Sos ludopatia
Maschio di mezza età, con un lavoro e nessun problema di tipo psichiatrico, perfettamente inserito nel proprio contesto sociale.
Si potrebbe descrivere così il profilo del giocatore d’azzardo tipo, tracciato dall’Azienda Usl di Parma grazie anche alla collaborazione con i gruppi di giocatori anonimi. Nel 2021, le persone ludopatiche in carico ai Servizi per le dipendenze patologiche dell’Ausl erano 30 (17 delle quali nel distretto cittadino), cifra che, rispetto alle 107 del 2017, l’anno con i numeri più alti dal 2006, registra un calo.
«Molto ha avuto a che fare con la chiusura delle sale slot a causa della pandemia - specifica la psichiatra Simonetta Gariboldi, facente funzione responsabile del SerDP di Fidenza, che si occupa di gioco d’azzardo dal 2008, periodo in cui è esploso il fenomeno in Italia -. Oltre a esserci stato uno switch al Gratta e vinci e alle lotterie istantanee, con le chiusure molti si sono rivolti al gioco online e questo produce un’invisibilità che non ci permette di quantificare».
E se l’utente tipo corrisponde all’uomo medio, che ha una modalità di approccio più impulsiva e legata all’ebbrezza della vincita, il gioco di donne e anziani è più legato ad aspetti depressivi e di «auto-cura».
«Esiste poi il gruppo del poker online, in cui i sistemi informatizzati ti portano a giocare anche tutto il giorno e dove esiste un anonimato molto forte, con una dispercezione della spesa fatta, perché con la carta di credito non si ha il polso di quanto si spende», spiega la psichiatra, inserendo in questa tipologia di giocatori anche tanti ragazzi. Per Gariboldi un giocatore problematico per definizione non è possibile: «Non c’è un algoritmo che ci guidi: il numero di ore giocate, i soldi persi e la tipologia di gioco, di per sé, non sono caratterizzanti. Come tutte le patologie giocare, drogarsi o bere acquista un significato patologico nel momento in cui la persona inizia a manifestare delle caratteristiche, come per esempio il desiderio compulsivo di giocare sempre di più altrimenti non è soddisfatto o delle reazioni, in assenza di gioco, simil-astinenziali, come il nervosismo. Ci sono criteri che non sono oggettivi ma contestuali perché il gioco, per essere patologico, deve produrre qualcosa».
In base a quanto riferito dalla specialista, l’Ausl ha istituto un protocollo di intervento efficace: «Noi appoggiamo il giocatore alla nomina di un tutor o un amministratore di sostegno che va a modulare il lavoro; poi offriamo un trattamento individuale e di gruppo psicoeducazionale, per i pazienti ma anche per i loro familiari, dove si insegna a capire i sintomi precoci e, infine, abbiamo istituito degli sportelli che aiutano nei casi di sovraindebitamento, così come esiste un ausilio pratico nella gestione del denaro».
Giovanna Pavesi
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