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Siccità

Dal Po in secca riaffiorano le antiche mura di Polesine di San Vito

Dal Po in secca riaffiorano le antiche mura di Polesine di San Vito

21 Marzo 2022, 03:01

La magra del Po ha reso più evidenti, sulla sponda sinistra, all’altezza di Stagno Lombardo, i resti delle antiche mura di Polesine di San Vito: di fatto la remota Polesine Parmense. Un vero e proprio «libro di storia» a cielo aperto, al crocevia tra le province di Parma, Cremona e Piacenza.

Si tratta di resti di mura di dimensioni notevoli, sistemati sulla riva sinistra a comporre la massicciata del fiume. Polesine di San Vito è uno di quei borghi «divorati» dal Po, le «Atlantidi del fiume» si potrebbero definire, che oggi esistono solo nelle memorie e nei libri di storia locale. Al pari di Polesine di San Vito, sono scomparsi a causa dell’erosione del fiume, i vari Polesine de' Manfredi, Vacomare, Isola de' Bozardi, Caprariola, Gambina, Tolarolo, Arzenoldo o Rezinoldo, Tecledo, Brivisula e Caprariola (quest’ultima località non per erosione del Po) per quanto riguarda il Parmense; Barcello, Cella, Casale de' Ravanesi, Scurdo e Gurgo per quanto concerne il Cremonese e le località piacentine di Castelletto, Olza Vecchia, Rottino e Tinazzo.

Nel corso dei secoli, Polesine di San Vito fu due volte spazzato via dalle acque del Po e poi ricostruito. L’attuale paese è, di fatto, il terzo ed è stato realizzato a maggiore distanza dal fiume e, quindi, in un luogo più sicuro. Il tutto grazie all’iniziativa del marchese Vito Modesto Pallavicino, ultimo signore di Polesine, sepolto sotto il presbiterio dell’attuale chiesa dei santi Vito e Modesto.

Agli inizi del XVI secolo il fiume spostò il suo letto più a sud, fino a lambire le fondamenta della rocca, che nel 1547 crollò e la stessa sorte toccò pochi anni dopo anche alla chiesa costruita da Giovan Manfredo nei pressi dello stesso maniero. Successivamente il fiume riprese il suo corso e il borgo di Polesine rifiorì, con la costruzione di abitazioni e di due palazzi marchionali; la situazione precipitò ancora agli inizi del XVIII secolo, quando il Po deviò nuovamente verso sud e, straripando, distrusse nel 1720 la cinquecentesca chiesa di San Vito e, alcuni anni dopo, il palazzo delle Fosse, residenza di Vito Modesto Pallavicino. Quest’ultimo finanziò i lavori di costruzione di una nuova chiesa (l’attuale) in una posizione più distante dalla riva, fulcro dello sviluppo successivo del paese.

Vito Modesto morì nel 1731, nominando erede universale il «ventre pregnante» della moglie, che tuttavia diede alla luce una femmina, Dorotea e, quindi, il feudo fu assorbito dalla Camera ducale di Parma, che lo assegnò, unitamente a Borgo San Donnino, alla duchessa Enrichetta d’Este, vedova del duca di Parma e Piacenza Antonio Farnese.

Il legame tra Polesine e il fiume è sempre stato molto profondo: lo si intuisce fin dal nome stesso del paese, che potrebbe derivare dal latino «Laesus a Pado», vale a dire «distrutto dal Po». Scritta, questa, che era stata inserita anche nello stemma dell’ex comune di Polesine Parmense. Stemma su cui comparivano anche il dio Eridano, personificazione del fiume Po, il castello a rappresentare il Palazzo delle Due Torri (l’odierna Antica Corte Pallavicina) considerato il simbolo del paese; l’aquila e lo scaccato simboli dei Pallavicino, signori del luogo fino al XVI secolo.

Quelle mura che oggi sorgono in sponda sinistra, all’altezza di Stagno Lombardo (ma ancora in provincia di Parma), anche se ridotte a macerie, sono le inossidabili testimonianze del borgo scomparso di Polesine di San Vito.

P.P.

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