Orti sociali
Mezzo secolo fa, quella vasta area a ridosso di strada Quarta che stava diventando città, era di fatto uno spazio verde spoglio e spelacchiato, ridotto a luogo di deposito del materiale di cantiere per il quartiere che stava nascendo. Proprio lì abitava Salvatore Covati, figlio di agricoltori, che il richiamo della terra non lo aveva perso. Non lo avevano perso neppure il figlio di sei anni e il suo piccolo amico, che gli avevano chiesto: «Babbo mi compri una bustina di sementi?».
Da quelle quattro bustine messe a dimora per gioco sono venuti gli orti di via Quarta: «A quei tempi – ricorda Salvatore – vivevamo tutti di pane e politica. Non mi fu difficile andare dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bianchi per chiedere di mettere in piedi un orto sociale in quell’area frutto di un lascito, eredità Fontana, vincolata ad uso pubblico. “Fate, Fate!”, rispose l’assessore. Così ci siamo attivati, abbiamo creato un Comitato e io e Pavarani, insieme ad altri cittadini della zona, abbiamo creato il nostro orto sociale, dopo aver fatto spianare e ripulire il terreno dalla cooperativa che aveva costruito il condominio. Era il 1975».
A 47 anni di distanza gli orti sono lì, avvolti nel silenzio e nella tranquillità della periferia residenziale, una immensa macchia verde che testimonia cura e attenzione. Sono un centinaio, tutti occupati, quasi tutti ben curati da coltivatori che hanno alle spalle le storie più diverse, ma vivono la comune passione per mettere in tavola prodotti fatti con le loro mani.
Il comparto è molto bello e accogliente, con un’unica recinzione che ne delimita i confini: per entrare serve la chiave del cancello, in dotazione a tutti gli ortolani.
All’ingresso c’è la clubhouse in legno, luogo di incontro e socializzazione, dotato persino di aria condizionata, e dall’altro lato del vialetto – rigorosamente solo pedonale – si trova la bacheca con i progetto di raccolta solidale per l’Emporio e con le prime pagine della Gazzetta sugli orti in bella vista. Presidente del comitato è Mauro Canola, 74 anni, agente di commercio in pensione, già presidente del quartiere San Lazzaro e oggi coordinatore del Ccv, espressione di una passione civile che si manifesta in diverse forme, dalla politica all’orto, dagli strumenti di ascolto della comunità (Ccv) al volontariato nell’Assistenza pubblica sui pulmini per il trasporto infermi.
«I nostri orti – conferma Canola – sono ordinati e ben tenuti. Abbiamo il pozzo, le vasche di deposito e un rubinetto in ogni orto, da utilizzare nelle ore consentite, perché ci siamo autolimitati. Ci sono due servizi igienici, suddivisi per uomo e donna. Non abbiamo liste di attesa, ma alcuni orti sono stati dimezzati consensualmente per dare risposta a tutti. I cento orti di oggi sono la dimensione ideale, anche se non consentono di programmare grandi iniziative di attività collettiva. Quasi tutti i nostri coltivatori sono anziani, perché hanno la precedenza, ma ci sono anche giovani sotto i 55 anni».
Il presidente, affabile e gentile, ha una parola per tutti. Ci conduce in tour fra pomodori quasi pronti per la salsa, insalata, peperoni, filari di uva, mentre ci accompagna il frinire delle cicale con il loro incessante canto d’amore: «L’orto numero uno – ci mostra Canola – è stato assegnato quest’anno ad una signora che ci tiene moltissimo. Ne abbiamo solo tre rinunciati, che assegneremo al primo consiglio utile. Quest’altro è l’orto di un agronomo, che fa le prove sul campo, è il marito della nostra vicepresidente Jolanda Dalla Bona. Qui ogni orto rispecchia la personalità di chi lo coltiva. Le donne sono una ventina, e anche noi abbiamo un orto in cassetta gestito da un signore in carrozzina».
Fra i più belli c’è quello di Vanis, ma si difende anche quello di Zoccali, che ha 95 anni e viene con la moglie a coltivare zucchini.
La spesa è pressoché irrisoria, poco più di una pizza: 35 euro l’anno compresi servizi, acqua e tessera del gestore ANCeSCAO. Unico neo, la pandemia ha messo un freno all’attività sociale: «Ci stiamo ripensando – dice Canola –, ho fatto rimuovere tutte le situazioni che non erano a norma con le regole per cucinare: oggi ci sarebbero le condizioni per ripartire senza grossi numeri. Con cento soci è un po’ difficile creare occasioni per incontri collettivi. Ma lasciamo passare l’estate e poi si vedrà».
Antonio Bertoncini
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