HI TECH
MAFIA: TERRA MADRE (2K, per Pc, Ps5 e Xbox Series)
Con un titolo così, quando il primo Mafia uscì nel 2002 fece subito clamore. Si trattava però anche e soprattutto di un videogame rivoluzionario, una vera pietra miliare del digital entertainment, capace di unire la ricchezza di una simulazione accurata alla ricerca di un’inedita autenticità storica, dentro una cornice dalla forte impronta filmica, per una produzione da Oscar che lanciò la carriera di Daniel Vávra (oggi alle redini dell’intrigo medioevale di Kingdom Come: Deliverance), accendendo i riflettori sulla Repubblica Ceca e più in generale sugli sviluppatori dell’Europa dell’Est. Dopo i due capitoli classici collocati negli Usa tra gli anni ‘30 e ‘50, ispirati ai gangster movie di Francis Ford Coppola, Brian De Palma e Martin Scorsese, l’editore 2K ha continuato la serie affidandola a Hangar 13, un team assemblato ad hoc gettando un ponte dalla California a quelli che erano i vecchi Illusion Softworks di Brno. Al debutto nel 2016 con Mafia III, legato a doppio filo agli anni ‘60 della New Hollywood e dell’America delle battaglie per i diritti civili, il gruppo si è occupato poi dello spettacolare remake del primo Mafia, affiancato dalla versione rimasterizzata di Mafia II in una sorta di ideale cofanetto-trilogia, cui si aggiunge adesso il prequel Mafia: The Old Country, da noi Mafia: Terra Madre. Un ritorno alle origini che spinge sull’impatto del suo intenso racconto cinematografico, per un’esperienza story driven di maniera orchestrata comunque in una forma magistrale attraverso la quale si viene trasportati nella Sicilia di inizio Novecento, agli albori della saga criminale indagandone ulteriormente le dinamiche dalle molteplici sfaccettature, come gli stretti rapporti col potere. Mafia: Terra Madre costituisce anche l’espressione di quanto sia cresciuto il medium nel corso degli anni, guadagnando una sempre maggiore sensibilità nell’affrontare con attenzione e maturità i più svariati temi. Non si mette in scena la banalizzazione del male, ma si prova a scavare a fondo dei problemi che hanno permesso determinate tragedie, in un affresco digitale che rilegge in una chiave attuale la figura dell’antieroe e il mito romantico del fuorilegge, indagandone la complessità e il contesto, senza perdere di vista il peso della scia di conseguenze che si portano dietro scelte sbagliate. Forse ancora più che il giovane protagonista Enzo, il ruolo principale di Terra Madre spetta proprio alla Sicilia, avvicinata con rispetto e rielaborata con assoluta fedeltà iconografica, i paesi, il mare, la fede, la gente, in un magnifico quadro interattivo che offre un diverso respiro in confronto al tradizionale dedalo metropolitano degli altri Mafia, con in cima la presenza incombente dell’Etna a scandire il ritmo dell’avventura. Gli autori del videogame si sono dedicati a lungo allo studio dei luoghi e delle vicende del periodo, visitando la Sicilia e collaborando in loco con gli sviluppatori di Stormind, che hanno sede ad Acireale, per catturare la bellezza della regione, rievocandoli ma andando oltre i paesaggi da cartolina. In un certo senso, Mafia: Terra Madre sembra seguire un po’ le orme di Assassin’s Creed nell’immortalare così dettagliatamente una precisa ambientazione storica. In realtà è allo stesso tempo un elemento fondante della serie, che si rinnova all’insegna delle più recenti tecnologie in grado di elevare in questo modo il valore dell’intero revival. 2K non lascia mai nulla al caso e anche il nuovo titolo risulta pieno di particolari che testimoniano l’approccio minuzioso al progetto da parte di Hangar 13, non ultimo il doppiaggio in siciliano. Il team, dal canto suo, enfatizzando in The Old Country in primis la matrice cinematografica dei Mafia, si è concentrato sull’imbastire memorabili sequenze d’azione destinate a lasciare la Sicilia del videogame impressa nella mente e nel digital entertainment.
EVERSPACE 2 - WRATH OF THE ANCIENTS (Rockfish, per Pc, Mac, Ps5 e Xbox Series)
Nella serie di sparatutto spaziali Everspace dello studio tedesco Rockfish rivive la grande tradizione delle care, vecchie space sim, un’eredità che va da Elite a Wing Commander, dai classici della Lucasarts a Freespace, evolutasi con Everspace 2 in uno spettacolare looter shooter, quasi un Borderlands ambientato tra le stelle, per viaggiare di nuovo col computer verso l’infinito e oltre a caccia di bottino in mezzo ad adrenalinici dog fight. L’espansione Wrath of the Ancient, secondo e ultimo contenuto aggiuntivo dopo il dlc Titans, trasporta ancora una volta nel Settore 34, un’area dello spazio profondo vasta e inospitale, dove gli uomini, i Coloniali, hanno cercato rifugio con il miraggio di recuperare risorse loro indispensabili, trovando però l’opposizione degli Okkar, razza aliena rettiliana nativa del posto. La guerra tra i due popoli ha portato a definire, al termine di una fragile tregua, una zona demilitarizzata dove i pochi superstiti provano a sopravvivere, tra immani distruzioni. Adesso a preoccupare è il ritorno dei misteriosissimi Antichi, venerati dagli Okkar come divinità. Il risveglio degli Antichi scatena una furia distruttiva senza pari sugli umani, i quali tentano di capirne il motivo chiedendo lumi ai nemici Okkar, nell’addentrarsi in una trama dalle atmosfere inquietanti, come in un thriller che non lascia scampo, con lo sguardo affacciato su scenari sconfinati. Nei panni del clone di Adam Roslin, già protagonista di Everspace e di Everspace 2, si esplorano sistemi solari di una superba bellezza sempre sorprendente, tra le insidie di mille pericoli, si combattono fuorilegge di ogni risma e altri nemici, si forgiano alleanze, si padroneggiano armi sempre più potenti anche dalla tecnologia aliena, si attrezza sempre meglio la nostra astronave con il bottino ottenuto dopo ogni duello, si pilota un caccia spaziale spettrale prodotto dagli Okkar e dalle proprietà peculiari: per brevi periodi può trasformarsi in un fantasma e consente uno stile di volo molto aggressivo. Quello di Everspace è un commiato spalancato sull’infinito, dove si sperimenta una libertà senza limiti, senza temere di varcare le frontiere di un ignoto carico di pericoli e di aspettative, nella suggestione dell’incontro con altre civiltà, nell’appagamento di aumentare la conoscenza di ciò che è stato e che ha contribuito a plasmare il presente, sperimentando il nostro sentirsi piccoli eppure capaci di fare la differenza, di assolvere i nostri compiti, di terminare con esito positivo le nostre missioni, di soddisfare un’insaziabile curiosità, senza stancarsi di migliorare, imparare, capire, per salvare i relitti di un’umanità che non può e non vuole scomparire nel buio evocato da forze oscure, schierati comunque dalla parte del bene.
ARTIS IMPACT (Feuxon, per PC)
Un’eroina solitaria, che viaggia armata di una katana e in compagnia di Bot, un cubo nero provvisto di intelligenza artificiale ed è proprio un’ia il nemico numero uno che Akane deve combattere, agli ordini di un’organizzazione impegnata a difendere ciò che resta delle comunità in un mondo post-apocalittico. Artis Impact, opera di un unico sviluppatore indipendente malese, Mas, colpisce subito per il linguaggio visivo vario e ricercato, sempre espressivo, che alterna pixel art con diversi gradi di definizione, sequenze da cartoon, l’animazione di tavole da fumetto in bianco e nero, la tavolozza di un manga, per raccontare le avventure di una donna enigmatica, giorno dopo giorno, che seguiamo nella quotidianità e nell’eccezionalità delle sue azioni. Mas ha esplicitamente citato come sue principali fonti di ispirazione Terranigma e Harvest Moon dell’era Super Snes, rispettivamente un rpg sull’evoluzione della vita sulla Terra e un simulatore di attività agresti con l’obiettivo di unire gli orizzonti sconfinati della realtà immersiva del primo con il placido scorrere del tempo nel secondo, lontano da meccaniche complesse e ritmi concitati. Ci si affeziona allo strampalato duo, che interagisce di continuo, capaci di cogliere il lato umoristico di tante situazioni in una storia che si rivela commovente e coinvolgente. Ci sono aspetti inafferrabili di Akane, ma che è anche però una persona comune nelle attività di normale amministrazione che compie. Artis Impact consente un alto grado di interazione con gli oggetti o il contesto e a volte solo per il gusto di farlo, non necessariamente per raggiungere un particolare risultato. Ad Akane tocca lavorare anche in un piccolo supermercato e effettuare i turni di notte in un ristorante, ottenendo la remunerazione che le occorre per effettuare acquisti o ricevere qualcosa di utile per progredire nella scoperta degli effettivi piani delle intelligenze artificiali, in apparenza malevole, che deve sventare. È anche lo straniante sovrapporsi di intenti e disvelamenti a contribuire al fascino di Artis Impact, amichevole e criptico, così consueto e così surreale, nel giostrarsi tra i destini del singolo e dell’intera umanità.
ORCS MUST DIE! DEATHTRAP (Robot Entertainment, per Pc, PS5 e Xbox Series)
Rinnovare, ma fedeli alla tradizione: Orcs Must Die! Deathtrap, approdato ora anche su Ps5 in concomitanza con l’aggiornamento State of Slay, che aggiunge una mappa, due trappole e rifà il look agli eroi Wren e Harlow, è infatti il quarto sequel della serie Orcs Must Die! sviluppata da Robot Entertaiment e lanciata nel 2011, inserendo in ogni nuovo gioco qualche variazione nel genere condiviso dei tower defense. A cinque anni dal precedente Orcs Must Die! 3 (2020), con Orcs Must Die! Deathtrap il cambiamento è diventato più profondo, grazie all’introduzione di elementi roguelite mentre il multiplayer co-op (oltre alla modalità per giocatore singolo) si è esteso per la prima volta fino a quattro amici, scegliendo di impersonare uno dei sette eroi, tra cui un orso e una gatta antropomorfi. Sono i maghi-guerrieri, ciascuno con un proprio stile di gioco e abilità, che l’Ordine ha formato per sorvegliare la breccia tra il mondo dei vivi e l’oltretomba, dalla quale possono riversarsi ondate di orchi e altre spaventose creature, da combattere senza pietà. I maghi-guerrieri hanno avuto la vita devastata dalle imprese di questi esseri brutali: sono stati infatti raccolti dall’Ordine tra gli orfani di genitori uccisi dagli orchi. Mostri che puntano sulla loro soverchiante forza numerica, pur essendo sostanzialmente stupidi, il che dà luogo alle gag e alle battute che costellano Deathtrap. L’umorismo è uno degli aspetti di continuità con il passato della serie, della quale risuonano pure le note rock della colonna sonora, tra riff di chitarra e rullio di tamburi. Il destino degli orchi si compie in ogni caso nel rispetto delle leggi della fisica, con esiti spesso esilaranti, unendo la furia dei combattimenti allo strategico utilizzo di ingegnose trappole. Al termine di una missione si può optare se far tesoro dell’esperienza maturata recandosi nella Fortezza dell’Ordine per rendere effettivi i miglioramenti ottenuti oppure scommettere puntando su una missione ancora più impegnativa. Sono molteplici le decisioni affidate al giocatore, in un rincorrersi di partite che non sono mai uguali a sé stesse, all’insegna di una notevole rigiocabilità.
MIDNIGHT MURDER CLUB (Sony, per Pc e Ps5)
Abbracciare sempre più la sfera online è da tempo una delle aspirazioni di Sony, che su Playstation offre già storicamente il fior fiore del miglior cinema da console. Una strategia che passa per ingenti investimenti sul fronte dei cosiddetti gaas e l’ingresso in famiglia di team esperti come Bungie, dietro il fenomeno Destiny. Obiettivo: conquistare anche il cuore di quell’economia digitale che ruota attorno al multiplayer. Un’impresa nient’affatto semplice che finora ha mietuto vittime eccellenti, dal live service di The Last of Us al kolossal Concord, mentre Helldivers 2 è riuscito a imporsi quasi a sorpresa e proseguono i lavori su Marathon, l’extraction shooter della stessa Bungie. Midnight Murder Club non cambierà le sorti del panorama, ma si inserisce nel discorso, con Sony a caccia di titoli che non si esauriscano nell’arco di una narrazione, ma spingano gli utenti a restare connessi, aumentando esponenzialmente il contatore di ore del Playstation Network. L’equivalente delle maratone fast food di Netflix. È anche con questo genere di servizi che oggi si misurano i videogame e viceversa. Midnight Murder Club è una piccola produzione dall’impronta alternativa firmata dai Velan Studios dei fratelli Karthik e Guha Bala, che hanno alle spalle un’importante carriera nel digital entertainment. Prima dell’attuale team, avevano cofondato giovanissimi Vicarious Visions, azienda poi entrata nel gruppo Activision Blizzard. Velan ha avuto invece modo di collaborare sia con Nintendo, per Mario Kart Live: Home Circuit, sia con Electronic Arts, all’epoca di Knockout City. Tutti progetti dagli spunti originali, come d’altronde Midnight Murder Club, che ha trovato il supporto editoriale di un’altra major, Sony. Un po’ first-person shooter, un po’ party game, il gioco mette in scena una sorta di nascondino tra le stanze piene di trappole di una casa stregata, per un massimo di sei partecipante a match. In realtà basta che uno soltanto possegga il titolo nella propria libreria, gli altri cinque possono essere invitati a unirsi scaricando un pass gratuito. Il divertimento viene prima di qualsiasi indole competitiva. A seconda delle modalità, possono cambiare con effetti imprevedibili le regole del gioco, pescando le carte da un mazzo, e ora che Midnight Murder Club è uscito dall’accesso anticipato sono state aggiunte anche le sfide co-op PvE. Al centro delle dinamiche un modello rischio-ricompensa: nel buio, armati di torcia e rivoltella, bisogna camminare sulla linea sottile tra vedere o farsi individuare, ascoltando attentamente ogni minimo rumore grazie alla chat di prossimità.
LET THEM TRADE (ByteRockers’ Games, per Pc)
Come un gioco da tavolo interamente realizzato in legno, compresa la vegetazione, le persone e gli animali: si presenta così, con un aspetto particolarmente gradevole, il city builder Let Them Trade dello studio indie tedesco Spaceflower, che all’affascinante impatto visivo unisce dinamiche altrettanto attraenti, nel ripensare questa categoria di giochi puntando su ritmi tranquilli, da calibrare sulle proprie esigenze, senza peraltro perdere il bandolo della faccenda: arrivare a costruire un monumentale castello dal quale dipendono le varie città fondate sul territorio. Si parte da queste ultime, cominciando a distribuire sul terreno della mappa esagonale le case degli abitanti (dalle tipologie architettoniche sbloccabili progressivamente) e gli insediamenti produttivi. Il commercio è alla base delle interazioni tra un centro e l’altro, nonché della prosperità di ciascun villaggio. Si comprano merci e si vendono prodotti, cercando di ottimizzare certi equilibri, con la possibilità di apportare piuttosto agevolmente le opportune modifiche nel caso di innescarsi di tendenze negative, in un gioco che non vuole comunque essere punitivo. Tra le risorse disponibili in una città e i bisogni di un’altra si formano catene produttive per la distribuzione dei beni che si rivelano fondamentali per il buon funzionamento del sistema, in un Medioevo d’invenzione popolato anche di cavalieri e di briganti. Se questi ultimi si alleano per assaltare i mercanti, i cavalieri a loro volta si ergono a paladini dei centri urbani e delle rotte commerciali, magari con il non nascosto obiettivo di intascare la taglia che pende sul capo dei banditi. Tutti i personaggi assolvono dunque a una funzione, in un mondo pieno di vita, dove al giocatore spetta intervenire su fattori quali le tasse da imporre affinché le comunità possano continuare a prosperare fruendo anche di servizi collettivi. Stabilito il disegno delle strutture posizionate strategicamente, la gestione procede poi con una certa autonomia, evitando al giocatore noiosi atti ripetitivi. L’umorismo con cui vengono rappresentate le reazioni del re e dei sudditi a fronte delle decisioni del sovrano è un ulteriore tocco nella direzione dell’approccio amichevole e rilassato di Let Them Trade, le cui modalità si padroneggiano oltretutto in maniera molto intuitiva.
RITUAL OF RAVEN (Team17, per Pc e Switch)
Un simulatore di fattoria che è anche un racconto pieno di magia, popolato di personaggi che hanno molto da rivelare. E queste non sono le uniche caratteristiche che rendono Ritual of Raven diverso dall’affollata galleria dei farming simulator, genere che ha i suoi campioni assoluti nei vari Stardew Valley, Rune Factory, Harvest Moon, accomunati dalle cromie vivacemente luminose con cui colorare i graziosi appezzamenti di terreno, tanto curati da far sembrare gli orti un giardino. In Ritual of Raven della casa tedesca Spellgarden più che semplici verdure si coltivano erbe, fiori e piante, per compiere i rituali necessari a riportare un po’ d’ordine dopo che una sequenza di errori ha provocato il caos, aprendo portali dai quali sono precipitate ignare creature provenienti da altri mondi. Succede anche al nostro avatar che si ritrova in un villaggio sconosciuto dove incontra la strega Sage, alla ricerca del suo famiglio, perso durante il pandemonio scatenatosi dai varchi tra le diverse dimensioni. La missione sarà dunque trovare il famiglio perduto e riaffiora i portali ai custodi dopo averli sigillati tramite rituali da allestire con appositi ingredienti vegetali. Alcuni li possiamo far crescere direttamente, altri non possiamo toccarli, pena lo svanire delle loro preziose proprietà. Qui vengono in soccorso i cosiddetti congegni arcani, sorta di robot ai quali dobbiamo impartire le istruzioni affinché agiscano in sintonia con i nostri piani. Le azioni sono stabilite per mezzo di carte, sparse nei dintorni o acquistabili con gemme. Quasi senza accorgercene, una volta appreso come comandare i congegni arcani per innaffiare, dissodare, raccogliere, automatizzando la loro attività, avremo messo in pratica i principi base della programmazione. In Ritual of Raven c’è infatti molta più profondità di quanto le apparenze spensierate potrebbero lasciar supporre. Gli stessi rapporti tra i personaggi, come i tanti Npc con cui fraternizzare, esplorano temi importanti, quali l’amicizia, la disposizione benevola verso il prossimo, il valore del dono. Anche il nostro alter ego, assunto come apprendista da Sage, ha sempre qualcuno su cui contare, il famiglio Raven. Insieme vanno alla scoperta di incantevoli paesaggi in pixel art e di curiosi oggetti da collezionare, in un titolo che consente un’ampia rigiocabilità.
KIMONO CATS (RedDeerGames, per Pc e Switch)
Ritrovarsi a celebrare una festa tipica giapponese, il matsuri, in compagnia della dolce metà immergendosi al contempo nelle tradizioni del Paese del Sol Levante. È quanto capita alla coppia di gattini protagonisti di Kimono Cats, debitamente abbigliati nel costume nazionale nipponico e pieni di curiosità e di voglia di divertirsi. Il videogame dispiega a piene mani il concetto di kawai, grazioso, applicandolo ai personaggi, agli edifici, alle attrazioni di questo festival che è anche un tripudio di vivaci colori. La realizzazione si deve a una piccola casa indipendente, HumaNature Studios, fondata alle Hawaii da Greg Johson, con un’esperienza ultraquarantennale nel settore videoludico (tra i primi successi: l’action ToeJam & Earl e il gdr Starflight, cui si sono in seguito aggiunti Kung Fu Panda World e Doki-Doki Universe) e il desiderio di proporre esperienze arricchenti e rilassanti, da affrontare con tranquillità, sviluppando sentimenti positivi. Kimono Cats sta perfettamente dentro queste coordinate. L’idea dei micini che si danno appuntamento durante un matsuri è oltretutto nata nei mesi difficili dell’isolamento della pandemia, quando Johson, felice proprietario di due simpatici gatti, ha unito il suo amore per i felini alla passione per il Giappone, di cui parla la lingua, maturando la volontà di creare un gioco scaccia pensieri nel quale riverberare relazioni sane e costruttive, provando a portare un sorriso in giornate dominate dall’ansia. Uscito originariamente per Apple Arcade come dono dolce e romantico offerto alla moglie Sirena, che costruisce modelli di case in miniatura non dissimili da quelle che compongono il villaggio del videogame, Kimono Cats è approdato adesso su Pc e Nintendo Switch, in attesa di raggiungere anche altre console. Alla realizzazione hanno contribuito il collaboratore di lungo corso Ferry Halim, esperto programmatore di giochi per il mobile che ha tradotto in mini-game i concetti esposti da Greg, e le artiste thailandesi Ferrari Duanghathai e Tanta Vorawatanakul, sotto la supervisione di Mamiko Suehiro per assicurarsi che ogni dettaglio del mondo disegnato a mano di Kimono Cats rispettasse la cultura nipponica. Da soli o in co-op con un amico, ecco che ci si può aggirare liberamente lungo la strada del festival. Qui, il lancio di freccette provoca lo scoppio di bolle che riservano sorprese uniche, sotto forma di monete o di oggetti o di drastici cambiamenti per le condizioni all’intorno. Se ci si stanca del passatempo, ci si può trastullare con i mini-game, dalla pesca con una reticella ai bersagli da colpire con lo shuriken. In ogni caso le monete guadagnate servono per acquistare arredi o architetture per abbellire il nostro villaggio, in quello che diventa un omaggio alla riscoperta del calore di un abbraccio, della forza dell’amicizia, dei valori della creatività e della fantasia quali antidoti universali.
YIELD! FALL OF ROME (Daedalic Entertainment, per Pc e macOs)
Mancano poco più di 70 anni dalla data, il 476, che ne decreterà la definitiva caduta, ma per l’impero romano già nel 401 la sorte appariva ormai segnata, nonostante i tentativi di arginare il clima di crescente incertezza, stringendo alleanze, ritirandosi dalle terre più lontane, continuando a combattere. Giunge da Oslo, sede dello studio Billionworlds, il videogame Yield! Fall of Rome che rimanda proprio alla temperie di quel periodo cruciale, permettendo di guidare verso la vittoria otto fazioni in lotta per espandersi a scapito del gigante malato, tra cui i Franchi, gli Unni, i Persiani, i Britannici, le tribù berbere e quelle arabe. L’accuratezza cronologica non è rigidamente rispettata, ma fornisce le coordinate - tra tarda antichità e alto medioevo - allo sfondo di uno strategico a turni 4X (ossia che si basano sulle azioni di esplorare, espandere, sfruttare, sterminare, in inglese eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate) che riscrive le regole in chiave semplificata rispetto a un genere di per sé molto esigente in termini di ore e ore richieste per completare ciascuna campagna. Yield! Fall of Rome invece parte da mappe contenute come dimensioni e dunque più agevoli da maneggiare, dove impostare la scalata contro l’impero romano, stabilendo una strategia che non può svilupparsi soltanto attraverso le campagne militari, ma richiede di tener conto delle condizioni economiche dell’insediamento, per riuscire a mantenere l’esercito e a migliorare tecnologicamente il suo equipaggiamento. Non è detto che i Romani debbano necessariamente essere sconfitti: si può lavorare diplomaticamente per scendere con loro a patti, inglobandoli nella nostra corsa verso un potere sempre maggiore, magari facendo tesoro delle loro consuetudini oppure imponendo loro l’adozione delle tradizioni dei popoli cosiddetti barbari. L’obiettivo rimane la calata sull’Urbe, in un'impresa da affrontare da soli o in multiplayer. L’atteggiamento non punitivo nei confronti del giocatore non equivale dunque a poca profondità, quanto piuttosto a uno snellimento per procedere dritti alla meta. Da notare le mappe esagonali, le cui caselle vengono progressivamente occupate da quelle che sembrano sorprendenti miniature dipinte.
ACHILLES: SURVIVOR (Dark Point, per Pc, Playstation e Xbox)
Al pari di altre industrie, il digital entertainment nel corso degli anni ha assistito al cambiamento di certe coordinate, con l’emergere di nuovi protagonisti, in particolare nell’ultimo periodo la Polonia, patria di realtà oggi molto importanti, come Cd Projekt, la compagnia campione di incassi di The Witcher e di Cyberpunk 2077, fino al Bloober Team, i maestri degli horror che, dopo i fasti di Layers of Fear, Observer e The Medium, sono riusciti addirittura a resuscitare la saga cult di Silent Hill, un’istituzione del Made in Japan, per tornare prossimamente a calcare territori inediti e più personali con l’imminente Cronos: The New Dawn. Arriva dalla Polonia anche Dark Point, studio indie che nasce a Toruń, città ricca di storia sulle rive del fiume Vistola. Sin dai primi progetti, Dark Point sta dimostrando un approccio piuttosto strutturato alle sfide del digital entertainment. Il suo videogame di debutto, Achilles: Legends Untold, un action rpg che mischia Diablo e Dark Souls nel segno dell’epica classica, è già diventato un franchise. Al titolo del 2023 si affianca infatti adesso lo spin-off Achilles: Survivor, che rappresenta una delle più riuscite rielaborazioni del fenomeno incarnato da Vampire Survivors, un genere ribattezzato online spesso bullet heaven o appunto semplicemente survivor, in cui bisogna resistere a ondate soverchianti di nemici, muovendo in ogni direzione l’eroe di turno (ce ne sono diversi da sbloccare, ciascuno con le proprie caratteristiche) che poi si occupa di assestare in automatico, continuamente, varie tipologie di colpi, via via più potenti con l’avanzare dei livelli. Sembra banale, ma ovviamente non lo è e si può trasformare in uno di quei passatempi dove una partita tira l’altra, mentre quasi senza accorgersene scorrono le ore. Achilles: Survivor si ispira chiaramente alle meccaniche di successo del capostipite, senza però trasformarsi in un mero clone, andando piuttosto a offrire una sua personale reinterpretazione tutt’altro che improvvisata del filone. Per esempio, alla componente roguelike viene aggiunto l’elemento strategico delle strutture, da sbloccare progressivamente e pronte a dare una mano sulla mappa un po’ in stile tower defense. Ciliegina sulla torta l’ambientazione, che mantiene il fascino eterno dei miti greci, mettendo in campo mostri e personaggi dei poemi omerici, ma non solo, sull’efficace modello degli eroi da fumetto del precedente Achilles: Legends Untold.
CHAINED ECHOES: ASHES OF ELRANT (Deck 13 Spotlight, per computer e console)
Uscito nel 2022 e diventato subito un cult, il gioco di ruolo in stile 16 bit Chained Echoes si è arricchito con il suo primo dlc, Chained Echoes: Ashes of Elrant, collocato nella trama del titolo principale appena prima della battaglia finale. Chained Echoes è un unicum per la qualità raggiunta in ogni suo aspetto, dal racconto alla grafica, alla colonna sonora, quest’ultima composta dal musicista Eddie Marianukroh. Per il resto Chained Echoes è opera di un unico sviluppatore, il tedesco Matthias Linda, frutto di una passione totalizzante per i jrpg e gli rpg giocati da piccolo, all’epoca dell’era Snes e della prima Playstation, quando trascorreva le giornate in compagnia di serie come Final Fantasy, Suikoden, Chrono Trigger e Xenogears, decidendo da grande di infondere energie per creare un titolo tutto suo. Un sogno, cominciato come un hobby nel 2015 e giunto in porto con tanti sacrifici personali, inizialmente concentrandosi nei week-end, poi dopo l’avvio positivo di una campagna su Kickstarter dedicandovisi a tempo pieno. Il coinvolgimento dell’editore Deck13 Spotlight ha fatto il resto, per aiutare Chained Echoes ad arrivare finalmente al pubblico, ottenendo presto prestigiosi riconoscimenti, tra cui il premio come miglior gioco della Germania. La risposta è stata dunque tale da consentire a Linda di fondare una sua software house, Umami Tiger, che ora ha varato il primo contenuto aggiuntivo ufficiale, dove si ritrova il gruppo un po’ improbabile di eroi riuniti nelle Ali Cremisi e chiamati a salvare il mondo fantasy di Chained Echoes. È una nuova richiesta di soccorso a muovere il team, diretto nella cittadina che alcuni scienziati hanno segnalato quale roccaforte degli ultimi fedelissimi di Frederik, alla guida di Taryn, uno dei tre regni insieme a Escanya e Gravos in perenne guerra tra di loro, nel vasto continente di Valandis. Proprio la rottura di una fragile pace era all’origine degli eventi di Chained Echoes. Nel dlc l’appello si rivela essere una trappola e le Ali Cremisi vengono spedite in un’altra dimensione spazio-temporale, dove sorge l’antico insediamento di Elrant, occasione per approfondire il passato di alcune vecchie conoscenze, ma anche di incontrare un nuovo alleato e di affrontare nemici sempre più combattivi, spingendosi a esplorare inediti territori e conferendo quindi ancora più profondità allo scontro decisivo.
DROP DUCHY - THE TRIBE (The Arcade Crew, per Pc)
A due mesi dal lancio superata felicemente la boa dei 100.000 giocatori, per Drop Duchy, il raffinato videogame del francese Sleep Mill Studio che unisce meccaniche di un deckbuilder, strategia in tempo reale, rompicapo e aspetti da roguelite in un titolo dalla grafica piacevolmente disegnata, come se fossero le illustrazioni dipinte a mano di un libro di fiabe, è arrivato il tempo del primo dlc, The Tribe, cui si è aggiunto anche un aggiornamento gratuito con il quale sono state introdotte nel gameplay nuove funzioni, attraverso le Costellazioni, capaci di influenzare la tipologia del terreno o la forma dei blocchi che, sull’esempio di Tetris, si materializzano sul campo, determinando tessera dopo tessera lo sviluppo del proprio personalissimo Ducato. Per gli amanti dei combattimenti è disponibile inoltre una modalità infinita come opzione alla fine dell’atto quarto, dove affrontare sempre più nemici, affinando strategie e ottimizzando il proprio mazzo di carte. The Tribe dispiega invece una nuova fazione, la quarta dopo i contadini, gli abitanti della città e i crociati, in questa sorta di medioevo d’invenzione. Con The Tribe l’attenzione si sposta piuttosto verso l’incanto della natura, la monumentalità delle foreste e l’esplorazione del paesaggio punteggiato dai tumuli di pietre (cairgh) e dalle suggestive architetture megalitiche, dando il benvenuto ai Druidi e al loro misticismo. Sul loro esempio, si possono anche compiere riti sacrificali e imparare a leggere le stelle, sfruttando superstizioni e arcani saperi per avere la meglio sugli avversari. A livello strategico notevoli opportunità sono fornite dal sistema dei terreni, vista l’importanza delle foreste e il debutto della tecnologia Bosco rigoglioso, che consente di ottenere numerose risorse. Gli appassionati delle civiltà celtiche potranno ora cominciare ad affrontare le sfide di Drop Duchy partendo ex novo dalla fazione dedicata all’antica e potente casta sacerdotale.
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