Fidenza
Chi ha assistito ad almeno une della altre due precedenti esibizioni fidentine a «Mangiamusica» (2018 e 2021), sa che non potrà che essere una serata magica. Sarà Davide Van De Sfroos il protagonista - domani sera alle 21 al Teatro Magnani (ingresso libero fino ad esaurimento posti, senza prenotazione) - della rassegna ideata e diretta dal giornalista Gianluigi Negri. L'evento con il cantautore lombardo sarà davvero qualcosa di speciale: è infatti l'unica tappa emiliano-romagnola del «Maader de Autünn Tour», nato dal suo ultimo album del 2021 - realizzato in pieno Covid - che si presenta un po' come un ritorno alle origini.
Davide, che caratteristiche ha questo tour che porti al Magnani in versione autunnale?
«Va detto che il teatro di Fidenza è sempre stato un luogo importante per noi. Permette di avvicinarci a chi di solito invece si deve muovere per venire dalle nostre parti. E' magnifico: ci piace la sua forma, la sua struttura, è ''raccolto''. Se le volte precedenti c'ero solo io, stavolta però riportiamo sul palco tutta la band che mi ha accompagnato in questa lunga avventura partita l'inverno scorso».
Ci saranno anche delle sorprese in scaletta?
«Sarà una scaletta molto autunnale, appunto, con brani del passato: torna New Orleans, La machina dello ziu Toni, 40 pass, il Costruttore di motoscafi, ad esempio. Non mancheranno ovviamente brani di Maader Folk ma abbiamo voluto togliere tutti i cappotti autunnali che avevamo nascosto negli armadi e che la gente sentiva il bisogno di indossare. Il fantastico teatro Magnani, poi, ti dà sempre l'impressione di essere nel salotto di qualcuno».
Dunque con questo bellissimo ultimo lavoro un ritorno al folk, alle origini, anche se con nuove sonorità...
«Folk è una parola ma è anche uno stato d'animo, come il blues e il jazz. È anche un modo di vivere che hai fortemente attaccato addosso e del quale non ti liberi. Ogni tanto poi devi giocare con altri suoni, altri stili, sperimentando, magari anche con altri musicisti. Ma poi arriva un momento in cui senti forte il bisogno di sottrarre determinate cose e tornare alla terra, a certe tematiche. Oppure l'esigenza di raccontare le nostre valli ma non di ''quel bel tempo che fu'', ma guardandole anche sociologicamente per quello che sono, con la loro magia che non è mai venuta meno».
Con la mistica «Oh Lord» tocchi i temi della spiritualità e del bisogno di trascendenza per l'uomo. Sappiamo che era nata tanti anni prima e poi è stata inserita nell'album, ma visto il periodo che stiamo attraversando non sembra un caso...
«Eh sì, abbiamo messo un piede fuori dalla pandemia e ci siamo trovati in una guerra. Più tutto ciò che ci circonda: il malcontento, il modo che abbiamo, avvelenato, di interfacciarci con noi stessi, un imbarbarimento di usi e costumi. E soprattutto nella morale. Quindi siamo spaventati, ma a questo Lord non chiediamo di risolverci i problemi, gli chiediamo almeno una vocale, una consonante, un aiuto per dirci: dimmi se almeno la direzione è quella giusta».
Recentemente, sei stato protagonista di un cameo nell'ultimo disco di Francesco Guccini, «Canzoni da intorto». Che incontro è stato?
«È stata una grossa, bella sorpresa. Ci siamo trovati con altri artisti tutti in presenza del ''maestrone'', là in Appennino, ed è stato bello raccontarci tutte le nostre ''bagolate''. Lui ha una memoria lucidissima, sempre grande. E quindi in ''Ma mi'' e in ''Addio a Lugano'' so di esserci nascosto anch'io, insieme agli altri. Insomma hai detto giusto, è stato un cameo».
Non è il caso della serata di domani, dove le tue canzoni saranno le protagoniste, ma la rassegna Mangiamusica, che conosci bene, ha la caratteristica di unire il cibo del territorio con grandi artisti. Che rapporto hai tu con il cibo? Qual è il piatto a cui non rinunceresti per niente al mondo?
«Non sono un goloso di dolci, però sono uno di quelli che se gli metti lì davanti una pasta all'arrabbiata fatta nel modo giusto... Certo, ora non sono più un ragazzino e quindi o un primo o un secondo... Ho sempre mangiato molta pasta, pizza, bevuto vino rosso. Mi piacciono certi tipi di formaggi».
Te l'ho chiesto anche perché qualcuno pensa che ti nutra solo di pulènta e missultèn o galèna frègia....
«(Ride) In realtà sono abbastanza meridionale nei gusti, nonostante non disdegni trippe, casoeûla e polenta che fan parte della nostra cultura...».
Se non sbaglio, una volta Lucio dalla confessò che «Santa Lucia» di De Gregori è la canzone che avrebbe voluto scrivere lui? Ce n'è una che avresti voluto scrivere tu?
«Oh... ce ne sono tantissime, ma una per tutte che mi commuove sempre, scritta in un dialetto che non è il mio ma è quello genovese e che appartiene al disco «Crêuza de mä», è «D'ä mê riva», che ho cantato una volta trasformata, appunto, nel mio dialetto. È un diamante appoggiato lì. De Andrè e Pagani hanno fatto un totem della malinconia. Di mare, della partenza: ...''mi perdonerai il magone ma ti penso controsole...''»
Ultima curiosità: c'è un video che gira in rete con un insolito duetto che ti vede coinvolto con l'attuale premier Giorgia Meloni: cantate insieme «Pulènta e galèna frègia»...
«È vero, stiamo parlando di una quindicina di anni fa. Sapevo che lei è una mia fan come altri appartenenti a diversi schieramenti. Ha dimostrato di sapere a memoria le mie canzoni... è lei che era venuta a cantare con me, non io da lei. Sono canzoni molto libere, destinate a tutti, che non sono mai sul pulpito della politica... Lei sapeva che non ero politicamente coinvolto con il suo partito e all'inizio aveva paura di danneggiarmi in qualche modo, ma poi abbiamo cantato insieme. Ma è una roba di quasi quindici anni fa...».
Leonardo Sozzi
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