ZONA DI VIA VOLTURNO
A malincuore, devono dire addio al panorama della città, perché ad ostruire la visuale dai loro balconi, affacciati sul quartiere Volturno, sarà presto una gigantesca parabola di telefonia mobile. «Ci troviamo impelagati in questa situazione, dove le antenne vengono allestite senza un minimo di cognizione. Non è solo una questione estetica, ma anche logistica: l’antenna toglierà infatti posti auto nel piazzale del supermercato, già stracolmi durante i weekend, creando nuovi posti abusivi». È Salvatore, residente di via Luchino Visconti, a parlare, facendosi portavoce di un malessere generale che tocca i diversi abitanti della zona.
I residenti hanno organizzato un sit-in di protesta, raccogliendo oltre 320 firme, per dire no all’installazione dell’antenna della Wind. «È uno sfregio e una vergogna», continua Salvatore, che ricorda la presenza, in zona, anche della «parabola della Vodafone».
Venticinque metri di antenna, innalzata al posto di un tabellone pubblicitario nel bel mezzo di un parcheggio in via Volturno, dove ora svettano tre grandi alberi. Ma, oltre alla questione estetica, è la questione legata alla sicurezza a destare preoccupazione: «Secondo il regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio degli impianti di telecomunicazione, le antenne dovrebbero trovarsi distanti da scuole, ospedali e luoghi troppo abitati», ha spiegato Giuseppe, residente di viale Volturno.
«Ma noi ci troviamo proprio in mezzo a due scuole, la Corazza e la Ferrari, e la nostra zona ospita una tenuta rinascimentale» ha aggiunto Giacomo Crema, che tiene in braccio il figlio di due anni. «Voglio sensibilizzare anche lui già da adesso nei confronti di queste tematiche - ha sorriso - e le cose devono essere chiare a tutti».
«Io abito all’ultimo piano - ha continuato Luciano Ugolotti - ed è vergognoso. Quante antenne ancora si aggiungeranno? Noi non lo sappiamo e nessuno ci dà una risposta». I cittadini sono «considerati l’ultima categoria - secondo le parole di Gino Marazzini - ma noi ci siamo mossi per capire cosa stava succedendo e siamo qui a far sentire la nostra voce».
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