×
×
☰ MENU

Festival Verdi

«Simon Boccanegra»: applausi a i cantanti, «buu» alla regista

«Simon Boccanegra»: applausi a i cantanti, «buu» alla regista

di Lucia Brighenti

26 Settembre 2022, 03:01

«Simon Boccanegra» movimentato, ieri sera al Teatro Regio: finale tra i «buu» alla regista che ha risposto facendo il gesto del “cuore” con le mani. L’ultimo titolo del Festival Verdi ha scontato la scelta di una regia attualizzata che, si sa, difficilmente passa le maglie del giudizio del pubblico. Promossa però a pieni voti l’opera dal punto di vista musicale, con un cast ben equilibrato e molto applaudito. Se prologo e primo atto sono scorsi bene, all’aprirsi del sipario sul secondo atto, ambientato in una macelleria con otto quarti di bue appesi, dal loggione si è levata una voce di donna che ha gridato «Verdi non era un macellaio, Verdi era un genio!», accompagnata da altri spettatori che hanno rincarato con «Vergogna!». C’è stato però anche chi ha applaudito per favorire il riprendere dello spettacolo di Valentina Carrasco che, a onor del vero, se pecca di qualche eccesso ha anche degli aspetti positivi.

In scena la versione del 1857 del «Simon Boccanegra»: non quella consacrata dal repertorio, quindi, ma quella originale, nata per il Teatro La Fenice di Venezia. Indubbiamente un’operazione adatta al Festival Verdi, anche perché per la prima volta sono stati integrati nell’opera gli ultimi ritrovamenti autografi di Verdi del baule di Villa Sant’Agata. Una versione che suona familiare e al tempo stesso nuova: mancano il preludio marino e la scena del Consiglio, ci sono invece brani poi eliminati da Verdi nel 1881, come la cabaletta di Maria/Amelia, altre pagine sono le medesime ma cambiano dal punto di vista armonico. Si potrebbe dire quasi un’altra opera, che è valsa la pena di riscoprire.

Come si diceva, la regia di Valentina Carrasco con le scene di Martina Segna, i costumi di Mauro Tinti, le luci di Ludovico Gobbi sceglie come ambientazione il porto di Genova. La città è la stessa Repubblica Marinara in cui si svolge anche il dramma di Antonio García Gutiérrez, ma il tempo cambia: non più il Trecento ma gli anni Settanta del Novecento, quando le lotte di classe coinvolgono i lavoratori portuali e quelli dei macelli che spesso erano ubicati vicino agli scali dei mercati marittimi. Il prologo funziona bene, i video iniziali calano l’azione nella crudezza del trasporto bestiame, violenza che simboleggia quella dei rapporti di forza della politica. Anche la psicologia di Fiesco e Simon Boccanegra viene ben tratteggiata, i cambi luce sono studiati con attenzione come la regia dei movimenti, specie nelle scene corali come il finale del primo atto. Rimane effettivamente qualche eccesso come il calcare la mano sull’ambientazione: nel terzo atto i quarti di bue diventano ventiquattro, calati sino a frapporsi tra Fiesco e Simon Boccanegra.

Apprezzatissimo il cast protagonista di un’ottima prova, con un quintetto di solisti che ha guadagnato numerosi applausi anche a scena aperta: Vladimir Stoyanov (Simon Boccanegra), Roberta Mantegna (Maria/Amelia), Riccardo Zanellato (Jacopo Fiesco), Piero Pretti (Gabriele Adorno), Devid Cecconi (Paolo Albiani). Completavano il cast, Adriano Gramigni (Pietro), Chiara Guerra (Un’ancella di Amelia).

Apprezzata anche la direzione del maestro Riccardo Frizza sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e come sempre applauditissimo il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani.

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI