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ORTI sociali

Orti del Cinghio, verdure per passione

Cinghio, verdure per passione

di Antonio Bertoncini

03 Agosto 2022, 03:01

Uno spicchio di mondo a parte, un angolo bucolico in cui sembrano regnare pace e tranquillità, «una campagna in città» la definisce Giuseppe Spina, autista Tep, prestato all’agricoltura nel tempo libero, calabrese di origine, che coltiva pomodori e altri ortaggi estivi: così si presentano gli Orti del Cinghio. Per trovarli, in via Cimabue, bisogna proprio andarli a cercare.

All’ingresso c’è un fabbricato di servizio, abbastanza ampio e accogliente, ma decisamente datato, costruito quarant’anni fa, dopo l’insediamento degli orti sociali, dai primi arrivati, che hanno speso di tasca propria e dedicato tante ore di lavoro, come precisa il consigliere Nunzio Cirignotta, ortolano dal Duemila, che ci accompagna nel tour fra i 380 appezzamenti coltivati, divisi in due comparti recintati e separati dal tratto sterrato di via Cimabue.

Anche qui c’è un pozzo dal quale viene pescata l’acqua che alimenta i singoli lotti (con le autolimitazioni decise per senso di responsabilità in periodo di siccità), e c’è il compostaggio realizzato in convenzione con la cooperativa Cigno Verde. «Il fabbricato attuale – spiega Cirignotta – è destinato a diventare semplicemente un magazzino, perché proprio cento metri più avanti c’è la Casa del Cinghio, un grande edificio d’epoca ristrutturato dal Comune, che ha promesso di assegnarlo in gestione metà agli orti sociali e comitato anziani, mentre il piano superiore sarà destinato ad ospitare altre attività di volontariato».

Ma intanto la vita degli orticoltori scorre fra vanga, zappa e raccolto estivo, con la possibilità di trascorrere un’ora in compagnia nel pomeriggio, nell’attuale sede. Qui c'è stata la ripartenza della torta fritta dopo la pandemia, un primo passo per ritrovare la socialità momentaneamente perduta.

Il viaggio fra filari di pomodori e uva, fra cipolle e verdure esotiche, ci racconta un mondo ordinato, con filari di alberi che contornano gli spazi coltivati, delimitati da recinzioni poco più che virtuali, tutti curati e in buono stato, anche se qualcuno spicca grazie all’esperienza di chi di agricoltura ci ha campato anche da giovane.

Ne va fiero Michele Isabello, infermiere, coltivatore da 5 anni e presidente del comitato orti dal 2021. Con i suoi 46 anni è il presidente più giovane dei sette orti di Parma. «Ad avvicinarmi agli orti – esordisce – sono stati due fattori: il più importante è quello che chiamo “green therapy”, l’altro, non irrilevante, è il piccolo sostegno all’economia familiare, abbinato al piacere di mettere in tavola pomodori, cipolle e insalata di qualità creati con il mio lavoro».

Michele Isabello ha portato negli orti del Cinghio l’entusiasmo della gioventù e la capacità di leggere gli eventi nei tempi nuovi. Non guarda al passato. «Il progetto più importante – spiega – è quello del trasferimento della sede nella palazzina del Cinghio, ormai legato solo al completamento di pratiche burocratiche, che dovrà segnare una svolta nelle nostre attività collettive dopo i tempi difficili del Covid. Poi, naturalmente, abbiamo aderito al progetto Ortaggi in Rete, messo in atto tramite Ancescao e finanziato da Fondazione Cariparma, con il quale consegneremo in un grande frigorifero il surplus degli ortaggi da conferire all’Emporio Solidale. Ma anche noi, come Orti del Cinghio, abbiamo ottenuto un finanziamento specifico significativo di 16.000 euro dal bando Ambiente della stessa Fondazione Cariparma. Il progetto prevede di recuperare un’area già attrezzata in precedenza nel parco di via Bramante con il ripristino e la posa di nuovi vasconi per consentire ai cittadini di coltivare l’orto in vasca sotto casa e avvicinarli al mondo dell’orticoltura. Ai bordi metteremo a dimora alcuni alberi di frutti antichi. Nei nostri orti si farà una serra coperta a caldo, per produrre le piantine destinate ad alimentare le vasche del parco».

Isabello non si ferma qui: fra i programmi ci sono anche la lombricoltura per produrre concime biologico e la posa di arnie, in accordo con Podere Stuard, per favorire l’impollinazione tramite le api. «L’area ortiva – conclude – deve attivare una rete circolare di autoproduzione e deve rispecchiare il contesto sociale, come patrimonio per tutte le comunità della città. Anche l’integrazione bisogna coltivarla».

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