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FINAL FANTASY TACTICS – THE IVALICE CHRONICLES (Square Enix, per Pc e console)
Il ritorno di un grande classico, Final Fantasy Tactics, ancora amatissimo a ventotto anni da quando vide la luce in Giappone nel 1997 su Playstation, per approdare l’anno successivo negli Usa, inaugurando un nuovo ciclo all’interno di Final Fantasy e introducendo per la prima volta il mondo di Ivalice. Facile immaginare fosse un evento molto atteso e, per condurlo in porto, Square Enix ha deciso di coinvolgere in Final Fantasy Tactics - The Ivalice Chronicles anche parte di coloro che avevano lavorato all’originale, come il regista Kazutoyo Maehiro (allora nel ruolo di event planner), l’art director Hiroshi Minagawa e lo sceneggiatore Yasumi Matsuno.
Ad affiancare Kazutoyo, il condirettore Ayako Yokoyama, che aveva collaborato anche in Ogre Battle con Matsuno, la mente creativa di quest’altra storica saga di rpg. Per quanto riguarda Final Fantasy Tactics i fan avevano già potuto rinfrescare la memoria nel 2007, con la versione rivista e aggiornata per Psp, intitolata The War of Lions, successivamente adattata per il mobile. Tutta materia di cui hanno tenuto conto gli sviluppatori di Ivalice Chronicles, che si sono trovati di fronte - situazione purtroppo diffusa - all’impossibilità di utilizzare i dati e il codice sorgente del 1997 semplicemente perché non esistono più. All’epoca era in voga infatti, per effettuare correzioni o aggiungere elementi, sovrascrivere sui file precedenti, senza curarsi degli aspetti di archiviazione e di conservazione, sui quali è maturata solo di recente una generale consapevolezza pure in campo videoludico.
La questione risulta ancor più di non poco conto nel caso di The Ivalice Chronicles, stante la decisione di Square Enix di permettere al giocatore non solo di immergersi nel remake, ma di accedere, volendo, anche al cult di partenza, che ha dovuto così risorgere pressoché dal nulla, restituendo con una sostanziale fedeltà l’esperienza di un capolavoro capace di raccontare in pixel art una storia dal forte pathos. Su questa base sono stati sottoposti a revisione nel rifacimento gli aspetti sia visuali che narrativi, a favore di un approccio adatto anche ai neofiti. Pur essendo dunque The Ivalice Chronicles un gdr tattico, genere di solito impegnativo, lo sforzo è andato nella direzione di modulare più efficacemente i livelli di difficoltà, di introdurre i salvataggi automatici, di migliorare l’interfaccia, di aggiungere suggerimenti, raccolti in Stratagems for Battle, di ottenere un riepilogo di quanto avvenuto entrando, tra una battaglia e l’altra, nella sezione State of the Realm, sulla scorta di Final Fantasy XVI, di cui Maehiro è stato autore principale e direttore creativo.
L’epopea ha due protagonisti, Ramza e Delita, amici per la pelle nonostante la differente provenienza sociale. Ramza è il terzogenito dei Beoulve, una delle casate più in vista di Ivalice, Delita è un popolano cresciuto però a corte. Sullo sfondo c’è la lotta per il potere combattuta dai duchi Goltanna, il leone nero, e Larg, il leone bianco, per impadronirsi, esercitandone la reggenza, del trono del leone a due teste, ossia il già tranquillo e prospero regno di Ivalice, reduce dalla disastrosa Guerra dei Cinquant’anni. La morte repentina del sovrano e l’incoronazione del suo erede, un bambino di appena due anni, ha provocato il vuoto che ambizioni, avidità e orgoglio vogliono ora riempire. In The Ivalice Chronicles splendono con le loro luci e le loro ombre i temi universali dell’amore, della morte, della speranza, della disperazione, dell’integrità morale, del tradimento, dell’amicizia, del coraggio, della paura verso l’ignoto, intrecciati in una trama avvincente. È qui che si concentrano le novità dell’edizione remastered, dove i personaggi doppiati in giapponese e in inglese acquisiscono un parlato che nel gioco originale era stato drasticamente tagliato per esigenze tecniche.
Adesso la versione classica in giapponese ricalca quella del 1997, in inglese riprende invece il copione di The War of Lions. L’edizione Enhanced mette nelle condizioni di approfondire le personalità dell’affollato cast, in primis di Alma, la sorella di Ramza, e della principessa Ovelia. Personalizzare e far crescere i personaggi è indispensabile, per ottenere la squadra più adatta agli scontri, combinando strategicamente gli oltre venti mestieri in cui possono specializzarsi, ciascuno provvisto di abilità uniche. Anche le strane creature che si incontrano, come i Chocobo, possono essere addomesticate e addestrate per venire in aiuto contro i nemici. La popolazione deve comunque confrontarsi anche con le quotidiane necessità, che si affrontano negli incarichi commissionati dagli abitanti, prendendosi una pausa dalle incombenze cruciali che muovono i passi dell’assortita compagnia. Insomma, Ivalice brilla più viva che mai, nei destini di piccoli, grandi eroi chiamati a dimostrare il loro valore in tempi duri.
DISPATCH (AdHoc Studio, per Pc e Ps5)
C’è poco da dire, se non giocatelo tutti. Dispatch è la grande sorpresa dell’anno che segna anche il ritorno in forma smagliante di Telltale. O almeno degli ex che, chiuso un capitolo, ne aprono un altro capace di fondare su quelle fondamenta un futuro ancora più radioso. E se il buongiorno si vede dal mattino… Appare incredibile come un progetto del genere, in grado di far impallidire persino le grosse produzioni, sia sbucato così, quasi all’improvviso, dalle ceneri, praticamente autoprodotto e autopubblicato per riportare le avventure narrative ai massimi livelli. Ma si tratta in effetti dell’estrema evoluzione della formula canonizzata da Telltale con cult come The Walking Dead, The Wolf Among Us o Tales from the Borderlands. Anche l’idea di serialità è la stessa. Il videogame verrà rilasciato come una stagione tv, aggiungendo di settimana in settimana nuovi episodi, in totale otto, fino alla conclusione dell’arco il 12 novembre. Le prime due puntate sono già disponibili e mercoledì 29 ottobre se ne sbloccheranno altre due, della durata di circa un’ora ciascuna. Il gioco che si acquista le comprende comunque tutte, ma si può optare per l’edizione digitale deluxe che aggiunge interessanti extra: oltre all’artbook, quattro albi che raccontano ulteriori storie dei personaggi nel linguaggio dei fumetti. D’altronde proprio i comics sono un filo conduttore di Dispatch, che propone una satira adulta e senza filtri dell’universo dei supereroi americani in cui confluisce una lunga tradizione all’insegna della decostruzione dei miti, esplicitata oggi da atmosfere che nel videogame di AdHoc Studio richiamano tanto The Boys, quanto Invincible. Per venire incontro alla diverse sensibilità, Dispatch offre alcuni filtri che permettono di censurare il tono di certe scene e il linguaggio più esplicito, che rappresenta del resto una cifra del titolo di AdHoc Studio, un’opera d’autore che catapulta in una commedia supereroica che riflette sul mondo del lavoro e sulle logiche aziendali, ponendo il digital entertainment sullo stesso piano del cinema. Non a caso Dispatch è stato acclamato nella sezione multimediale del newyorkese Tribeca Film Festival. Sembra in effetti di giocare una serie tv curatissima in ogni dettaglio: dialoghi, musiche, regia. Si toccano vette altissime e non c’è una sbavatura. Essenzialmente il giocatore influisce sullo svolgimento delle vicende scegliendo i dialoghi e come agire in determinate situazioni, senza che si spezzi mai il ritmo della narrazione, in una fusion tra la scorrevolezza delle scene e le diramazioni davvero riuscita. Ma si può decidere anche il grado di interattività quando entra in campo l’azione, attivando o no i quick time event, con invece le dinamiche più squisitamente videoludiche rivolte alla gestione manageriale di una squadra scalcagnata di supereroi affidata alle capacità del protagonista, eroe in disarmo in cerca di riscatto.

PERSONA 3 RELOAD (Sega, per Pc, Playstation, Xbox e Switch 2)
Avevamo lasciato la serie Persona di Atlus con l’arrivo lo scorso giugno dello spin-off Persona 5: The Phantom X, concepito come un live service per Pc e mobile, a quasi tre anni dall’uscita di Persona 5 Royal, la versione definitiva dell’ultimo titolo principale approdata su tutte le piattaforme, compresa Switch, compatibile con Switch 2, la nuova console di Nintendo. Il primo gioco dell’amatissimo fenomeno crossmediale a essere stato ottimizzato appositamente per Switch 2 è però Persona 3 Reload, già disponibile dal 2024 per Pc e per le console Sony e Microsoft. Aver scelto per il debutto sulla console portatile per eccellenza proprio Persona 3 Reload è significativo. Si tratta infatti del remake di un autentico cult che da subito, quando Persona 3 era apparso nel 2006, aveva segnato una svolta, introducendo un sistema ibrido con la compresenza di elementi di gioco di ruolo e di simulazione, oltre ad aggiungere la meccanica dei social link a legare l’evoluzione dei personaggi alle loro relazioni interpersonali. Con Persona 3 le atmosfere del videogame, incentrato, di episodio in episodio, sulle vicende di un gruppo di studenti adolescenti che di giorno trascorrono la loro vita come i coetanei e di notte combattono il male, erano diventate più cupe, cifra riaffermata in Persona 4 (2008) e in Persona 5 (2016), con lo scavare maggiormente in tematiche esistenziali. Ambientato nella fittizia località di Tatsumi Port Island (in realtà esiste un’isola artificiale di fronte a Kobe che si chiama Port Island, che potrebbe aver fornito l’ispirazione), costruita dalla Kirijo Corporation e teatro di esperimenti segreti che hanno aperto la falla dell’Ora Buia, spalancando un varco misterioso, Persona 3 ha per protagonista il canonico personaggio silenzioso che arriva in una località alla quale è ormai estraneo. Il suo è infatti un ritorno, dopo dieci anni e la morte dei genitori, ma non conosce più nessuno e deve così ambientarsi in classe e nel dormitorio dove abita. Presto capisce di essere capitato in un posto strano, dove al calar delle tenebre scocca una inconcepibile venticinquesima ora, con la città che si trasforma, gli esseri umani finiscono dentro a delle bare, i mostri dilagano e i nostri eroi li affrontano nel Tartaro, la gigantesca torre che si materializza nell’Ora Buia e che racchiude i dungeon. Tra i pochi in grado di percepire questo mondo alternativo ci sono i membri della squadra Sees (che sta per Specialized Extracurricular Execution Squad), dove viene arruolato lo stesso protagonista, alla ricerca della causa dell’anomalia, mentre si eliminano i demoni agguerriti e spaventosi nella sequenza di piani labirintici. Oppressi dal peso di esperienze difficili, immersi nel vuoto paralizzante del lutto per la perdita dei propri cari, si rivela fondamentale per il gruppo di ragazzi guardare nell’abisso per poi consentire alla speranza di lenire le ferite, così da riprendere a coltivare sogni e progetti. Come sempre nella serie, anche Persona 3 Reload è intriso di riferimenti alle teorie psicologiche, in particolare al concetto di Persona desunto dal pensiero di Jung, ossia la maschera indossata pubblicamente da ciascuno ritenendo in questo modo di essere meglio accettati dalla società. I meandri della psiche dove sono contenuti i desideri repressi e i tratti più malevoli del sé sono invece rappresentati dalle Ombre, da sconfiggere nelle battaglie a turni che vanno impostate tatticamente, con la possibilità di fondere più Personae per lanciare attacchi portentosi. Se il titolo originale, con la sua profondità narrativa, resiste senza sbavature a vent’anni dalla sua uscita, l’evoluzione subita dalla serie, fino al capolavoro di Persona 5, non è trascorsa invano. Il remake, pur rimarcando la fedeltà a Persona 3 del 2006, ne tiene conto, splendendo per una miriade di miglioramenti, anche piccoli, sotto il profilo non solo grafico, ma anche delle dinamiche di gioco, oltre all’intensità della colonna sonora e alla qualità del doppiaggio in inglese e in giapponese: contribuiscono a rendere ancora più coinvolgente immergersi nella quotidianità e nell’eccezionalità di Port Island, tra momenti di leggerezza e il pathos di drammi interiori, seguendo quegli adolescenti nel loro cammino per crescere e diventare adulti, accettando ciò che il destino ha avuto in serbo per loro.

LEGGENDE POKÉMON: Z-A (Nintendo, per Switch e Switch 2)
Si avvicinano le trenta candeline per il fenomeno planetario dei Pokémon e, in attesa di festeggiare nel 2026 il compleanno degli amatissimi mostricciattoli, Nintendo ha lanciato un nuovo gioco della serie Leggende Pokémon, pensato per esaltare le caratteristiche della console Nintendo Switch 2, con la quale può anche essere acquistato in bundle, come contenuto scaricabile. Leggende Pokémon: Z-A comprende una versione per il vecchio Switch, dove del resto la serie aveva debuttato nel 2022 con Leggende Pokémon: Arceus, e quella potenziata per Switch 2, dove si raggiungono una risoluzione e una qualità grafica più elevate. Sviluppato, come la gran parte dei videogame dei Pokémon, da Game Freak, lo studio di Chiyoda cofondato da Satoshi Tajiri, il papà dei Pokémon, e dall’artista Ken Sugimori, Leggende Pokémon: Z-A si muove, come il precedente titolo della serie Leggende Pokémon, lungo il doppio binario di concedersi libertà inedite e di recuperare aspetti che in videogame del passato erano stati accennati senza essere pienamente elaborati o comunque ritenuti meritevoli di venire approfonditi. È il caso dell’ambientazione urbana di Luminopoli, la città più popolosa della regione di Kalos già vista in Pokémon X e Y (di cui Leggende Pokémon: Z-A può essere considerato un sequel), ma adesso in pieno cambiamento perché è in corso un piano di rinascita che ne ridefinirà il futuro, nelle mani della grande azienda Q-asar Inc. La dirompente novità di Leggende Pokémon: Z-A sono invece i combattimenti in tempo reale e non più a turni, con il corollario di ulteriori fattori di cui tener conto come l’area sulla quale ha effetto un attacco o la durata, variabile, che ci vuole per eseguire una mossa o per sostituire un Pokémon calibrando il momento più opportuno. Decisioni da prendere rapidamente, fondendo azione e tattica in un flusso continuo. Scelto inizialmente un Pokémon quale compagno di avventure, ci si dedica a scovarne altri allo stato selvatico per poi catturarli e addomesticarli. Come rendere Luminopoli un modello di pacifica convivenza tra le persone e i Pokémon è uno dei leit-motiv del gioco, che mostra pure le problematiche che possono insorgere, stante le innegabili diversità di abitudini, messe in luce in particolare dalle missioni secondarie. Di giorno Luminopoli si rivela tutta da esplorare e da vivere, per scambiare quattro chiacchiere, fare un salto al bar, mangiare al ristorante, passeggiare nel verde dei parchi, assistere a uno show, rendendo il mondo dei Pokémon quanto mai smagliante, forte della capacità di accogliere in sé una ricca eredità, intrecciando storie ed eccentrici personaggi, come l’enigmatico AZ, proprietario del vecchio albergo Z che funge da base per il protagonista. Con il nostro amico Pokémon riusciamo a superare ostacoli e guadagnare prospettive altrimenti impossibili da ottenere, salendo in alto su un tetto, improvvisando sequenze da parkour o addirittura realizzando ponti al bisogno. Man mano nella mappa aumentano le zone selvagge, progettate dalla Q-asar Inc., per concentrarvi i Pokémon, nel tentativo di migliorare così la coesistenza con gli umani, nonostante questa soluzione non sia condivisa da tutti. Queste zone coincidono con il terreno di caccia preferito dagli allenatori per snidare le creature da portare dalla nostra parte, eventualmente sfruttandone la facoltà di megaevolversi, per acquisire un diverso aspetto, più potenza e a volte una classe differente per una gestione strategicamente più efficace dei duelli. Anche Luminopoli si trasforma e di notte pullula di arene, dove vanno in scena le lotte che contrappongono fra di loro gli allenatori di Pokémon affiancati dai rispettivi mostricciattoli. Il torneo più ambito e remunerativo è Royale Z-A, che mette in palio per il vincitore, tra l’altro, la possibilità di esaudire un desiderio, mentre si scala la classifica dalla Z alla A. Si può competere in multiplayer fino a quattro giocatori, in locale o online, unendosi nel Club Lotta Z-A. Al solito, gli autori si sono sbizzarriti a disegnare Pokémon dalla spiccata personalità, pacifici o aggressivi, alcuni talmente minacciosi da consigliare di nascondersi per colpirli a sorpresa. Non si è soli a volere il bene di Luminopoli, sulle cui sorti veglia il Team MZ, con il quale il nostro avatar, da subito estremamente personalizzabile, collabora, alleandosi con questa squadra di giovanissimi che deve vedersela anche con le fosche mire di un’organizzazione rivale.

PROMISE MASCOT AGENCY (Kaizen Game Works, per Pc, Ps5, Xbox Series e Switch)
Uno yakuza che non si è comportato come richiesto dalle regole della sua organizzazione criminale, tanto da girare tenendo accanto a sé il simulacro gigante (e senziente) di un dito mozzato chiamato Pinky, quasi a ricordare plasticamente il rituale di espiazione dello yubitsume e dunque la sua colpa. Mentre, sulla spinta dell’adozione di leggi antimafia, infuria la guerra tra le principali cosche che dominano il Giappone, accade così che il temibile luogotenente Michizane Sugawara, detto Michi, finisce esiliato nella remota località di Kaso-Machi con l’incarico di gestire e rendere remunerativa una singolare agenzia di collocamento per mascotte così da saldare con gli ipotetici introiti il debito con il boss. A bordo del suo arrugginito e malmesso kei truck (ma ci saranno le opportunità per dotarlo di accessori e potenziarlo), armato della fedele scopa (di mestiere è un addetto alle pulizie), Michi si ritrova alloggiato in un love hotel in compagnia della volonterosa segretaria Pinky, che come un po’ tutti dalle parti dello strambo villaggio sembra premurosa e gentile, salvo rivelare di sfuggita lati della personalità non proprio adorabili. Gli sviluppatori di Kaizen Game Works, reduci del successo di Paradise Killer, hanno coniato per Promise Mascot Agency il genere di dramma criminale gestionale di mascotte open world. Sulle tracce di Michi ci sono infatti agguerriti nemici. Se la software house è inglese (di Broadstairs, nel Kent), il gioco è invece intrinsecamente e profondamente giapponese, realizzato con il contributo di Ikumi Nakamura (l'artista di The Evil Within e del sequel, direttrice creativa di Ghostwire: Tokyo, oltre ad aver fornito illustrazioni per Okami e Bayonetta) e della concept artist Mai Mattori, che si sono occupate del disegno delle mascotte, dello stile del protagonista, dei bozzetti relativi agli Npc, i personaggi non giocanti che intervengono ad aiutare quando le mascotte hanno problemi. Nakamura è stata inoltre provvida di suggerimenti e di consigli, alcuni maturati durante i sopralluoghi nel Kyushu, la regione teatro di Promise Mascot Agency. Tanti gli omaggi alla nippofilia dello studio Kaizen, coltivata viaggiando ripetutamente in Giappone, guardando i film di Takashi Miike e di Takeshi Kitano, leggendo manga come Sanctuary, Akumetsu e soprattutto One Piece, giocando a Deadly Premonition, No More Heroes, Persona 4 (che si svolge, guardacaso, in un villaggio rurale). i vecchi Yakuza. La serie creata da Toshihiro Nagoshi guadagna un tributo nel tributo, grazie all’attore Takaya Kuroda, inconfondibile voce dell’eroico protagonista di Yakuza, Kazuma Kiryu, ma capace ora di calarsi nei panni anche del prode e scombinato Michi, accanto alla loquace Pinky interpretata da Ayano Shibuya (Purah in The Legend of Zelda). Nel doppiaggio di Promise Mascot Agency, esclusivamente in giapponese, si ritagliano un cammeo Shuhei Yoshida, già per quasi trent’anni figura chiave di Sony Playstation, e Swery, alla regia di Spy Fiction, Deadly Premonition, D4. La fase di ricerca di Kaizen ha riguardato pure le fonti per l’estetica del videogame, consultando le réclame pubblicate sui giornali o trasmesse in tv nel periodo Showa, con un focus speciale sui mitici anni Ottanta, rievocati negli effetti e nelle cromie dei vecchi monitor delle tv a tubo catodico. L’idea iniziale era semplicemente sviluppare un manageriale interagendo con le mascotte, ossia i pupazzi associati a una ditta a fini pubblicitari. Il videogame è diventato però una graffiante satira del marketing più aggressivo, dove le mascotte rivendicano un ruolo attivo, senza limitarsi a prestare le loro sembianze per vendere un prodotto. Vogliono essere pagate adeguatamente e ricevere qualche soddisfazione. Inoltre sono tra di loro molto competitive. Tutti grattacapi in carico a Michi, che deve reclutare le mascotte, contrattualizzarle contemplando turni di riposo e sperare che non si verifichino troppi intoppi. Un sistema leggero di deck-building viene in soccorso per il tramite delle Hero Cards, che si ottengono completando missioni, esplorando i dintorni o attraverso eventi: si possono combinare strategicamente per supportare una mascotte o sbaragliare i nemici. Questi ultimi sono sia esteriori, legati al passato malavitoso di Michi e al sottobosco di Kaso-Machi, dove il neo arrivato è considerato un intruso, sia interiori, per il rimorso e, al contempo, la nostalgia per l’uomo che Michi è stato, crudele, ma potente e riverito. Il tema poi di salvare un’azienda prossima alla bancarotta si è riverberato sull’ambientazione scelta, nella campagna segnata dalla piaga dello spopolamento, costellata di piccole comunità che rischiano di essere cancellate.

ONCE UPON A KATAMARI (Bandai Namco, per Pc, Ps5, Xbox Series e Switch)
C’era una volta un katamari, recita il titolo in inglese del nuovo action-puzzle della serie di Bandai Namco, che è poi anche l’incipit delle fiabe, con le quali il videogame sviluppato da Rengame ha in comune una testa coronata che, senza volerlo, provoca un guaio serio, un eroe che prende sulle sue spalle il compito di emendare l’errore con l’aiuto di una spalla fondamentale e, auspicabilmente, il lieto fine suggellato dalla frase: E vissero tutti felici e contenti. Sempre a patto che il prode katamari riesca nell’impresa. Superato brillantemente il traguardo del ventennale, festeggiato nel 2024, avendo la creatura di Keita Takahashi debuttato in Katamari Damacy nel 2004, ecco che con Once Upon a Katamari si trascendono le barriere dello spazio e del tempo, attraversando le epoche, dalla preistoria in avanti, nel tentativo di ripristinare la Terra e le stelle cancellati da un’improvvida azione del Re del Cosmo. Sta al Principe (o in alternativa a uno dei suoi sessantotto cugini e parenti) guidare verso l’obiettivo finale il suo katamari, ossia una sfera che rotolando attrae ogni cosa cementandola sulla sua superficie, ingrandendosi sempre più per travolgere e inglobare pure gli ostacoli più mastodontici. Sono trascorsi ben quattordici anni dalla precedente uscita principale per console - Touch My Katamari - di quello che è diventato un classico molto amato. Con i dati salvati di Katamari Damacy Reroll o di We Love Katamari Reroll + Royal Reverie si può sbloccare il personaggio giocabile del Giovane Principe, una volta lanciato Once Upon a Katamari. Dall’era glaciale al selvaggio West, dai dinosauri del Giurassico alle piramidi nel deserto degli Egizi, dai filosofi dell’antica Grecia al Giappone feudale: la coloratissima e vivacissima avventura di Once Upon a Katamari si dispiega in scenari fiabeschi, bizzarri e stravaganti in ogni dettaglio, dove la palla travolge tutto per cercare di recuperare l’ordine perduto, da soli o con gli amici nello sport galattico del KatamariBall, dove cimentarsi in sfide multiplayer competitive online oppure offline contro avversari guidati dal computer. Inediti anche alcuni strumenti, come i razzi per rendere più veloce il nostro katamari o il magnete per attrarre un maggior numero di oggetti o l’orologio per congelare l’attimo o il radar per localizzare i congiunti sparsi sulla mappa o le tre corone necessarie per sbloccare livelli segreti. La formula dei Katamari è tanto semplice quanto rilassante, trascinante, scacciapensieri e coinvolgente, al ritmo di una musica che rimane impressa, in questo caso adattata all’epoca nella quale si viaggia a ritroso, con in più una selezione di brani dai titoli precedenti della serie a imprimere un tocco di sana nostalgia. In base ai risultati ottenuti, si può personalizzare al massimo il nostro alter ego. Se tanti particolari strizzano l’occhio ai veterani, i neofiti hanno a disposizione una modalità principianti per cominciare a divertirsi con un cult pieno di umorismo, espressione di un nonsense che nelle diverse ambientazioni trova espedienti a tema, ovviamente senza tradire l’anima solare ed eccentrica di Katamari.

KIZUNA ENCOUNTER: SUPER TAG BATTLE (Snk, per Pc)
Siamo nel pieno revival di Snk che, metaforicamente parlando, all’epoca delle sale giochi se le dava di santa ragione insieme a Capcom per il dominio squisitamente giapponese dei coin-op. Una rivalità all’insegna comunque del rispetto reciproco - sfociata persino in celebri crossover, gli Snk vs. Capcom e Capcom vs. Snk - tra le due scuole delle arti marziali arcade più rappresentative degli anni ‘90, con i piedi ancora ben piantati nel rigore della grafica 2D e fondate dallo stesso maestro, Takashi Nishiyama. Dopo aver firmato il primo Street Fighter di Capcom del 1987, contribuì alla nascita, accompagnandole poi a lungo, delle maggiori saghe di Snk, a cominciare da Fatal Fury (1991) e da The King of Fighters (1994), successi in grado di portare nei picchiaduro anche l’idea di un universo narrativo interconnesso tra le varie serie, di capitolo in capitolo, che resiste a tutt’oggi. Del resto fu un periodo di grandi innovazioni in cui si inserisce pure Kizuna Encounter: Super Tag Battle, il titolo di Snk che si disputa con X-Men vs. Street Fighter di Capcom, entrambi pubblicati nel 1996, il primato di aver introdotto nei fighting game moderni la formula dei match a squadre, i cosiddetti tag team. In Kizuna l’alternanza tra i lottatori richiama espressamente l’ispirazione che viene dal wrestling, con la necessità di posizionarsi in modo tale da scambiarsi il cinque, l’high five. Non basta quindi premere un tasto, ma bisogna trovarsi allineati al momento giusto, una dinamica andata perduta nel panorama seguente e qui invece elemento strategico caratteristico. Kizuna Encounter: Super Tag Battle è stato scelto adesso come seconda uscita della Neo Geo Premium Selection, una collana vintage inaugurata in settembre con Real Bout Fatal Fury 2: The Newcomers, altro supercult – risalente al 1998 – rimesso a nuovo per Pc. Si tratta di restauri digitali meticolosi realizzati con l’aiuto degli specialisti in emulazione di Code Mystics che puntano a restituire i classici con fedeltà assoluta, senza stravolgimenti, ma curando ogni aspetto, soprattutto nell’ottica della miglior fruizione, mantenendo intatto ed espandendo lo spirito competitivo che definiva già gli originali. Oltre al piacere di poter rimirare nella libreria di Steam un’opera degna di un piccolo museo virtuale (pare che in Europa ai tempi arrivò letteralmente appena una manciata di copie per la nicchia del Neo Geo), le principali aggiunte riguardano così modalità più strutturate per gli allenamenti in locale e il multiplayer online a bassa latenza dotato di rollback netcode, in linea con l’odierna scena degli esports dove Snk continua a costituire una forza trainante, protagonista di un suo World Championship che dal 31 ottobre al 2 novembre, ad Atlanta, distribuirà un montepremi superiore a quattro milioni di dollari tra i tornei di Fatal Fury: City of the Wolves, The King of Fighters XV, Samurai Shodown e Art of Fighting 3. Sul fascino di Kizuna Encounter: Super Tag Battle incide l’iconico immaginario futuristico, al centro di una trama che pone i combattimenti, dal ferreo dna in perfetto stile Snk, in un orizzonte più ampio cui lavorò trent’anni fa anche un giovane Hidetaka Suehiro, alias Swery65, l’autore di culto dell’horror Deadly Premonition alla prima esperienza nei videogame proprio con questo picchiaduro.

STAR WARS OUTLAWS (Ubisoft, per Pc, Ps5, Xbox Series e Switch 2)
Più grandi sono, più i videogame oggi compiono quasi un percorso inverso. L’avvenuta pubblicazione di un titolo dopo anni di fatiche costituisce appena l’inizio di altri impegni, destinati a non esaurirsi tanto in fretta. Complice lo stretto legame con la distribuzione digitale dei contenuti, non esiste più l’idea del gioco fatto e finito, ma si è inserita la discriminante del supporto a lungo termine, che può decretare la vera fortuna di una produzione in un contesto dove i kolossal appaiono sempre più enormi e complicati da gestire. Ne sa qualcosa Ubisoft, diventata specialista degli open world da centinaia e centinaia di sviluppatori: una formula che dagli Assassin's Creed ai Far Cry si è ormai estesa all’intero spettro dei blockbuster della major, tra i quali spiccano anche gli affascinanti viaggi interattivi negli universi cinematografici di Avatar: Frontiers of Pandora e di Star Wars Outlaws, entrambi affidati alle cura dello studio svedese Massive Entertainment, già responsabile della serie Tom Clancy's The Division. Sull’esempio di Assassin’s Creed Shadows che, aggiunta da poco l’espansione Gli artigli di Awaji, si appresta a riceve un importante aggiornamento pronto a rivoluzionarne il parkour, o ancora il mini episodio a sorpresa Valley of Memory per Assassin's Creed Mirage atteso in novembre a due anni dal lancio, in questi mesi sono proseguiti i lavori anche su Avatar: Frontiers of Pandora e su Star Wars Outlaws. Il grosso delle novità per Avatar: Frontiers of Pandora arriverà in dicembre, con l’uscita di Dalle Ceneri, un dlc ispirato al film Avatar: Fuoco e Cenere preceduto dall’introduzione della visuale in terza persona, da scegliere alternativamente all’impostazione originale in soggettiva. Similarmente, Massive Entertainment ha avuto occasione di ritoccare a fondo l’azione di Star Wars Outlaws, che ha festeggiato il suo primo anniversario sbarcando su Switch 2 attraverso un adattamento a misura di handheld subito acclamato. D’altronde sotto il profilo tecnico, ovunque la si guardi, Star Wars Outlaws resta una produzione sbalorditiva in grado di dimostrare i traguardi raggiunti dal digital entertainment. Le iconiche ambientazioni di Guerre stellari e i suoi caratteristici personaggi sono stati ricostruiti in modo spettacolare, dentro un immenso mondo aperto senza soluzione di continuità che si sposa a meraviglia con la ricercatezza estetica della ricetta open world di Ubisoft rielaborata minuziosamente da Massive, capace di offrire una ricchezza di dettagli e sfumature per ogni angolo della galassia che ci si trova a esplorare, insieme a quei panorami mozzafiato in cui perdersi per ore impreziositi dalla dinamicità del ciclo giorno-notte e dall’infuriare degli elementi che da soli, per molti, valgono il biglietto. Mentre su Xbox Series si è fatta largo la compatibilità con il gioco in streaming per chi ama usare vari dispositivi senza necessità così di scaricare il titolo sfruttando il cloud di Microsoft, il principale cambiamento operato da Massive riguarda l’eliminazione dell’obbligo di affrontare certe missioni unicamente in maniera furtiva, pena dover ricominciare daccapo la sezione. Adesso si può optare in ogni momento per l’approccio che si preferisce, anche armi in pugno: un assoluto game changer che fa guadagnare ritmo all’avventura di Kay Vess, una tipica canaglia dal cuore d’oro, sorta di versione al femminile di Han Solo affiancata dal fedele Nix, una creaturina carinissima degna di un film d’animazione, come un po’ tutti i comprimari, alcuni creati apposta per il gioco, altri volti noti agli appassionati Tra questi ultimi, oltre all’opportunità di incontrare Jabba the Hutt, ci sono le reunion al centro delle due espansioni tematiche Wild Card e Pirate’s Fortune che si focalizzano rispettivamente sulle figure di Lando Calrissian e di Hondo Ohnaka, strizzando l’occhio a diverse generazioni di fan.

NEYYAH (MicroProse, per Pc)
È stato lo stesso autore, il britannico Aaron Gwynaire, alias Defy Reality Entertainment, lo studio cofondato in Australia con Nanci Nott, a definire Neyyah un lavoro frutto di anni di passione, nonché il suo sentito omaggio ai giochi che più lo avevano influenzato, oltre a configurarsi come il tentativo di creare qualcosa di nuovo e profondamente personale. Nel cast, che ha prestato la voce e recitato nelle sequenze live-action girate a Mandurah, compaiono anche la ex moglie e i figli di lei. In particolare, pur essendo Gwynaire la mente creativa di un videogame realizzato quasi interamente da solo, ha contribuito alla realizzazione Zaedyn Turner, quattordici anni (ma ne aveva dieci quando ha cominciato a collaborare a Neyyah), occupandosi del doppiaggio, dei modelli 3D e componendo 55 tracce della colonna sonora (le altre ventinove sono firmate dallo stesso Gwynaire). Neyyah, che per l’atmosfera misteriosa richiama subito punta e clicca in prima persona come Myst (1993), il sequel Riven (1997), Dragon Lore II (1996), Atlantis: The Lost Tales (1997), dell’indimenticabile stagione d’oro delle avventure, mette di fronte a un unico grande obiettivo da raggiungere, ma consente la massima libertà di azione, senza indicare una via privilegiata da percorrere, senza essere articolato in livelli successivi. Sfruttando la leva del gusto per l’esplorazione dell’ambiente circostante, si avanza di rompicapo in rompicapo per cercare di comporre le tessere di un puzzle all’inizio indecifrabile e spiazzante. Risvegliatosi da uno strano sogno, il protagonista si ritrova in quel di Olujay dove incontra l’altrettanto bizzarro scienziato Vamir, che lo spinge a recarsi urgentemente nell’arcipelago di Neyyah. Qui la faccenda si complica, tra i resti di un’arcana civiltà, sinistri cigolii, le scarne informazioni fornite da Vamir, ingegnosi portali al plasma che trasportano da un’isola all’altra, un paesaggio rigoglioso popolato da animali fantastici, mentre ci si interroga su limiti e inganni nella nostra percezione della realtà. Dichiaratamente nostalgico, il videogame ha al suo cuore gli enigmi da risolvere adottando diverse modalità, che si possono alternare a piacimento. Master of Your Own Adventure, da affrontare tenendo accanto un taccuino da riempire di note, è quella che ricorda più da vicino Myst. Armati di pazienza e persi nell’incanto della natura, è indispensabile leggere anche i diari e i frammenti con le testimonianze degli abitanti per chiarire il loro destino, comunque legato alle sorti della Terra in pericolo.

GODBREAKERS (Thunderful, per Pc e Ps5)
Cosa porterà con sé l’evoluzione dell’intelligenza artificiale? Fin dove si spingerà? In Godbreakers, titolo d’esordio di To The Sky, software house fondata nel 2021 a Göteborg da veterani del settore in partnership con il gruppo Thunderful, le prospettive non sono rassicuranti. Nel lontano futuro immaginato nell’adrenalinico hack’n’ slash ecco che l’ia ha definitivamente preso il sopravvento, trasformando l’umanità in uno sbiadito ricordo, mentre l’intelligenza artificiale si è sviluppata a un punto tale da colonizzare con le sue forze il sistema solare. Un’esplorazione verso nuove frontiere, che mentre si spinge sempre più in là oltre i pianeti conosciuti permette di compiere anche un percorso inverso, per riscoprire noi stessi, la nostra identità ed eredità, in un mondo ormai post-umano. Quando però una minaccia cosmica, la Monade, arriva a mettere in pericolo l’esistenza del sole, sfruttato a un punto tale dall’essere in procinto di spegnersi, altre intelligenze artificiali, alleate nel Coven, creano guerrieri sintetici, i Godbreaker, con la missione di combattere la misteriosa entità e i mostri al suo servizio. Si avverte un senso di continua nostalgia per la perduta condizione umana, che si cerca di recuperare per frammenti, accanto alla fascinazione per il progresso tecnologico, dominante motore di cambiamento, nel coesistere drammatico di due opposte tensioni. I Godbreaker rappresentano una forma di umanità postuma, dotata dell’abilità di assorbire i poteri dei nemici per usarli poi contro di loro e sconfiggere quel pantheon di divinità corrotte. Per riuscirci, occorrerà raggiungere i sei biomi alieni del videogame, tutti profondamente diversi, ciascuno con i propri boss da sconfiggere, dopo essersi battuti senza sosta contro torme di abomini. Le battaglie sono condotte come una danza, dai movimenti fluidi. Selezionato l’archetipo di appartenenza del personaggio, si stabiliscono alcune sue attitudini, lo stile preferito e le armi di elezione che utilizzerà, eventualmente equipaggiandolo inoltre con oggetti utili per impostare gli scontri, nel corso dei quali è comunque previsto si possano ricavare dalle orde sconfitte piccoli frammenti da combinare insieme per ottenere sinergie, in una personalizzazione applicabile a ogni aspetto della personalità e delle azioni del nostro guerriero. La rigiocabilità è assicurata dall’ampia gamma di scelte che si possono compiere di volta in volta, in una struttura concepita con elementi roguelike dove i biomi, le sfide e i nemici sono generati proceduralmente e, quando si muore, si perdono i progressi della partita, ma si possono sbloccare potenziamenti permanenti per quelle successive. Sbaragliato il boss, si rientra alla base per dedicarsi a ulteriori migliorie, accedere ad altri archetipi, interagire con il Coven. Leitmotiv per la casa svedese è mettere al primo posto il gameplay, fino a farlo coincidere in modo inestricabile con la stessa trama, che - come spiega il direttore narrativo Erik Fagerholt - non è un cammino lineare definito, ma si crea attimo per attimo con le azioni. Sta a noi unire le tessere dell’universo di gioco, anche attraverso quanto rivelato dai boss e da alcuni personaggi chiave, in un titolo pensato per il co-op online (fino a quattro amici), affrontabile comunque anche da soli.

BALL X PIT (Devolver Digital, per Pc, Ps5, Xbox Series e Switch)
Una miscela esplosiva di generi, che unisce il dinamismo di un arcade rompi-mattoni all’imprevedibilità di un roguelike survival, con l’aggiunta del carattere gestionale di un city builder: Ball X Pit, l’opera sperimentale di Kenny Sun è un ipnotico alternarsi di meccaniche molto diverse, per arrivare a ricostruire la città di Ballbilonia, devastata da un evento meteorico, che ha provocato l’apertura di un’immensa voragine dove l’insediamento è precipitato. Il giocatore e gli altri cacciatori di tesori cominciano a scendere lungo le erte pareti di roccia per raggiungere le preziose risorse sparse tra le rovine di Ballbilonia, difese da temibili creature barbariche. Per cercare di mettere le mani su un patrimonio unico, non resta che provare a calarsi nel cratere, affrontando orde di nemici e una variegata gamma di ostacoli con l’obiettivo di arrivare al livello più basso possibile, esplorando deserti, foreste, caverne. Armato di palle da scagliare studiandone il movimento per rendere il colpo più potente e distruttivo, quasi come se si fosse dentro un flipper gigante, il protagonista può raccogliere i frammenti di energia rilasciati dai nemici sconfitti e così salire di livello, pronto a scegliere il potenziamento ritenuto più idoneo in quel determinato frangente, ricompensa che si può inoltre ottenere intercettando particolari sfere cosmiche. La fertile inventiva di Kenny Sun è applicata all’intero videogame, per cui in realtà la palla può fondersi con altre sfere (circa sessanta i modelli a disposizione) oppure cambiare i suoi effetti associandosi a elementi come l’acqua o il fuoco per congelare gli avversari nel ghiaccio o incenerirli con una palla incandescente. Si possono evocare golem o utilizzare raggi laser o ancora lanciare sfere velenose. Insomma, non c’è limite alla fantasia, oltretutto tenendo conto della molteplicità delle interazioni e degli ulteriori oggetti e funzioni che si sbloccano dopo ogni partita. Tra una e l’altra non si sta comunque in riposo. Per recuperare il fiato, si sale tra ciò che resta di Ballbilonia e con le risorse (per esempio, legno e pietra) e il denaro guadagnati ci si mette all’opera per ingrandire e abbellire il nostro villaggio, piazzando edifici (una settantina le tipologie), predisponendo campi e foreste da cui trarre cibo e materiali da costruzione, attirando nella Nuova Ballbilonia lavoratori e schiere di eroi dalle specifiche abilità. Le azioni si sbloccano facendo rimbalzare gli eroi, programmando con attenzione cosa fare e come farlo perché è concesso solo un lancio nell’intervallo tra due run. C’è un tocco di comicità surreale, che si prende in giro con buone dosi di autoironia, mentre inscena il racconto epico di una civiltà perduta desiderosa di rinascere più bella che mai. Può capitare di dover tornare indietro per ricevere qualcosa di indispensabile per procedere con i potenziamenti, con la sensazione di un loop dal ritmo comunque fluido e coinvolgente. Si impara sempre qualcosa dagli errori, per cui le ripetizioni non appaiono mai fini a sé stesse, ma occasione di progresso e perfezionamento. La voglia di superare gli steccati è nel Dna di Ball X Pit, inclusa la grafica, che fonde pixel art d’antan e tridimensionalità.

SKYGARD ARENA (Gemelli Games, per Pc)
La software house di Skygard Arena ha un nome parlante, Gemelli Games, perché sono infatti due fratelli gemelli, i francesi Antoine e Alexandre Colin, ad aver fondato lo studio indie a Parigi nel 2022, per dar forma alla loro passione per gli strategici, genere considerato tradizionalmente tra i più difficili, ma il loro obiettivo è cercare di renderli accessibili a un più vasto pubblico. Concetto applicato già in Skygard Arena, il loro titolo di debutto, un tattico a turni influenzato da Final Fantasy Tactics e da XCOM, da affrontare da soli o, ancora meglio, in modalità multiplayer giocatore contro giocatore (PvP). Gli scontri sono rapidi e intensi, lo stile è personalizzabile, i personaggi hanno abilità speciali e ruoli distinti, sulla falsariga dei Moba, i Multiplayer Online Battle Arena, che puntano anche sul cast, eccentrico e carismatico, per conquistare i favori dei fan. Scelti tre campioni, li si accessoria di incantesimi e di reliquie per ottenere le massime sinergie e li si getta nella mischia, provando di volta in volta a sfruttare l’angolo più favorevole per lanciare gli incantesimi, nonché a catturare quanti più oggetti speciali possibile, tra cui i pilastri che consentono di riportare in campo i membri del team uccisi. Le numerose combinazioni tra i campioni sono moltiplicate dal fatto che possono essere abbinati a loro varianti strategiche, come fossero versioni alternative degli eroi. Da secoli il mondo di Skygard è rimasto frammentato in tante isole galleggianti nel cielo, con il fiorire di cinque fazioni principali: i devoti dell’angelica regina alla guida del regno teocratico d’Argento, in perenne lotta con gli esseri corrotti e assetati di potere riuniti nell’impero Scarlatto, la città volante di Katia frutto del patto tra elfi e nani cementato dalla passione per la tecnologia, i Guardiani, interessati a proteggere la natura e le tradizioni di Skygard, e, infine, il clan delle Nuvole, fragile alleanza di tribù nomadi animate da un inesauribile desiderio di libertà e di conoscenza. Per calmare il clima bellicoso è stato ideato un torneo, dove a cadenza quinquennale ogni fazione invia il suo campione migliore a combatter nell’arena, mettendo in palio lo sfruttamento delle miniere di cristalli di Felden, cui stavolta si aggiunge il premio di un’antica corona magica, trovata negli scavi archeologici accanto al tempio di Sinsear. Per vincere la competizione, la giovane Na Jima, appena eletta a capo del clan delle Nuvole, si mette in viaggio decisa ad affermare il suo valore e salvare la sua terra da mire malvagie. La coinvolgente colonna sonora, in sintonia con l’ambientazione fantasy dai vivaci colori cartoon, è composta da Raphael Joffres, già responsabile audio di Clair Obscur: Expedition 33.

ZOE BEGONE! (PM Studios, per Pc e console)
Uno shmup 2D a scorrimento che fonde in sé il dinamismo di un run ‘d gun con la potenza di fuoco di un twin-stick shooter, mentre rende un omaggio originale, nello stile grafico, all’animazione degli anni ’30 e ’40. Lo stesso titolo Zoe Begone! contiene una doppia citazione d’antan. La parola Zoe infatti allude allo zootropio (in inglese zoetrope), il dispositivo ottico inventato nell’Ottocento che permetteva di visualizzare le immagini come se fossero in movimento. L’esclamazione Begone! rimanda per assonanza al cortometraggio Begone Dull Care (1949) realizzato dal maestro Norman McLaren senza macchina da presa, disegnando direttamente sulla pellicola, in un fitto dialogo tra geometre colorate e ritmi jazz. Proprio al pioniere e grande sperimentatore delle tecniche di animazione ha guardato Graeme Hawkins, alias Retchy Games, per dar forma da solo al progetto di Zoe Begone!, profondendo una passione a 360 gradi per gli shooter arcade, compresa la variegata gamma dei sottogeneri, dall’età dell’oro - inaugurata da Space Invaders (1978) - in avanti, con Defender, Resogun e Fantasy Zone indicati tra le fonti dirette di ispirazione per Zoe Begone! e le sue arene cicliche. Con una buona dose di autoironia, il gioco si sviluppa come una singolar tenzone tra Zoe, che desidererebbe solo schiacciare un sonnellino, e l’animatore che ha delineato il personaggio e ora, armato degli strumenti del mestiere come matite, pennelli, pennarelli, pennini e le sue stesse dita sporche d’inchiostro, si diverte a stuzzicarlo, se non proprio a perseguitarlo materializzando schiere di nemici, costringendo Zoe a passare all’offensiva. L’effetto della grafica dipinta a mano, dove punti, linee, cerchi, quadratini, campiture prendono vita sui reel della pellicola è coinvolgente e molto accattivante. I movimenti avvengono in sintonia con la musica boogie della colonna sonora di Thomas Pegg, il quale a sua volta strizza l’occhio anche allo swing del quarto decennio del secolo scorso, ad arricchire questo viaggio adrenalinico, senza interruzioni, dal sapore amabilmente rétro. La piacevolezza dell’aspetto artistico non deve ingannare: Zoe Begone! sa essere esigente, basti pensare al fattore velocità determinante per aumentare il nostro punteggio e competere così nella classifica online. C’è un sistema di ricompense, raccogliendo le mele dispensate da ogni avversario eliminato, da utilizzare per potenziare abilità, rendere ancora più fulminea la piccola Zoe oppure ottenere armi portentose. Una volta che si è familiarizzato con il gameplay, sempre restando inteso che la morte è costantemente in agguato, facile sentirsi catturati in un loop di creatività e divertimento.

LOST IN FANTALAND (Game Source Entertainment, per Pc, Playstation e Switch)
L’avventura roguelike, con costruzione di mazzi di carte, Lost in Fantaland di Supernature studio è adesso disponibile anche per console - Ps4, Ps5 e Switch - grazie a Game Source Entertainment, tra i maggiori editori di Hong Kong specializzato proprio in questo genere di operazioni. L’opera di Supernature, piccola studio formato da appena due sviluppatori, aveva infatti debuttato su computer in accesso anticipato nel 2022, quindi sulle piattaforme mobile iOS e Android, mercati di riferimento per l’Asia. Sorretto da una trama fantasy ispirata agli anime, Lost in Fantaland invita a seguire le imprese di un eroe suo malgrado che vorrebbe solo tornare a casa e invece si ritrova nella magica terra di Fantaland a combattere il male per salvare quel mondo lontano, lontano. Un universo di mappe generate proceduralmente che cambiano di partita in partita e che si possono affrontare, a scelta, nei panni di un mago, di un guerriero o di un furfante, scomponibili in sei classi, ciascuna dotata di un proprio mazzo di carte e pensata per una diversa sfumatura dell’esperienza. Da qui ci si getta subito nella mischia, su una scacchiera 8 per 8 sul modello dei giochi da tavolo, in pieno stile rétro, riecheggiato dalla grafica in pixel art. I combattimenti avvengono usando mutevoli set di carte azione, che si consumano dopo l’utilizzo. Quelle inutilizzate alla fine di un turno finiscono nella pila degli scarti, che possono essere rimescolati dopo aver pescato tutte le altre. L’idea attorno cui ruotano le dinamiche appare dunque concentrarsi preferibilmente sulle carte più potenti, senza disperderle in un mazzo grande. Qualche variabile la aggiungono il terreno e gli eventi atmosferici, tra trappole e imboscate, che chiedono di soppesare condizioni di salute e risorse a disposizione. A volte fuggire dagli scontri può rivelarsi la soluzione migliore per sopravvivere e lottare con più forza di prima. Che si vinca o si perda, la partita termina elargendo sfere dell’anima, che possono sbloccare potenziamenti permanenti. Lo spirito di Lost in Fantaland è che da ogni sconfitta si può risorgere e la fine è soltanto un nuovo inizio. Adattarsi, essere flessibili in relazione alle circostanze, pianificare strategie è l’esercizio che secondo gli autori aiuta a comprendere quanto l’ingegno possa rivelarsi vincente contro la forza bruta. Ci sono naturalmente anche numerosi NPC, i personaggi non giocanti, da incontrare, con un’accortezza: salvare spesso e specie prima di entrare in contatto con i mercanti, che potrebbero alzare molto il prezzo di qualcosa che serve, se non la si acquista seduta stante. Viviamo o no nell’era degli algoritmi dell’ecommerce?
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