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Intervista

Sara Loreni: «Cavalco la tigre perché è il momento di resistere»

Sara Loreni: «Cavalco la tigre perché è il momento di resistere»

14 Marzo 2022, 03:01

È uscito il nuovo disco dell’autrice e cantante parmigiana Sara Loreni «Cavalco la tigre», pubblicato da Uma Records e distribuito da Sony Music Italy con la produzione di Paolo Fappani e Daniele Cavalca.

Il titolo è esplicativo: ci sono momenti e situazioni in cui non conviene attendere o pazientare ma resistere fino a superare tutto. E infatti, come per tanti altri artisti, la sua pubblicazione è stata complicata dalla pandemia ma ora rappresenta la volontà di andare avanti. Nonostante tutto: «Era pronto da un po’, abbiamo solo fatto uscire uno o due singoli in più rispetto a quelli che avremmo fatto uscire in un periodo non di pandemia. Però è un disco a cui tengo tantissimo, a cui ho lavorato con tanta dedizione e attorno al quale si è creato un team di persone affiatate. Sono contenta perché quando hai qualcosa così nel cassetto non vedi l’ora che esca. Purtroppo, prima c’era la pandemia, il cuore era pesante per un motivo, ora, con quello a cui stiamo assistendo, è ancora più pesante di quanto non fosse prima. Penso però che la cosa migliore che possiamo fare, sia fare il nostro lavoro al meglio e che il canto sia una delle forme di resistenza più poetiche e più radicate nella nostra storia. Bisogna tenere duro, nonostante tutto».

«Cavalco la tigre» è un disco minimale ma ricco di contenuti sia musicali che testuali e di grande coerenza; quanto e come ci avete lavorato?

«Quando abbiamo iniziato a parlare dell’album, i presupposti erano esattamente questi. Volevamo un disco che fosse minimale per concentrare tutti gli aspetti sonori principali sui beat, intesi come coppia basso/batteria, e sulla voce, che sono i due grandi protagonisti del disco. Pochi suoni belli, questa era la formula che volevamo ottenere. Sono molto contenta perché vedo un’evoluzione, una maturazione dal punto di vista non solo dei testi ma anche musicale che ha permesso questo equilibrio tra le parti e, mi sembra, anche una certa originalità».

Nei testi, tra le tante cose, si coglie una certa voglia di risolvere le situazioni, di capirle ma a volte di dare un taglio netto. Come è stato il processo di scrittura?

«Sono testi che nascono dalle urgenze; in passato mi è capitato di scrivere come fosse un esercizio di stile mentre le canzoni che ho messo nel disco sono dense di storia, di vissuto, di cose distillate. Ho cercato di metterci tutta la gamma emotiva, dall’amore appassionato alla rabbia e anche il fastidio, nel modo più onesto e autentico possibile, senza censure ma anzi cercando di sublimare alcune situazioni. E quando si è onesti molto spesso si trova una complicità negli altri. Questa volta ho percepito come le persone si ritrovassero in tante parole che ho detto o cantato».

Quasi contemporaneamente all’uscita del disco, ti sei esibita per il prestigioso Premio Musicultura; com’è stato tornare davanti al pubblico?

«Ero agitatissima dalla sera prima. C’era un pubblico attento, abituato a seguire il concorso. Però le cose che agitano danno anche adrenalina; torno a casa con un tante sensazioni positive e dei bei feedback dalle persone per cui sono molto soddisfatta».

Pierangelo Pettenati

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