Intervista
She’s back. Dopo cinque anni di assenza dal mercato musicale italiano, Silvia Olari torna a cantare nella sua lingua, proponendo «Iride», singolo disponibile su tutte le principali piattaforme digitali, da Spotify a iTunes, a partire da venerdì 25 marzo.
Registrato in Italia ma nato dall’idea musicale di Bjorn Johansson e dell’autore francese Frans Janousek, «Iride» è prodotto e distribuito sotto l’etichetta della Music Shack Records: «Questo brano unisce il passato, la filosofia internazionale del mio ultimo album “There is something about you”, al presente, un testo in italiano che ha diversi tratti autobiografici. Rappresenta al meglio due parti di me: il ritmo della mia vita espresso dal lato musicale e il battito del mio cuore raccontato nel testo».
Con «Iride» pubblicherà anche “No more tears to cry”: stessa melodia ma testo differente.
«La scelta di avere anche una versione anglofona è semplice: il brano è nato in quella lingua ed era un vero piacere per me cantarlo. Tuttavia mi sono lasciata stuzzicare dall’idea di fare arrivare il suo messaggio in maniera chiara anche a chi vive nel nostro Paese e non conosce bene l’inglese: non nego che scrivere il testo di “Iride” mi ha regalato grandi emozioni».
Di che tipo di brano stiamo parlando?
«Il genere è pop rock ma ha delle evidenti sfumature soul, soprattutto nella versione inglese. Trovo che sia coerente con me: raggruppa diversi stili ma in modo molto naturale e fluido. Ciò lo rende orecchiabile, accessibile all’ascolto per tutti ma assolutamente non banale. L’aspetto che più mi soddisfa è la sua capacità di valorizzare sia la musica che il messaggio. È un brano autentico. Un brano, a livello di sound, per così dire… “suonato”, grazie soprattutto alle chitarre e al pianoforte. Ci sono poca elettronica e pochi effetti: sono convinta che non abbia bisogno di “artifizi” per colpire il cuore di chi ascolta».
Cosa racconta la canzone?
«Parla di un rapporto che non riesce a decollare e lascia quella sete di totalità dietro a un’incomprensione, visibile già dagli sguardi. Nella versione inglese, “No more tears to cry”, la tematica è la medesima, vista con un’ottica di maggiore sofferenza e meno legata alla metafora degli occhi».
Che valore ha per lei questo nuovo lavoro?
«Il brano ha dentro di sé quello che sono oggi: una cantautrice di 33 anni, che sta vivendo un percorso di crescita ma che porta ancora con sé qualcosa della ragazza che ha partecipato ad “Amici”, conquistando il serale ed esibendosi in prima serata sulle reti Mediaset. “Iride” è anche la continuità del progetto internazionale che ho iniziato, sia dal punto di vista musicale che discografico».
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