Quinta spedizione con aiuti per l'Ucraina
Zahony (frontiera Ungheria-Ucraina) La strada è la stessa e la stessa è la meta. Uguali a sempre i visi dei volontari sul pulmino del Seirs in viaggio verso est. Veterani, ormai; pendolari tra l’Europa che ha rimosso la guerra e quella che la guerra la subisce da fine febbraio. Nei loro occhi le scene ripetute dai tg: missili, macerie e morte. Solo il carico è diverso dal solito: di significato quasi opposto, verrebbe da dire, rispetto a quello di tre mesi fa. In aprile, da Parma partirono anche 700 sacche salme destinate a dare una pietosa sepoltura ai morti delle fosse comuni. «Ora per metà la stiva del Tir è occupata da 340 culle neonatali da trasporto - spiega Luigi Iannaccone -. Sono destinate all’ospedale pediatrico ginecologico di Kirovohrad, a metà strada tra Čop e Kiev, dove ogni giorno nascono in media una ventina di bambini. Ancora una volta ringraziamo aziende e cittadini che condividono con noi lo sforzo di aiutare questa gente che soffre». Il presidente di Seirs non dimentica i volontari che in sede hanno a lungo lavorato per assemblare le culle.
Con Luigi Iannaccone, il fratello Paolo e Paride Rabaglia, che si danno il cambio al volante, scacciando la noia della strada a suon di battute immancabilmente in dialetto. Una bella mano in questo gliela danno Franco Zanichelli e Cesare Beghi, pronti a instillare maligni dubbi sulla giustezza della strada. Con loro, Natalia Kobyliatska, preziosa a Parma, per tenere i contatti con l'Ucraina e ancora più preziosa qui, dove l'inglese non è così diffuso.
La quinta spedizione dei volontari di via Mantova ruota attorno a 340 confortevoli e fragili gusci destinati ad accogliere neonati che hanno la sventura di nascere nel momento e nel luogo sbagliati. Trasporta un inno alla vita, l’autotreno partito ore prima del pulmino dall’ex centro stampa della Gazzetta. Quanto mai azzeccato è il logo, sul telone del rimorchio: una bambina che salta la corda.
Alberto Benazzi, il padroncino di San Polo di Torrile che si è messo a servizio della Croce gialla le volte scorse ha dovuto dare forfait. Così, grazie all’intervento di Dsv e di Lanzi trasporti, si è coinvolto Steve, un camionista ungherese di rientro dall’Inghilterra. «Felice di esservi utile» ha commentato lui, concedendosi una mezz’ora di riposo appena e il pranzo con i volontari in via Mantova, prima di tuffarsi al volante del suo bestione nel forno padano del mercoledì pomeriggio. Rotta verso est. Sotto il telone color arancio, quaranta bancali per una decina di tonnellate. Meno del solito: le culle, che per volume rappresentano la metà del carico, hanno un peso specifico inferiore a molti altri generi trasportati finora. Nemmeno da fare il confronto con le sacche salme. Quanto gravino sulla memoria le grandi e spesse buste impermeabili blu con le sei maniglie laterali rosse lo sanno solo i volontari. Bare pieghevoli portate vuote sapendo che presto sarebbero state riempite con i miseri resti di esistenze spezzate. Portare le culle ora significa anche chiedere scusa per interposta persona alla vita bestemmiata oltre il confine verso il quale ci si sta dirigendo. La partenza, manco a dirlo, è alle 4. Chi a quell’ora dorme non sa il fresco che si perde. Magra consolazione, perché il giorno sarà lungo eccome e bollente al di là delle Alpi come dalle nostre parti.
Alle 5 il notiziario di Isoradio annuncia il prossimo sforamento dei 40 roventi: è la seconda notizia, condita dagli aggiornamenti dal fronte degli incendi. La prima riguarda la caduta del governo, la terza un grave incidente tra Bologna e Padova (il dilemma di sempre, se passare o meno di lì si scioglie: s’imbocca la Brennero). La quarta la dottrina Lavrov: la profondità degli obiettivi dell’operazione speciale sarà direttamente proporzionale alla gittata delle armi fornite a Kiev. Ultima notizia l’analisi della Cia sull’ipotetico attacco della Cina a Taiwan. L’unico dubbio pare relativo al quando: avverrà di certo. Fine del notiziario, largo alla musica. Black canta «It’s a wonderful Life». Ma nemmeno lui sembra crederci troppo.
Per quanto si corra, Steve appare irraggiungibile. Sul suo Tir, oltre alle culle donate al Seirs anche «grazie alla collaborazione con Fondazione Munus – spiega Iannaccone -, bancali di alimenti per adulti e bambini donati anche dal personale della Questura. Pasta, biscotti, merendine. E poi lettini e passeggini e materiale scolastico e giochi da consegnare al centro di accoglienza di Zahony e ai volontari di Čop, appena oltre la frontiera ucraina, perché provvedano alla distribuzione perfino nelle zone più devastate dal conflitto». Anche dei tre bancali di polpa di pomodoro uno resterà nella cittadina ungherese al confine con la Transcarpazia ucraina. Da spartire tra i due versanti dell’emergenza umanitaria pure il bancale di forme di Parmigiano reggiano tagliate in pezzi da mezzo chilo. «Inoltre – prosegue il presidente del Seirs – trasportiamo bancali di manichette antincendio». Utili quanto mai, in questa estate in cui perfino il sole ha un ghigno feroce.
Tranne che per la coltre di fumo che aleggia sopra Trieste e costringe a evitare la litoranea, per 1300 chilometri si viaggia sotto un deserto azzurro gonfio d’afa. Un altro rogo divampa lungo l’autostrada, a metà del tragitto ungherese: sterpaglie incendiate dal classico mozzicone buttato dal finestrino. I campi non irrigati appaiono polverosi e secchi, pronti a prendere fuoco. La terra è riarsa nel cuore del Vecchio continente come da noi. Distese coltivate a granoturco ormai chiedono solo di essere falciate. Campi sterminati di girasoli stanno a capo chino come una massa di penitenti. Nemmeno una nube in cielo, neanche a sforzare lo sguardo verso est, il più possibile oltre il confine. Niente a nascondere le malefatte dell’uomo.
Roberto Longoni
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