Intervista al presidente dell'Upi
La crisi di governo sarebbe una sciagura, per tutti noi e sotto ogni punto di vista. Gabriele Buia non ha dubbi: e si dice incredulo per quello che sta accadendo, con Conte che rischia concretamente di fare cadere il governo Draghi solo per andare a caccia di qualche consenso in più. Da Roma – dove si vivono ore ad alta tensione in attesa di mercoledì, giorno della verità, quando Draghi tornerà in Aula – a Parma – dove si è appena insediata la giunta del neo sindaco Michele Guerra e dove domani si riunirà per la prima volta il nuovo Consiglio comunale – il presidente dell’Unione industriale (e presidente uscente dell’Associazione nazionale costruttori edili) illustra la posizione degli imprenditori. Dai provvedimenti urgenti per alleviare le difficoltà create dal caro energia e dall’aumento dell’inflazione ai temi “caldi” del nostro territorio, a cominciare dalle infrastrutture, «indispensabili per favorire la crescita sociale ed economica».
Presidente, pensa che Draghi ritirerà le dimissioni?
«Me lo auguro con tutto il cuore, per il bene di tutti noi. Ma non sono molto ottimista».
Come “legge” quello che sta accadendo a Roma?
«Con un senso di incredulità. È paradossale pensare di fare cadere il governo nel bel mezzo di una crisi internazionale, perché dovrebbe essere evidente a tutti che aumenterebbe il peso, su tutti gli italiani, dei problemi che il Paese ha da anni e che Draghi sta cercando di arginare».
E rischieremmo di perdere dei fondi del Pnrr.
«Certo. Ci sono degli obiettivi strategici di crescita che devono essere raggiunti. L’iter per potere utilizzare i 220 miliardi del Pnrr è tutt’altro che concluso: dobbiamo arrivare al 2023, per superare tutti gli step previsti dall’Europa. Altrimenti, dovremo restituire parte di quelle risorse. Il governo Draghi si è impegnato con grande serietà in questo percorso e in questo grande sforzo necessario per poter ottemperare alle richieste».
Possibile che Conte non sappia queste cose?
«Ecco perché dico che è paradossale, quello a cui stiamo assistendo. Pensare di costringere Draghi a interrompere il proprio lavoro per questo teatrino della politica è irrazionale e irragionevole. Ho conosciuto e lavorato con il presidente Conte per la crescita di questo paese e francamente non comprendo questa scelta. Non vorrei che per colpa di qualche politicante – politicante, non politico! – del suo movimento si rischiasse di dovere sacrificare il bene comune per guadagnare qualche punto percentuale di voti. Questa è l’unica spiegazione. Come si giustifica, altrimenti, non votare un decreto legge che elargisce quasi 20 miliardi per la crescita, per le forze sociali ed economiche, per arginare il caro energia e al tempo stesso rischiare di provocare una crisi? Non è concepibile, né compatibile con le necessità del nostro Paese».
Alla storia dell’inceneritore di Roma non crede?
«È una delle scuse che è stata citata, ma con tutto il rispetto per le idee altrui, mi rifiuto di pensare che si possa aprire una crisi di governo per l’inceneritore di Roma».
Quali sono i rischi concreti e immediati che corriamo?
«Tanto per cominciare, la perdita di credibilità. Il presidente del Consiglio è stimato da tutti, la sua autorevolezza è riconosciuta a livello internazionale. Non a caso i leader mondiali lo stanno invitando a restare. È una persona che ha messo l’Italia, agli occhi del mondo, in una luce completamente diversa. Non faccio paragoni con i presidenti del Consiglio che lo hanno preceduto, ma il prestigio di cui gode giustamente Draghi è unico. Con lui siamo tornati a essere leader in Europa, autorevoli come Paese, presenti nei tavoli di discussione sul sistema geopolitico europeo e non solo. Un altro modo di operare, di essere percepiti, un altro modo di essere italiani».
E poi l’Italia ha bisogno di misure urgenti, non di provvisorietà.
«Proprio così. Abbiamo bisogno di provvedimenti per alleviare le difficoltà create dal caro bollette, dall’inflazione, dall’aumento dello spread. Ma sono misure straordinarie, che non possono essere adottate durante un esercizio provvisorio. Ed è inevitabile che si vada verso un esercizio provvisorio, in caso di crisi: ci sarebbe uno stallo fino alle elezioni e, andando al voto in settembre o in ottobre, il nuovo governo potrebbe essere costituito solo a fine anno. E come si fa a impostare una legge di bilancio con un governo che si metterà al lavoro a fine anno? Il governo Draghi ha iniziato da tempo a impostare la nuova legge di bilancio. E invece si andrebbe al 2023 e si procederebbe con un esercizio provvisorio. Per l’Italia, una sciagura».
E intanto ci sono impegni con l’Europa da rispettare.
«Ci sono scadenze a fine anno, altre in giugno 2023. E non dimentichiamo che entro il 2026 gli investimenti pubblici, infrastrutturali e non, previsti dalla legge sul Pnrr devono essere banditi, appaltati e realizzati. Il 2026 è domani».
Anche i dati dell’Inps e dell’Istat sulle famiglie dovrebbero farci riflettere.
«Sì, le misure urgenti servono proprio per andare incontro alle famiglie, oltre che per sostenere l’economia. E deve far riflettere il peso che l’aumento dell’inflazione di questa portata ha sulle imprese e sul ciclo economico. Quindi, sulla crescita del paese. E senza crescita non riusciremo mai a pagare il debito pubblico. Anche questo dovrebbe essere chiaro a chi adesso sta per fare cadere il governo. Servono misure di contenimento dell’inflazione, subito».
Le stime della crescita sono tutt’altro che brillanti.
«La stima per il 2023 è di una crescita sotto il 2 per cento. Ma se Putin dovesse chiudere i rubinetti sarebbe dello “zero virgola”. Se non c’è crescita non c’è distribuzione della ricchezza. Molti pensano al proprio status quo: ma è evidente che queste mancate decisioni si ripercuoteranno su tutto il tessuto sociale ed economico del paese e impatteranno pesantemente su tutti».
Di nuovo: un ex leader non le sa queste cose?
«Purtroppo, in Italia succede spesso che, quando un partito si accorge che i sondaggi lo danno in calo, si inventa soluzioni. Sperando di recuperare consensi su un’onda populista, si può perfino arrivare ad aprire una crisi in un momento decisamente poco opportuno. A me sembra un gesto inspiegabile».
A Parma, intanto, domani debutta il nuovo Consiglio comunale e Guerra ha appena varato la giunta.
«Auguro al sindaco e alla sua squadra buon lavoro, perché ci sarà tanto da fare. Ci sono decisioni importanti da prendere per la crescita del territorio, per il sostegno alla socialità, per rispondere alle tensioni sociali che si stanno manifestando».
Da dove cominciare?
«Avremo occasione di parlarne con il sindaco. L’Unione industriali sottoporrà alla giunta alcuni temi che ritiene prioritari, per i quali bisogna agire in fretta, servono decisioni strategiche. È fondamentale la collaborazione, l’unità di intenti anche con la Provincia e con la Regione: solo facendo squadra e affrontando insieme i problemi, senza tabù e senza condizionamenti e sempre con la massima trasparenza, si potranno ottenere i risultati di cui Parma ha bisogno».
Uno dei temi “caldi” è quello delle infrastrutture: Parma deve rimediare a troppi ritardi.
«Certo. La crescita economica e sociale del territorio passa anche dalle infrastrutture. Ed è chiaro che occorre intervenire immediatamente».
Quali sono quelle di cui il territorio ha più bisogno?
«La fermata dell’Alta velocità, l’aeroporto, la Ti-Bre, la Pontremolese, la Cispadana sono tutte opere strategiche fondamentali. E poi c’è la Fiera, che è un’eccellenza, ma che senza infrastrutture rischia di andare in sofferenza, e non ce lo possiamo permettere. Un nodo intermodale che colleghi Fiera, aeroporto e fermata della Tav sarebbe importantissimo. Se vogliamo centrare questi obiettivi, bisogna che le forze sociali ed economiche siano unite, insieme alla Regione, che deve avere un ruolo diretto, da protagonista, nella crescita del territorio. C’è necessità di decisioni rapide, noi le solleciteremo con insistenza e con spirito di collaborazione. Dobbiamo capire che il gioco del “no a prescindere” non è più possibile, oggi. Non c’è tempo da perdere. L’obiettivo deve essere arrivare rapidamente ad assumere le necessarie decisioni senza perdersi in discussioni sterili. E coniugando sempre le infrastrutture con la sostenibilità e l’ambiente».
Come?
«Non sono temi in contrapposizione. Sostenibilità e ambiente sono obiettivi strategici che vanno salvaguardati. Ma deve essere chiaro a tutti che le infrastrutture delle quali il territorio ha bisogno si possono fare in maniera sostenibile e rispettando l’ambiente. Basta avere la buona volontà di coniugare i due obiettivi e di impegnarsi per centrarli entrambi. Solo così “vincerà” il territorio. E non dimenticando mai che l’obbligo morale che abbiamo – tutti – è fare crescere la ricchezza del territorio».
Claudio Rinaldi
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