LUTTO
Agli amici di una vita risuona la frase che ripeteva sempre: «Ricordati, un medico ti deve guardare negli occhi». E lui, Tiberio D'Aloia - grande cardiologo ed ex presidente dell'Ordine dei Medici scomparso a 85 anni - ha guardato negli occhi di tantissimi: per vedere l'essenza profonda di uomini e donne oltre la diagnosi, oltre la malattia, oltre la superficie.
Nato a Manerbio, nel Bresciano, era arrivato a Parma per frequentare la facoltà di Medicina e chirurgia e qui aveva trovato ciò che gli fece decidere di non andarsene mai più: gli insegnamenti appassionati di grandi maestri di scienza, la strada della professione, le amicizie solidissime e l'amore. Quello per Luciana Argenti, piacentina conosciuta nel 1951 al momento dell'iscrizione in Università e diventata compagna di studi, di laurea, di mestiere e di 64 anni «nella buona e nella cattiva sorte»: che qui non è solo formula, ma impegno vero e quotidiano. Insieme hanno costruito una famiglia «larga» e unita. Dei quattro figli - Cecilia, Silvia, Antonio e Laura -, la primogenita e il terzogenito hanno seguito le loro orme: radiologa e responsabile del Centro senologico del Maggiore lei, cardiologo a Brescia lui. E negli ultimi anni, pur segnati dalla malattia, c'è stato lo spazio e la forza per donare ai nuovi arrivati, Stefano e Giulia, l'inesauribile affetto di nonno.
«Siamo ed eravamo fratelli»: toglie il «quasi» e il «come» Angiolino Landini, ex primario della radiologia del Mangiagalli di Milano, anche lui arrivato a Parma per gli studi. Un legame iniziato in università e mai esauritosi. «Di Tiberio mi ha sempre colpito la disponibilità per tutti i pazienti, soprattutto quelli indigenti: li visitava a frotte, senza esigere un quattrino». Era anche così che interpretava la professione di medico: prima di base e poi nella sua specializzazione in Cardiologia. «Il suo aggiornamento scientifico è stato costante e continuo. Non gli scappava mai niente, e quando si trattava di fare diagnosi particolari i colleghi lo chiamavano da tutta Italia per consultarsi con lui».
Era cresciuto alla scuola dei giganti della cardiologia e cardiochirurgia, su tutti quel Gian Carlo Rastelli che inventò tecniche operatorie che permisero di salvare moltissimi bambini e bambine e con cui D'Aloia instaurò - racconta Landini - «un'amicizia che aveva qualcosa di divino, di sacro».
«Tiberio è stato uno dei riferimenti per la cardiologia ma anche per la tipologia di approccio ai pazienti: con la sua grande umanità e levatura morale è stato un antesignano della relazione medico-paziente», sottolinea Pierantonio Muzzetto, che nell'Ordine gli è stato vice per 14 anni, per poi prenderne il testimone. «Il nostro è stato un sodalizio importante, molto coeso, abbiamo lavorato in grande armonia». Uno dei traguardi tangibili è la nuova sede inaugurata nel 2008, ma restano soprattutto «i contributi di etica e bioetica che abbiamo portato anche nelle commissioni nazionali più importanti, compresa quella deontologica e del centro studi». Racconta di un medico sempre «entusiasta e scrupoloso, attento all’attualità e alle innovazioni della professione, e anche al rapporto fondamentale che esiste con le istituzioni territoriali nell’ambito della salute: con lui siamo entrati nella Conferenza sociosanitaria ai tempi del presidente della Provincia Andrea Borri e ha dato un grande aiuto nella progettazione della sanità in questa città».
«Per far capire chi era il D'Aloia medico e uomo mi basta un aneddoto - dice con commozione l'imprenditore Marco Rosi- . Mia madre venne operata a Milano tanti anni fa, e lui non solo ci accompagnò, ma restò al suo fianco per tutte le cinque ore di intervento a cuore aperto». «E' un dispiacere enorme, un pezzo della mia vita è andata con lui. L'ho conosciuto nel 1970, era il medico di base di mia moglie, e alla fine si prese in carico tutte le generazioni della famiglia. E’ stato un amico fraterno oltre che un ottimo uomo di medicina».
C'è anche una passiona sportiva che ha portato nella vita di D'Aloia amicizie di lunga data: il tennis. «Già da ragazzino si era fatto notare durante qualche gara. poi venne a Parma e cercò, insieme a un amico di Manerbio, un luogo dove poterlo praticare», racconta l'avvocato Piero Bazini. Erano i tempi della Raquette, «lui era un ottimo giocatore, noi un po’ più scarsi: invidiavamo il suo splendido rovescio e ammiravamo la sua correttezza in campo, i valori veri che lo sport sa esprimere e che ci ha uniti poi per la vita», sorride con dolcezza Bazini, che nel 1965 è stato tra i fondatori del Tennis Club di Mariano, dove d'Aloia lo ha subito seguito. «Tiberio - continua - era una persona eccezionale sotto tutti i profili: sempre disponibile, pieno di incoraggiamenti, lo è stato anche nella malattia. Ed è stato il mio protettore quando ho avuto bisogno del medico oltre che dell’amico».
Sui campi in terra rossa è nato anche un altro grande legame: quello con il commercialista Alberto Piantella: «Siamo stati amici più di 60 anni, lui è stato forse il miglior tennista che Parma abbia avuto e le ore più piacevoli della settimana erano quelle in cui ci trovavano a giocare insieme ad altri amici». Quando l'età e qualche malanno li hanno costretti ad appendere la racchetta al chiodo era rimasto almeno un appuntamento mensile a cena. «Affrontavamo argomenti tra i più vari, e normalmente era sempre lui a proporre il tema della serata. A volte era la religione, a volte la quotidianità, a volte il senso della vita, il mondo che cambiava. Non erano mai chiacchiere banali e da Tiberio arrivava sempre un grande contributo di riflessione grazie alla sua estrema sensibilità, la sua correttezza, la sua etica assoluta. Ci mancherà tanto».
L'ultimo congedo, l'ultimo ideale abbraccio potrà avvenire oggi dalle 14.30 alle 18.30 nella sala del commiato di viale Villetta 16/a e poi domani, partendo alle 14.45 dalla stessa Sala per dirigersi alla Chiesa dello Spirito Santo, dove saranno celebrati i funerali.
Chiara Cacciani
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