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Intervista

Bertozzi, il manager che ha aperto le porte Usa ai cibi di Parma

Bertozzi, il manager che ha aperto le porte Usa ai cibi di Parma

03 Maggio 2022, 03:01

Aveva un sogno, Carlo Alberto Bertozzi: “accorciare” i seimila chilometri e rotti che separano Parma dagli Stati Uniti. Erano davvero un “nuovo mondo”, fino a qualche decennio fa, parlando di cibo. Sogno coronato, oltre le più rosee aspettative: oggi in certe catene di supermercati oltre l’Atlantico sembra di essere da Romani o alla Beccheria, o poco ci manca. E un pezzettino di merito (mica tanto piccolo, in verità) è suo, di Carlo Alberto Bertozzi da Parma. Che non vuole essere chiamato strajè , perché a Parma torna in continuazione, anche se non vive più qui da quando ha compiuto 18 anni, ed è come se non l’avesse mai lasciata. Grazie – lasciatecelo dire con un pizzico di orgoglio – alla nostra cara, vecchia «Gazzetta»: «La prima lettura del mattino è quella del “New York Times”, che resta il più bel giornale del mondo, ma subito dopo viene la “Gazzetta”, e poi, dopo!, “Corriere” e “Repubblica” – racconta –. Da quando esiste la versione digitale è una pacchia: anni fa mi spediva tutti i giorni la “Gazzetta” mio padre, per posta, ma arrivavano ,giorni e giorni dopo, spesso cinque o sei insieme. Adesso mi fa compagnia durante la colazione, ed è un gran lusso».

UNA VITA NEL COMMERCIO
È nato con il mondo del food nel Dna e il pallino per il commercio e il marketing, Bertozzi. Il nome non mente: la ditta di formaggi Abele Bertozzi è stata fondata dal nonno Abele, nel 1901, poi mandata avanti dal padre Amilcare e dagli zii Carlo, Aldo, Larini e Antonio. Oggi Carlo Alberto gestisce la parte americana. Il padre Amilcare e lo zio Carlo hanno poi fondato la Althea, nel 1932. Parliamo di una famiglia che rientra a pieno titolo tra i pionieri più lungimiranti dell’industria agroalimentare italiana (la cui storia è stata rievocata domenica scorsa da Giancarlo Gonizzi nella rubrica Storie della valle del cibo ).

Carlo Alberto, finito il liceo, va a Milano per frequentare la Bocconi, e poi a Napoli, assunto dalla Cirio come venditore. Quindi negli Stati Uniti, per un master in Marketing ad Harvard. Viene assunto dalla General Electric, allora la società numero uno al mondo. Un anno e mezzo di un’esperienza che si rivelerà preziosissima, quindi passa al gruppo Levissima. Si occupa sempre di commerciale, di vendite, di marketing. Poi alla Mares, azienda leader per i prodotti per attività subacquee (ma anche tennis, sci, nautica): anche qui, una carriera lampo, che lo porta sulla poltrona di presidente.

IL RITORNO AL FOOD
Due anni dopo, la svolta: e il ritorno, definitivo, al mondo del food. «Stando negli Stati Uniti, mi ero fatto un’idea di cosa avrebbe dovuto fare un’azienda italiana per sbarcare in America – spiega –. Un concetto apparentemente banale, ma che negli anni si è rivelato decisivo: gli Stati Uniti sono il più grande mercato del mondo e vanno considerati come fossero un mercato domestico, non un mercato di esportazione. Le aziende italiane erano abituate ad affidarsi a importatori, che però avevano interessi perfino in contrasto, trattando più prodotti, anche concorrenti. Ho capito che era importante cambiare l’approccio».

Da queste basi, da questa visione, da questo concetto (tutt’altro che «banale», anzi – alla prova dei fatti – geniale) nasce a metà degli anni Ottanta Management Resources of America, Mra Group, con sede in Connecticut («Ho sempre vissuto a Westport, non cambierei con nessun’altra città: siamo sul mare, circondati da boschi e verde ovunque, a tre quarti d’ora di auto da New York. Impagabile»).

LA STRADA PER IL SUCCESSO
Qualche nome: Barilla, Urbani (tartufi), Mutti, Bertozzi, Garofalo, Pasta Zara, Levoni, Mulino Nicoli, Coop Italian Food NA, Parmacotto, Grandi salumifici italiani, Parmareggio, Rizzoli Emanuelli, Saclà, Rigoni di Asiago (confetture), Illy, Kimbo. In comune, il successo. E, per raggiungerlo, la strada percorsa, uguale per tutti, tracciata da Mra Group: hanno fondato una società negli Usa, si sono adoperati in ricerche di mercato e venduto direttamente i propri prodotti. Mra Group ha tre settori: il primo si occupa di consulenza, il secondo di gestione logistica, parte amministrativa e customer service, il terzo di vendita.

La prima azienda “accompagnata” al successo è stata la Barilla, e resta la soddisfazione più grande per Bertozzi: «Mai avrei pensato, quando ho fondato la mia società, di lavorare per la più importante azienda della mia città. E invece l’idea è nata parlando con amici che lavoravano in Barilla, quando ho scoperto che non vendevano la loro pasta in America. Siamo partiti dalle prime ricerche motivazionali e quantitative, poi gli studi sul posizionamento. Abbiamo creato Barilla America e l’abbiamo gestita. Con la nostra forza vendite – all’epoca io e due collaboratori – abbiamo iniziato a proporre spaghetti e maccheroni Barilla alle catene americane. È stato subito un successo. Mi ricorderò sempre di un anno che sono venuto a Cibus e ho incontrato il Signor Pietro, che conoscevo e stimavo da anni. “Cosa fai di bello?”, mi ha chiesto. E io: “Vendo i tuoi prodotti negli Stati Uniti”. Si è creato un rapporto straordinario, sia professionale che umano, proseguito poi con i figli. Ho lavorato per la Barilla per quindici anni, poi sono andati avanti con le loro gambe: si sono ingranditi enormemente, oggi sono leader di mercato e fanno un fatturato straordinario. Io sono orgoglioso che il mio rapporto con Guido, Luca e Paolo sia tutt’ora eccellente».

LA “CACCIA” AI “FOODIES”
Va da sé che il successo della Barilla ha aiutato non poco Mra Group a farsi conoscere, a posizionarsi sul mercato. E a fare arrivare, uno dopo l’altro, tanti altri clienti italiani. Una parte importante della strategia è avere studiato a fondo i foodies , categoria che negli Stati Uniti “pesa” per 40 milioni di potenziali clienti. «Persona interessata a tutti gli aspetti che riguardano il cibo, come la preparazione, la presentazione, la consumazione e l’aspetto conviviale», secondo la definizione dell’Accademia della Crusca. Secondo l’esperienza di Bertozzi, «tutta gente che ama prodotti di un certi tipo, che frequenta catene di supermercati di alto livello, che ha un’attrazione particolare per cibi e prodotti di alta qualità». In altre parole, il cliente ideale per il “made in Parma” e il “made in Italy” in generale. Mra Group li ha individuati, studiati, seguiti: ha capito in che zone vivono (prevalentemente nelle aree di New York e nel nord-est degli Usa, in California e nelle grandi aeree metropolitane), quali trasmissioni televisive seguono, in quali negozi e supermercati vanno a fare la spesa. «Per i foodies , in generale, il fatto che un prodotto sia italiano rappresenta una garanzia di qualità: da questo punto di vista, l’Italia gode di un’ottima reputazione». Sulla base di tutti questi studi Mra Group ha deciso le strategie di distribuzione, gli Stati e le catene da privilegiare.

Il passaggio successivo è la costituzione dell’azienda, il cui azionista è sempre la casa madre italiana: Mra Group si occupa dell’organizzazione e degli aspetti burocratici, e poi della gestione, seguendo la parte amministrativa – tenendo i conti di clienti e fornitori, fornendo bilanci mensili –, della logistica e delle relazioni con i clienti. In più, organizza la rete di vendita, sfruttando la propria esperienza e trattando con broker specializzati nel food.

A PARMA PER CIBUS
«Nulla di straordinario, nessun segreto – dice Bertozzi – la nostra forza è aver intuito da subito la strada da seguire. Questo è quello che ha fatto e continua a fare la differenza. Dalla pasta Barilla, alla fine degli anni Ottanta, a tutti i marchi che sono seguiti». «Il gruppo occupa una ventina di persone e tiene rapporti con diverse università italiane – continua – assumiamo laureandi e laureati, li facciamo lavorare in remoto dall’Italia e poi li portiamo negli Stati Uniti».

Bertozzi è, ovviamente, a Parma per Cibus. «Non potevo certo mancare. Cibus è un’ottima opportunità dal punto di vista del business. E poi è un’ottima “scusa” per tornare nella mia Parma. «Vivo in viale Toschi, nello stesso appartamento dove sono nato ottant’anni fa. Se ho nostalgia? Altroché. A me Parma piace molto, la trovo migliorata tantissimo. È bello vedere tanti giovani in giro in centro, per quattro chiacchiere o un aperitivo. Piazza della Pace è splendida: so che qualcuno qui si lamenta, ma io me la ricordo quando era un parcheggio, o quando gli autobus percorrevano via Cavour. Volete mettere?».

Claudio Rinaldi

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