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Al Regio

Lella Costa racconta Giovanna D'Arco: «Come le giovani iraniane di oggi»

Lella Costa racconta Giovanna D'Arco: «Come le giovani iraniane di oggi»

di Anna Pinazzi

04 Ottobre 2022, 03:01

Lella Costa è attrice, drammaturga, autrice, «tessitrice». Cuce stati d’animo, storie, rappresentazioni con la sua sensibilità, la sua voce calda, l’interpretazione così vera. Per Parma, in occasione del Festival Verdi, ha confezionato un vestito su misura: il suo spettacolo «Giovanna – La pulzella, la fanciulla, l’allodola» (questo venerdì alle 20.30 al Regio).

In prima assoluta, racconterà al pubblico del Regio la sua personale Giovanna D’Arco in un reading scritto con Gabriele Scotti e accompagnata dalle musiche del maestro Verdi eseguite dal duo Faccini. Musica e parole rompono i confini di spazio e tempo, travalicano storie, amori inventati e reali, aspirazioni, paure. E guardano in faccia alla fragilità e al coraggio insieme di quella giovane – appena diciassettenne – che è diventata l’eroina della Francia: in un baleno, sulle sua piccole spalle, è piombato il peso di un intero Paese. Scricchiola il terreno sotto di lei solo, però, quando l’accusa di eresia segna la sua fine. Giovanna, come rivela il suo nome, è un «dono di Dio», che anche oggi ci insegna e ci parla.

Lella Costa, da dove parte l’idea di creare uno spet-
tacolo su Giovanna D’Arco?

«È uno spettacolo pensato appositamente per il Festival Verdi. In passato nel mio spettacolo “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione” ho portato sul palco tanti volti femminili, tra cui anche quello di Giovanna D’Arco. Così, parlando con i responsabili del Festival, è stato abbastanza immediato voler approfondire la storia e la vita di questa grande giovane donna. Per farlo, io e Gabriele Scotti abbiamo riletto e analizzato i libretti della Giovanna D’Arco di Verdi, insieme a tante altre opere come “L’Allodola” del drammaturgo Jean Anouilh. Poi la figura di questa giovane portata sugli altari e poi abbandonata in un angolo e condannata è molto affascinante, poiché resiste al tempo e ai cambiamenti. È, a tutti gli effetti, un mito pop».

Quindi cosa può dirci ancora oggi Giovanna D’Arco?

«Giovanna era una donna messa al rogo perché rischiava di diventare un esempio, di portare un cambiamento. Pensiamo anche oggi quante giovani donne, in questi ultimissimi anni sono state metaforicamente messe al rogo e meno metaforicamente giustiziate perché rappresentavano qualcosa di diverso, un’idea nuova, una verità? In questi giorni lo abbiamo vissuto con la vicenda della donne iraniane».

Se, quindi, lei potesse incontrare Giovanna, cosa le direbbe?

«Cercherei di risarcirla. Le è stata rubata la vita, tolta la parte più bella, la giovinezza. E mi piacerebbe chiederle qual è la sua versione, perché ciò che sappiamo di lei arriva sempre dalle parole di altri. Le chiederei cosa l’ha guidata, cosa l’ha resa capace di stare a capo di un esercito e da dove veniva tutto quel coraggio».

Passato e presente, musica e recitazione. Cosa deve aspettarsi il pubblico parmigiano?

«Un ritratto non convenzionale. E di sentirsi raccontare una storia. Ringrazio tanto il pubblico, che si è fidato di me. Spero, dunque, di essere una brava affabulatrice e di divertirli, nel senso più letterale del termine, che significa “portare da un’altra parte”. Metterò tutto il mio impegno per permetterci un piccolo spostamento in un altrove, tutti insieme».

Anna Pinazzi

© Riproduzione riservata

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