 rivisita il titolo Wild Hearts, uscito originariamente nel 2023 per Pc, Playstation e Xbox, catapultando in una versione fantasy del Giappone feudale, con le sue architetture, le sue mitologie, le sue leggende. Lo studio Omega Force, la divisione di Koei Tecmo artefice della saga Dynasty Warriors, si conferma così ambasciatore del Paese del Sol Levante nella sua millenaria stratificazione storica e culturale. Wild Hearts S aggiunge una spiccata sensibilità nei confronti di ogni forma di vita, dalla vegetazione agli animali, ritratti con tanta passione mentre si segue il viaggio dell’eroe chiamato a ristabilire l’equilibrio perduto tra i diversi ecosistemi. Le belve gigantesche sono una fusione di spunti tratti dalla fauna reale con i fenomeni di una natura primordiale, di cui incarnano lo spirito capace di scatenarsi con potenza devastante, si tratti di raffiche di vento o di fiumi di lava incandescente o di gelide bufere. L’operazione è condotta con maestria, traducendo l’inventiva con uno stile artistico affascinante ed efficace. Ormai si ignorano i motivi esatti di questa ribellione, che inizialmente ha annullato ogni reazione nell’uomo, a causa della forza soverchiante degli elementi. Si è inevitabilmente piccoli di fronte alla maestosità di mostri che non hanno nessuna intenzione di farsi imbrigliare, al più la natura sembra disposta a patteggiare forme di pacifica convivenza. Per eliminare le minacce dirette alla cittadina sotto attacco, si impersona un abile cacciatore che deve prepararsi adeguatamente a ogni battuta, cominciando con il soddisfare il bisogno primario del cibo, magari preparato in precedenza, come può essere il pesce messo a essiccare su essenziali strutture in legno, o cucinato con gli ingredienti a disposizione. Gli automi karakuri da costruire con le nostre mani, adattandoli alle diverse esigenze, sfruttando il materiale trovato in giro o conquistato di duello in duello, offrono un valido aiuto in ogni momento della vita del villaggio, per pescare, per individuare i Kemono, per combattere, per difendersi. Con la stessa tecnologia karakuri si forgiano le armi che appartengono a differenti tipologie, da adattare a seconda delle caratteristiche dei nemici. Si chiama come la dea Amaterasu un rapace che si libra maestoso nel cielo. Il Kemono simbolo di Wild Hearts S è però il rasetsu, o scure d’inverno, che delimita il suo territorio tramite blocchi di ghiaccio, senza dar scampo alle prede grazie alla velocità fulminea e al coordinamento con il resto del branco. Ciascuna bestia feroce è abbinata a un ideogramma che ne sintetizza le caratteristiche trasferite anche al nome. Le possiamo sfidare da soli o collaborare con gli amici (saliti adesso da tre fino a quattro su Nintendo Switch 2) grazie al multiplayer in modalità seamless co-op, ossia senza limiti nell’esplorazione della mappa articolata in biomi, ognuno specchio di una stagione. La primavera è associata a un paesaggio fiorito, l’estate alla magia di una cascata su un’isola, l’autunno accompagna lungo un canyon inondando di foglie cadute, l’inverno ammanta una fortezza immersa in una foresta e sferzata dal gelo. Wild Hearts S comprende inoltre alcuni bonus già inclusi in Wild Hearts Karakuri Edition e sul sito ufficiale di Koei Tecmo Europe è disponibile il commento audio degli sviluppatori sul gameplay cooperativo, in linea con l’anima dichiaratamente social della console Nintendo di nuova generazione. Prima di lanciare l’attacco fatale, il nostro alter ego si inchina, in segno di rispetto per l’avversario. Rispetto è una parola chiave in questo itinerario in paesaggi devastati, che mantengono un certo incanto e soprattutto aspettano di poter tornare allo splendore di quando avidità ed egoismo non avevano ancora infranto le leggi non scritte che regolano la coesistenza delle diverse specie del creato.
HUNTER X HUNTER NEN X IMPACT (Arc System Works, per Pc, Ps5 e Switch)
La scena dei fighting game non sarebbe la stessa senza Arc System Works, storico studio giapponese nei confronti del quale i fan oggi nutrono un rispetto reverenziale. Con le sue serie originali, da Guilty Gear a BlazBlue, ma anche tramite collaborazioni importanti, quali Dragon Ball FighterZ o il prossimo Marvel Tokon: Fighting Souls, ha saputo portare avanti una precisa idea di picchiaduro, dove il digital entertainment si fonde con gli anime in una celebrazione della migliore tradizione di scuola nipponica. Produzioni così testimoniano perfettamente il legame naturale che intercorre tra i nuovi successi multimediali del Sol Levante e le altre forme della cultura popolare che hanno fatto grande il Paese agli occhi del mondo. Nel ruolo adesso di ambasciatore, e non più solo di autore, Arc System Works si sta dedicando sempre più anche all’attività editoriale, promuovendo sul piano internazionale proprio il Made in Japan. Tra le ultime uscite pubblicate dalla casa di Yokohama l’atteso adattamento di un famoso anime, Hunter x Hunter, che per la prima volta diventa un fighting game di stampo tag-team battle, curato per Pc e console da Bushiroad ed Eighting, con il titolo Hunter x Hunter: Nen x Impact. Mostrato in anteprima ad appuntamenti di grido come Jump Festa, che riunisce a Tokyo gli appassionati di anime e manga, ed Evo Japan, un’istituzione per il panorama competitivo delle arti marziali da console, Hunter x Hunter: Nen x Impact si presenta ovviamente come un omaggio all’opera di culto di Yoshihiro Togashi, ma non di meno prova a tradurre accuratamente l’azione del fumetto in dinamiche di gioco in grado di funzionare correttamente all’interno del genere. Ne nasce un picchiaduro piuttosto classico, interessato a far bene i fondamentali, attorno cui costruire poi le particolari sinergie dei match 3v3, dove esprimere al meglio le diverse caratteristiche dei vari archetipi-personaggi, secondo un approccio stratificato. Un certo rigore che tira in ballo anche il rollback netcode e si sposa con un’impostazione 2.5D che favorisce la leggibilità degli incontri, nonostante non manchi comunque lo spettacolo a schermo, grazie all’enfasi sui colpi speciali più fantasiosi, come in un episodio per la tv. Lo stile è ricalcato sull’anime, a sua volta ispirato al fumetto, un bestseller che dal 1998 racconta le peripezie di Gon, un giovane avventuriero sulle tracce del padre e capace di manipolare l’aura, riassunte nel videogame lungo uno story mode che ne ripercorre, tramite tavole e battaglie, le tappe principali.
EDENS ZERO (Konami, per Pc, Ps5 e Xbox Series)
Manga, anime e videogame, basati come sono, sia pure in modo diverso, sull’interazione di immagini e parole, rappresentano tre ambiti chiave della cultura pop giapponese, che hanno contribuito a esportare nel mondo, anche attraverso i passaggi da un ambito all’altro. I manga diventano anime, gli anime vengono adattati in videogame, magari sviluppando intrecci inediti. Nel caso di Edens Zero di Hiro Mashima, conosciuto anche come autore dei manga shonen Fairy Tale e Rave - The Groove Adventure, trasposti poi in anime e in videogame, si concentrano nell’rpg di azione sviluppato da Konami più archi narrativi del fumetto, uscito tra il 2018 e il 2024 in 33 volumi. Inevitabile che qualcosa vada perduto, ma si aggiungono anche ulteriori espansioni dell’universo di Edens Zero grazie al materiale inedito realizzato da Mashima per il gioco. I fan ritroveranno nel videogame i loro beniamini, a cominciare da Shiki Granbell, il ragazzo cresciuto in un parco dei divertimenti abbandonato sul pianeta di Granbell, popolato ormai soltanto da robot. L’incontro con la misteriosa Rebecca Bluegarden, una streamer del futuro che viaggia in compagnia del gatto antropomorfo Happy, spinge Shiki a salpare verso l’ignoto, pronto a intraprendere mille avventure, a stringere amicizie, a combattere i mostri in agguato, ad arricchire l’album fotografico, in un grande mondo aperto e sconfinato, con l’obiettivo di cercare un’entità soprannaturale chiamata Mother. Man mano che si compiono con successo le missioni si ottengono ricompense e si può anche riuscire a guadagnare alla nostra causa personaggi che ci erano ostili, tutti pronti a raggiungere la corazzata Edens Zero, che funge da base per la squadra. Si può impersonare il protagonista Shiki o Rebeccca oppure scegliere come alter ego il mercenario cyborg Jinn o la spadaccina Homura Kogetsu o l’androide-strega Witch Regret o ancora l’androide-guaritrice Sister Ivy, per citarne solo alcuni, attingendo a un variegato, bizzarro cast, come nella migliore tradizione di Mashima. Ognuno padroneggia stili di combattimento specifici, ha punti deboli e punti forti, per cui è bene impratichirsi con tutti per schierare al momento opportuno il più adatto a quel duello. Divertimento nel divertimento è personalizzare al massimo gli avatar, per mezzo dei numerosissimi oggetti equipaggiabili - il totale supera i 700 - che si possono ricevere nel corso delle imprese. Shiki è ingenuo e bendisposto verso gli altri, Rebecca appare più ragionevole e giudiziosa. Insieme crescono e si completano, mentre il ragazzo impara a padroneggiare uno straordinario potere che gli consente di controllare la gravità, con cui sferrare i colpi definitivi.
THE DRIFTER (Powerhoof, per computer e Switch)
Ci si può lasciare tutto alle spalle, ma non è detto che il passato non torni a bussare, imponendo di regolare i conti rimasti in sospeso. Succede a Mick Carter, il protagonista del thriller The Drifter della software house australiana Powerhoof, fondata nel 2013 a Melbourne dal programmatore Dave Lloyd e dall’artista Barney Cumming. E molto Aussie è l’anima di The Drifter, dall’accento del doppiaggio all’ambientazione in una fittizia cittadina nello Stato del Victoria. Mick, da ex insegnante trasformato dal caso, o dalla necessità, in un vagabondo, si è ripromesso di non ripercorrere mai più la strada a ritroso verso la località dove peraltro abita la sua ex moglie. Un grave lutto e una richiesta della sorella lo spingono invece a rientrare a casa, scoprendosi desideroso, sia pur piuttosto inconsapevolmente, di ritrovare il calore familiare. Ricongiungersi non sarà comunque facile e gli ostacoli si palesano presto, quando gli capita di assistere a un delitto compiuto da strani personaggi che indossano un visore dai tre occhi luminosi. Scoprirsi legato e gettato nell’acqua, impossibilitato a respirare, è un attimo. Si può tentare di salvare Mick, ma è inutile: muore, eppure riesce a riprendere appena in tempo il bandolo della sua esistenza, costretto a capire cosa stia succedendo e a schivare le minacce incombenti. Costruito come una classica avventura punta e clicca, The Drifter mantiene suspence e ritmo. Mick alterna momenti di sarcasmo e di disperazione, a fronte di tutto ciò che gli succede. La musica ricorda le atmosfere dei film del terrore degli anni Settanta - Ottanta, memore degli insegnamenti di un maestro del genere come John Carpenter. Gli enigmi sono per la maggior parte intuitivi, i dialoghi ben congegnati. C’è molta fantascienza, ma anche tanta universale umanità in questa storia di passi falsi, cadute e resurrezioni. La grafica in pixel art, dallo stile artistico particolarmente efficace nel descrivere luoghi e situazioni, nonché lo stato emotivo dei personaggi, non deve ingannare, con il suo tocco da simpatico gioco d’antan. Si tratta di una storia che affronta temi profondi, come la perdita, il senso dei legami che si riescono a intrecciare con gli altri, il valore e il significato di ogni vita che può sempre avere l’opportunità di rinascere.
HELL CLOCK (Mad Mushroom, per Pc)
Brasile, 1896. La Prima Repubblica è stata proclamata appena sette anni prima, con la deposizione dell’imperatore Pedro II, pochi mesi dopo l’abolizione della schiavitù. Nello Stato di Bahia, dove è sorta la comunità millenaristica di Canudos, fondata dal santone Antonio Conselheiro, si avvia a un tragico epilogo la ribellione contro il governo centrale, una giovanissima autorità che non può tollerare una rivolta di quelli che ritiene siano nostalgici della monarchia. Gli abitanti dell’insediamento, assediati e piegati dalla quarta spedizione militare, vengono massacrati, il paese bruciato. Una pagina intrisa di sangue, già ricostruita nei libri Canudos: Diario di una spedizione (1897) e Brasile ignoto (1902) di Euclides da Cunha, in Un mistico brasiliano di Cunninghame Graham, poi narrata sotto forma di romanzo dall’ungherese Sandor Marai nel 1970, dal Premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa nel 1981 (tradotto in italiano per i tipi Einaudi con La guerra della fine del mondo), nonché evocata nel film Il dio nero e il diavolo biondo (1964) di Glauber Rocha, ambientato proprio nelle aride e poverissime lande del sertao del Nord-Est. Adesso quei fatti drammatici tornano, trasfigurati attraverso la lente di un cupo dark fantasy, nel nuovo titolo della software house indipendente Rogue Snail, con sede a Brasilia, che ha voluto creare un gioco molto brasiliano, fin dalla scelta del soggetto storico, con in più l’aspetto del doppiaggio integralmente in brasiliano portoghese (oltreché in inglese). Hell Clock, un action rpg con elementi roguelike, si ispira all’ormai conclusa guerra di Canudos, che ha lasciato sul terreno - si calcola - migliaia e migliaia di morti, tra quei diseredati che avevano visto in Conselheiro un profeta capace di riscattarli da una vita di stenti. Il protagonista Pajeu, un soldato impegnato nella difesa di Canudos, si risveglia in un purgatorio spaventoso con il compito di scendere nelle profondità infernali per liberare dagli incubi le vittime della repressione e riscattare l'anima del predicatore, indimenticato suo mentore, e magari correggere le storture dell’ingiustizia sociale e dell’oppressione. Disegnato come un comics, Hell Clock condivide con l’altro ambizioso progetto della casa, Relic Hunters Legend (uscito su Steam con la formula dell’accesso anticipato), le dinamiche di un gioco di ruolo dal ritmo che non lascia respiro (ma si può comunque optare per una modalità più rilassata e tranquilla), costellato di personaggi a tutto tondo e dalla trama abilmente intessuta. Diversissime le atmosfere: vivace e colorata quella di Relic Hunters Legend, inquietante e violenta quella di Hell Clock, specchio di una realtà altrettanto fosca, non pacificata. Di discesa in discesa nel dungeon pieno zeppo di nemici diabolici, si può provare a raddrizzare i torti, a sanare le ferite, a immaginare un altro finale possibile, imparando da ogni caduta l’arte della resilienza e della resistenza, tra i fantasmi di ieri e di oggi.
THE WANDERING VILLAGE (Stray Fawn Studio, per computer e console)
Simbiosi: l’unione tra organismi viventi con reciproco vantaggio nell’ambito di una relazione cosiddetta mutualistica. Parassitismo: condizione di vita di un organismo animale o vegetale che si nutre a spese di un altro organismo, a tutto vantaggio del parassita che così danneggia l’ospite, senza tendenzialmente arrivare a ucciderlo, perché ne otterrebbe a sua volta uno svantaggio, come recitano le definizioni del vocabolario. Oscillano tra quelle due situazioni le scelte fondamentali da compiere in The Wandering Village dello studio svizzero Stray Fawn, con sede a Zurigo, specializzato in simulazioni e survival dove gli ambienti naturali, la loro flora e la loro fauna giocano un ruolo essenziale. The Wandering Village è più specificatamente un city-builder, ma il luogo dove costruire la città è il dorso di una creatura vivente, l’Onbu, parola giapponese che sta per trasportare sulla schiena. Si sono rifugiati lì perché il terreno è invaso da piante misteriose che rilasciano spore tossiche. L’Onbu si sposta, alla ricerca di biomi meno ostili ed è per questo che gli uomini hanno deciso di trasferirsi su quel gigantesco animale. L’area su cui espandersi non è dunque illimitata e occorre comunque esplorarla per prendere decisioni il più possibile ponderate. In che rapporto ci si porrà con l’Onbu è poi un’ulteriore questione chiave, affrontando pure dilemmi morali. Cercheremo di succhiargli letteralmente il sangue con conseguenze potenzialmente catastrofiche, perché potrebbe ribellarsi scuotendo via da sé le strutture e i suoi abitanti? Con il rischio inoltre di perdere la fantastica arca viaggiante che ci ospita, che invece dovremmo mantenere in buona salute? Meglio forse optare non per il parassitismo, bensì per la simbiosi, ma anche in questo caso per sopravvivere occorrerà tener conto di molteplici fattori, perché gli interessi spesso non coincidono, le risorse non sono infinite ed è necessario trovare il più presto possibile un posto dove potersi fermare. La natura è rappresentata con un’attenzione amorevole e ammirevole, attraverso uno stile grafico che coniuga abilmente il disegno delle persone in 2D, le architetture in 2,5D e la creatura in 3D. Gli stessi sviluppatori hanno citato tra i loro riferimenti imprescindibili il film Nausicaa della Valle del Vento di Hayao Miyazaki, che condivide anche il contesto post-apocalittico dove guerra e disastri ecologici spingono il genere umano a trovare una nuova modalità di rispettosa convivenza, pena la sparizione di ogni forma di vita.
KILLING FLOOR 3 (Tripwire per Pc, Ps5 e Xbox Series)
Sono tutti alla ricerca della prossima grande hit co-op. Da quando Left 4 Dead, nell’ormai lontano 2008, ha riscritto le regole degli sparatutto online, aprendo la strada a un vero e proprio filone di stampo collaborativo, non sono mancati i successi, ma anche le cadute. Gli stessi Turtle Rock Studios dietro al fenomeno Left 4 Dead hanno dovuto fare i conti con un mercato che ha reso la vita dura persino ai loro successivi tentativi di rinverdire la formula, sia che si trattasse di esplorare terreni inediti attraverso Evolve, sia che si provasse a tornare alle origini con Back 4 Blood. Nel frattempo si è fatto largo un altro nome nel panorama: quello di Tripwire, salito alla ribalta grazie a Killing Floor 2, che si è assicurato un posto speciale nel cuore degli appassionati. Un progetto cresciuto insieme al team nell’arco ormai della bellezza di dieci anni, durante i quali, spinto anche dalla costante iniezione di contenuti, Killing Floor 2 ha addirittura guadagnato popolarità. Il sequel si è così lasciato attendere, con Tripwire che ha deciso di rompere gli indugi solo ora. Sarebbe forse sbagliato inquadrare Killing Floor 3 già come un gioco fatto e finito, pure in ragione dell’esperienza di Killing Floor 2 e di titoli simili inseriti in una prospettiva di lungo periodo, stagione dopo stagione, di aggiornamento in aggiornamento. Killing Floor 3 costituisce il necessario salto in là generazionale in grado di offrire a Tripware la base, anche a livello tecnologico, per gli sviluppi futuri del franchise. Da questo punto di vista il risultato appare subito spettacolare: Killing Floor 3 mette in mostra una carneficina splatter da primo della classe, sfruttando a fondo tutte le diavolerie dell’Unreal Engine 5 e del sistema proprietario di smembramento Meat per imbastire il suo film horror in presa diretta, pieno di effetti speciali e di mostruosità assortite che, sotto gli ordini di una regia virtuale, sbucano fuori da ogni angolo pronte per essere crivellate di colpi coordinandosi con gli amici. In realtà il taglio stavolta vira un po’ più verso certe atmosfere dark della fantascienza, in linea con lo scenario che inquadra l’azione, dove nel 2091 un’unità di combattenti d’élite difende l’umanità dagli eserciti di creature cibernetiche scaturiti dai laboratori di una megacorporazione. Armi e mod a profusione la fanno da padrone accanto a una spiccata vena survival.
BACK TO THE DAWN (Spiral Up, per Pc e Xbox Series)
Una città nella città, dove però si vive, o meglio di cerca di sopravvivere, rispettando le sue regole, che solo in parte coincidono con quelle adottate all’esterno. Back to the Dawn è un’avventura, che è anche un rpg e un gioco di dadi, sviluppato anche attraverso dialoghi spiritosi e intelligenti. Stare lì non è comunque facile, perché la prigione di Boulderton è un luogo ostile al benessere fisico e mentale dell’individuo. Il titolo di esordio del team polacco Metal Head Games, disegnato in pixel art 2D ad alta definizione, che aiuta a immergersi nei singoli ambienti della gigantesca struttura, facendo la conoscenza di un cast ben assortito di animali antropomorfi, ha una profondità nelle sue dinamiche e nei temi affrontati che si coglie a poco a poco, man mano che si tenta di raggiungere l’obiettivo finale, ossia la conquista della libertà. Si può scegliere di impersonare il protagonista Thomas o la sua spalla Bob, in ogni caso intraprendendo un’esperienza piena ed avvincente. Thomas è una volpe e le doti tradizionalmente associate all’animale dei boschi, astuzia e scaltrezza, potranno certo tornargli utili nel pasticcio in cui è precipitato. Oltretutto ha un tempo limitato per guadagnare l’uscita del carcere di massima sicurezza in cui è rinchiuso. Deve infatti avvenire prima dell’elezione del sindaco di cui Thomas, da bravo giornalista, aveva capito le pratiche corruttive, ma poliziotti sul libro paga della malavita avevano provveduto a incastrare il reporter, nascondendo polvere bianca nella sua auto, provocandone così l’arresto. Bob è invece un’agile pantera nera, che nella vita è un agente sotto copertura, costretto da una serie di circostanze a infiltrarsi di nuovo, nonostante si fosse ripromesso di non lasciarsi più invischiare in questo tipo di missioni. Indagare, mettersi sulle tracce della verità sono azioni comuni ai due personaggi, così come la necessità di sopravvivere tra quelle mura tanto inospitali, dove vigono leggi morali decisamente atipiche. Come fare? Innanzitutto da liberi come da carcerati sembra proprio che senza soldi non si possa fare niente, per cui bisognerà ingegnarsi su come procurarseli o lavorando in una delle occupazioni consentite nel penitenziario o mettendosi al servizio di una gang, affiliandosi. Se nella vita normale sia Thomas che Bob adottavano comportamenti improntati all’onestà, in cella potrebbero abdicare ai loro principi, in vista del traguardo che devono conseguire al più presto, senza indugi, scoprendosi magari all’occorrenza prepotenti con i deboli o alleati di criminali. C’è in ogni caso sempre un’alternativa, un libero arbitrio, in un diramarsi di vie, mentre il tempo scorre e si rischia di perdere di vista il quadro più vasto dove un singolo può ancora fare la differenza.
WARHAMMER 40,000: SPACE MARINE - MASTER CRAFTED EDITION (Sega, per Pc e Xbox Series)
Agosto sarà un mese ricco per i videogame, con uscite significative. Tra queste, il debutto di Gears of War su Playstation, una serie simbolo dell’universo Xbox che, per mezzo del remake Gears of War: Reloaded, si lancia alla conquista dell’altra metà del cielo. Considerato una pietra miliare, nonché tra le massime espressioni dei third-person shooter, che proprio Gears of War all’alba del terzo millennio contribuì a innovare influenzando enormemente una fortunata stagione del digital entertainment la cui coda giunge fino a oggi, insieme a Halo è stato probabilmente il blockbuster della piattaforma Microsoft invidiato più a lungo dal pubblico della console Sony, che ha trovato risposte in Killzone e in Resistance prima, Uncharted poi. Quando il vero Gears of War su Playstation era ancora una chimera, nacque anche il mito di Warhammer 40,000: Space Marine, affermatosi nel 2011, pur con tutte le differenze del caso (la licenza costituisce un fattore importante), quale una delle più riuscite riletture del filone, con il sequel Space Marine 2 - arrivato solo di recente e spinto all’estremo da Saber - che ne ha ribadito il ruolo da protagonista assoluto nel panorama. Sega e SneakyBox, subentrati all’editore (Thq) e allo sviluppatore (Relic) dell’originale, hanno collaborato per ripubblicare adesso il classico in una veste rimasterizzata che, per una sorta di ribaltamento, si presenta come un’esclusiva Microsoft. Warhammer 40,000: Space Marine - Master Crafted Edition è infatti disponibile per Xbox e Pc, ma al momento non per Playstation. Al di là di una pulitura generale nell’ottica della risoluzione 4K, i cambiamenti si concentrano dietro le quinte. Per rinfrescare il titolo non si è lavorato tanto sulla grafica, ma su aspetti quali l’interfaccia e lo schema dei comandi, aggiornati in linea con gli standard attuali, in modo da rendere l’esperienza old-school più accessibile subito a chiunque. Per il resto, si tratta dello stesso gioco di allora, in una raccolta omnicomprensiva che offre in un unico pacchetto anche i vari contenuti extra scaricabili distribuiti all’epoca. Il lato shooter delle esplosioni e dei proiettili si amalgama a quello melee dei combattimenti in mischia all’arma bianca, virando spesso e volentieri verso l’hack and slash. Mentre si scrolla di dosso le coperture tattiche tipiche dei Gears of War, forte di un’anima arcade Space Marine prende così in prestito altre venature action da God of War, senza perdere mai di vista i valori di una produzione appassionata che, in tempi bui, ha tenuto alto il vessillo di Warhammer 40,000, diventando un cult.
MY FRIENDLY NEIGHBORHOOD (DreadXP, per Pc, Playstation e Xbox)
Accostare parchi dei divertimenti e show di mascotte amate dai più piccoli con le gesta malvagie di giocattoli dagli istinti assassini è un topos ripetutamente esplorato al cinema, come nel b-movie Willy’s Wonderland (2021), e nei videogame, come nella serie Five Nights at Freddy’s. Per non parlare di famigerati clown e di bambole assassine. Con My Friendly Neighborhood, sviluppato dai fratelli John e Evan Szymanski, si viene catapultati invece sul set di uno studio televisivo dal quale veniva mandata in onda una trasmissione per famiglie, da tempo cancellata dai palinsesti. Un bel giorno, però, il segnale si riattiva come se ci si aspettasse la ripresa dello spettacolo e il burbero tuttofare Gordon viene lì spedito quasi come forma di punizione dal suo datore di lavoro essendo impossibilitato, con il suo caratteraccio, a interagire con i clienti. Guidato dal sockpuppet Ricky, il quale è alla ricerca di una sorta di mediazione con i pupazzi ribelli, il cinico operaio scoprirà una situazione inaspettata. Gli autori si sono sbizzarriti a disegnare amorevolmente un cast molto vario e colorito di fantocci che si sono incattiviti a causa di circostanze ben precise e in teoria vorrebbero solo diventare i migliori amici di Gordon, ma essendo impazziti le loro azioni risultano fuori controllo e dagli esiti, anche letali, non preventivati. Mentre Gordon procede, la faccenda si fa sempre più inquietante e incerta, con l’insieme di voci, suoni, rumori ad alimentare il clima di paura, in un survival horror dove conta comunque riportare a casa la pelle. Evidenti i richiami a famosi e longevi programmi tv, come Sesamo apriti, animato dalla simpatia dei Muppet del burattinaio Jim Henson. Il gameplay è invece un tributo ai giochi di sopravvivenza degli anni Ottanta, per come sono organizzati gli inventari, le munizioni (in quantità sempre troppo esigua), il recupero delle forze, i salvataggi. Le decisioni assunte di volta in volta conducono a uno dei molteplici finali, compreso quello in cui si sceglie di allearsi con i ciarlieri pupazzi, rivelatisi meno pregiudizialmente ostili di quanto i loro attacchi improvvisi lasciassero sospettare, tra enigmi da risolvere, humour sparso a piene mani e riflessioni profonde sui temi che riguardano i rapporti tra gli individui e il resto della società.
STRONGHOLD CRUSADER: DEFINITIVE EDITION (FireFly Studios, per Pc)
È dal 1999 che lo studio britannico FireFly si dedica allo sviluppo di strategici di ambientazione storica, affermandosi subito con Stronghold (2001), ambientato in Gran Bretagna verso l’anno 1066 della conquista normanna, presto seguito dagli spin-off Crusader (2002), Crusader Extreme (2008) e Kingdoms (2012), quindi da sequel e ulteriori spin-off, ad arricchire la blasonata serie più volte finalista ai Bafta. L’ultima uscita, Stronghold Crusader: Definitive Edition, è la versione rimasterizzata di Stronghold Crusader, a distanza di oltre vent’anni dall’originale, di cui mantiene le illustrazioni e la suggestiva colonna sonora composta da Robert L. Euvino, con in più alcuni contenuti aggiuntivi e la modalità co-op per il multiplayer. Siamo nell’epoca compresa tra la prima e la terza crociata, quest’ultima combattuta da Riccardo I d’Inghilterra Cuor di Leone contro il Saladino nel XII secolo. Centro degli avvenimenti è sempre il Medioriente, dove si scontrano cristiani, arabi e beduini. Si ripercorrono così storiche battaglie, a Nicea come ad Eraclea, cingendo d’assedio Gerusalemme ed Antiochia. Il numero dei signori contro i quali combattere, da sedici sono saliti a venti, con i nuovi ingressi della spietata Kahin, sacerdotessa di una setta del deserto, la cui sacralità deve, nelle sue intenzioni, rimanere inviolata; della Sentinella, un misterioso templare; del Nomade, ospitale e generoso, ma anche estremamente protettivo nei confronti delle distese di sabbia che costituiscono il suo spazio di libertà; di The Jewel, la nipote di Sir Longarm, sempre impaziente di mettersi alla prova. Tutti espressioni di diverse culture che si riverberano nell’approccio all’arte della guerra. Ci sono inoltre nuove unità che si ispirano alle tattiche delle tribù beduine, dotate di truppe a cammello armate di lance e di archi. L’attività militare sul campo è solo un fattore per la buona riuscita delle campagne, perché la nostra roccaforte (stronghold) deve essere sì difesa, ma anche gestita nella sua difficile quotidianità, pensando a come massimizzare la resa del raccolto, di organizzare razionalmente i trasporti, di immagazzinare le risorse, tenendo conto di come preservare il morale della popolazione, senza eccedere nelle tasse e al contempo trovando i mezzi per ottenere tutto ciò che occorre a livello di cibo e di materiali per manutenente e migliorare la qualità degli edifici.
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