Cassazione
Lo aveva stabilito il tribunale di Reggio Emilia, l'aveva ribadito la Corte d'appello di Bologna. Ora il terzo sigillo, definitivo. Anche la Cassazione ha riconosciuto il risarcimento di 300mila euro alla Provincia di Parma parte civile nel processo Aemilia contro le cosche di 'ndrangheta. La cifra è la medesima stabilita dai giudici nella sentenza di primo grado: solo accresciuta delle ulteriori spese legali che nel frattempo l'ente è stato obbligato a sostenere, dovendo portare la causa fino davanti alla Suprema corte.
Ora, resta da incassare. E questa con ogni probabilità sarà la parte più complicata di tutta la vicenda: facile prevedere tempi lunghi. Soprattutto perché non di danno patrimoniale si parla, ma all'immagine. Tuttavia, già da solo, il verdetto rappresenta un segnale importante per un territorio che ha deciso di tenere alta la guardia di fronte al rischio di infiltrazioni mafiose. Una vittoria che la Provincia, difesa dall'avvocato Matilde Rogato, condivide con i comuni di Sala Baganza e Parma. Al primo, rappresentato dall'avvocato Livio Di Sabato, la Cassazione ha riconosciuto la provvisionale di 250mila euro; al capoluogo, difeso da Stefano Sarchi, il risarcimento di 200mila.
La storia per l'ente si chiude meglio di come si sia aperta, ormai sei anni fa. «Quando decidemmo di costituirci parte civile - ricorda Andrea Massari - non tutti ci seguirono con convinzione». È forte anche di questo rivcordo la soddisfazione di Massari, attuale presidente della Provincia e allora consigliere delegato nella giunta guidata da Filippo Fritelli. «A lui innanzitutto va il mio ringraziamento - sottolinea Massari -. Alla fine si è dimostrato che questa era la strada giusta». La strada che i due amministratori indicarono con una proposta all’Assemblea dei Sindaci, riuniti alla presenza del governatore Stefano Bonaccini a sua volta fautore dell’iniziativa.
«Parliamo di un processo scaturito da un’inchiesta - spiegò allora Fritelli - che ha tolto a molti l’alibi per continuare a credere in una sostanziale estraneità del territorio al giro d’affari della malavita organizzata e ha messo ogni comunità locale di fronte alla necessità di agire. Agire con determinazione, con estrema trasparenza e, soprattutto, aprendo una nuova stagione di impegno solidale e collaborativo». Massari ora si augura di poter utilizzare i 300mila euro per attività di formazione contro la mafia. Una piaga da combattere da prima di Aemilia. «Da tempo - ricordò al momento della costituzione di parte civile - pubblicazioni scientifiche e istituzionali, come i Quaderni della Regione Emilia-Romagna, hanno studiato e collocato con estrema precisione il fenomeno mafioso anche a Parma e nel Parmense». Erano sei anni e mezzo fa. Quasi un'altra era.
rob.lon.
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