scalo parmigiano
Chi pilota l'aereo lo sa: durante il decollo c'è un punto di non ritorno che si chiama, in gergo, «velocità di decisione». Oltre quel momento la salita non può più essere annullata se non a rischio di gravi rischi. Tradotto: a ripensarci ci si schianta.
Lo stessa sfida, paradossalmente, la possono affrontare anche le strutture dove gli aerei vanno e vengono. E in questo caso la «velocità di decisione» riguarda il futuro del «Verdi» Lo scalo di casa nostra, infatti, dopo troppi anni di indecisioni e scelte ondivaghe ha di recente lanciato i motori e puntato verso l'alto tanto che sta per staccarsi da terra. Ma qualcosa lo mette a rischio.
Il pericolo riguarda l'allungamento della pista che dopo una campagna elettorale in cui il futuro dello scalo ha acceso discussioni anche strumentali ora è materia di ulteriore dibattito. Peccato che di tempo da impegnare in riflessioni e distinguo ne sia rimasto poco.
«Si tratta di una materia in apparenza tecnica ma assai facile da comprendere – spiegano alla Sogeap, la società di gestione.- “Parma PMF” è entrato da tempo a fare parte del Piano Nazionale Aeroporti, il documento che fotografa la pianificazione strategica della mobilità italiana. Gli scali che ne fanno parte sono ovviamente quelli più importanti e devono rispettare alcuni parametri tra cui, per capirci, quello di essere intercambiabili tra di loro. E infatti il «Verdi» è entrato a fare parte del piano alla luce del fatto che è stato stabilito l'allungamento della pista che lo rende alternativo a strutture come Bologna o Bergamo. Se questo potenziamento saltasse il «Verdi» non potrebbe assolvere al suo ruolo e al suo compito. E verrebbe estromesso dal piano».
Un cavillo burocratico? Solo un voto in meno su una pagella virtuale? Per nulla. Perché in pratica si tratterebbe di una vera e propria bocciatura.
E lo scalo che ora opera come struttura di importanza nazionale sprofonderebbe al ruolo di scalo regionale o anche peggio. Sarebbe come passare da un jet ad un ultraleggero.
«L’aeroporto certificato di interesse nazionale è senza ombra di dubbio una grande opportunità per il futuro del nostro territorio - spiega il presidente della Sogeap, Guido Dalla Rosa Prati. - L’allungamento della pista è ciò che serve per diventare un aeroporto adeguato per i voli di lungo raggio e quindi per attrarre passeggeri da un bacino molto più ampio. In questi anni è stato fatto un enorme lavoro realizzando il progetto di espansione finanziato dalla Regione e il Comune, che ha partecipato a tutte le assemblee, ha più volte dichiarato il sostegno al piano industriale. Ormai tutto è pronto e la società di gestione partirà presto con le gare per aggiudicare i lavori di ampliamento».
O meglio: dovrebbe partire. Se tutti si assumessero le proprie responsabilità e si andasse ad incastrare l'ultimo tassello che riguarda la chiusura della conferenza dei servizi. «Tutto il resto c'è: dalle certificazioni ISO al contratto di programma, dalle convenzioni con il Ministero alle valutazioni di impatto ambientali per cui abbiamo recepito tutte le prescrizioni. Ora non ci si può fermare per considerazioni che non abbiano una ragione oggettiva», ricordano alla Sogeap mostrando il cronoprogramma: entro il 2024 tutto deve essere finito. L'alternativa potrebbe essere devastante e non solo in termini teorici. Spesso, infatti, lo si sottovaluta ma un aeroporto che funziona produce ricchezza. Quello di Bergamo, per citare un caso, contribuisce per l'8% al Pil della provincia mentre quello di Bologna arriva quasi al 2%. Senza dimenticare le centinaia di persone che attorno a quella striscia di asfalto lavorano. Perdere questo volano sarebbe quindi un danno per il territorio fermo restando che il destino del «Verdi» è fissato e la vocazione al trasporto passeggeri confermata. Ma per volere volare servono infrastrutture. E la pista adeguata è quella fondamentale.
«Ora serve condivisione delle istruzioni e di tutti i soggetti coinvolti affinché il progetto prosegua spedito verso la sua realizzazione - conclude Dalla Rosa Prati. - È nostro dovere rendere la città sempre più attrattiva anche per evitare la fuga dei nostri ragazzi che trovano in altre città servizi a loro più convenienti. Abbiamo il preciso dovere di guardare al futuro, dobbiamo progettare i prossimi 50 anni e unire tutti i nostri sforzi e le nostre energie per dedicare alle prossime generazioni una città viva, forte ed attrattiva».
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