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Tribunale

Festa nel capannone-chiesa, una condanna a 4 mesi

Festa nel capannone-chiesa, una condanna a 4 mesi

11 Febbraio 2022, 03:01

Erano le 2 del 25 dicembre del 2015. Notte di festa all'interno dell'Home is Home di San Pancrazio e notte da incubo per gli abitanti della zona che non riuscivano a chiudere occhio. Era in atto la maratona natalizia nel capannone di via Depretis che non avrebbe nemmeno dovuto essere aperto al pubblico. Così aveva appena stabilito la Polizia municipale, dopo l'ennesima verifica del mancato rispetto di una serie di norme, a cominciare da quelle di igiene e sicurezza. In barba ai divieti, il capannone ospitava l'ennesima festa, forse dopo la messa di mezzanotte (l'edificio era definito innanzitutto «chiesa»). Scandito l'«andate in pace» finale, nessuno se n'era andato: in scena erano entrati musica, alcol e balli. Poco dopo, erano cominciate le chiamate a 112 e 113.

L'overdose di decibel era ancora in corso, quando si presentarono le volanti della Questura. Entrati in cortile, i poliziotti furono accolti da un nigeriano allora 37enne che si qualificò come responsabile dell'Home is Home. Nome azzeccato: le persone all'interno sembravano proprio a loro agio, a scapito di chi invece davvero abitava in zona. Più volte i cittadini avevano segnalato il chiasso e le scazzottate debordanti fuori dal capannone. Impossibile riposare.

Alla richiesta dei poliziotti di abbassare il volume il 37enne reagì accusandoli di essere lì solo per rovinare la festa e impedire a lui di lavorare. E intanto, anziché le autorizzazioni necessarie per gestire un «locale» di quel tipo (all'interno, secondo una stima degli agenti affacciati sulla soglia, c'erano almeno 200 persone), l'uomo mostrò solo dei moduli del Comune compilati a metà. Si rinnovò la richiesta di abbassare la musica. L'altro, secondo quanto riportato dalle pattuglie, rispose puntando il dito verso la sala: «Lì dentro ora si stanno innervosendo. Se entrate scorrerà il sangue. Dovreste adeguarvi alla legge nigeriana, visto che qui siamo tutti nigeriani onesti lavoratori che pagano le tasse». Concluse dicendo: «Ora chiamo i miei tre avvocati e vi sistemo io». Finì con le denunce per disturbo alla quiete pubblica, inosservanza ai provvedimenti dell'autorità e minacce a pubblico ufficiale (l'unica non prescritta) e pochi giorni dopo, il capannone fu posto sotto sequestro. Ieri, il giudice Giuseppe Saponiero ha condannato il 37enne a quattro mesi, accogliendo la richiesta del pm Lino Vicini.

rob.lon.

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