fornovo
ieri è morto Anselmo Bocchi, un pezzo della storia contadina parmigiana. La malattia l'ha vinto, ha combattuto da par suo. Sino a ieri appunto. E scrivere che Anselmo Bocchi di mestiere faceva il norcino era poco, certamente riduttivo. Anselmo Bocchi era un tassello della storia parmigiana. Se è vero che dalla tavola, dalle tradizioni gastronomiche, dalle lavorazioni artigianali si può capire un popolo, ecco, allora Anselmo Bocchi era un capitolo importante di questo libro. Forse più di un capitolo. Lui, che abbandonò la professione di geometra per portare avanti l'azienda del fratello scomparso, la «Lucedio Bocchi». Lui che da ragazzo seguiva il padre nella preparazione dei salumi, applicando l'arte norcina dei grandi «massalini» della Bassa, da dove proveniva la sua famiglia.
Una crescita costante, con una qualità crescente. Passo dopo passo per riportare in tavola quei sapori e quei saperi che appunto sono la storia di un territorio, storia di contadini, storia di fatica. Quando le mani non possono essere sostituite da nessuna macchina, quando «far su» il salume è un'eredità che si tramanda appunto di padre in figlio.
E la sua soddisfazione vera, più del successo commerciale dei suoi prodotti, era far assaggiare quei prodotti, spiegarli, annusarli, sentirli, guardarli, toccarli, gustarli: un trionfo dei sensi con il salame o il culatello o la spalla o la pancetta. Da quei maiali di cinta o dai neri. Una garanzia, tanto che i suoi clienti, soprattutto ristoranti e grandi gastronomie, espongono fieri il nome del loro fornitore, «Salumi Bocchi», al fianco dei suoi prodotti. Nei menu, nelle vetrine, i giovani lo chiamerebbero «brand» affidabile. Per noi ancora legati al mondo contadino si trasforma in «fiducia». Sicurezza di qualità e bontà.
E la storia Anselmo Bocchi l'ha firmata sul sito dell'azienda, dove spiega che «all'inizio, più di 50 anni fa, furono mio padre Nino e mio fratello Lucedio a iniziare la lavorazione artigianale del maiale secondo il sapere e le ricette dell'uso casalingo; poi, qualche anno fa, ho ripreso il mestiere di famiglia e mi sono messo nel solco di quella tradizione che, altrimenti, avrebbe rischiato di perdersi». L'importanza delle tradizioni confermata attraverso un profumo, un gusto. «Con passione e umiltà, col sostegno di mia cognata Carla Soliani (palato finissimo e signora del negozio), di mio figlio Ruben (saranno loro a proseguire il lavoro di Anselmo ndr) e di un paio di collaboratori lavoro nel mio laboratorio fedele a pochi principi e a un identico modo di fare». Facile, no? Facile da scrivere, facile da dire. Ma la fatica quotidiana è stata tanta, ripagata da un successo cristallino.
Chichibìo, nostro autorevole collaboratore nelle pagine di Gusto, ricorda così l'amico Anselmo: «Uomo onesto, sorridente, sempre disponibile, elegante, grande norcino. Amava la famiglia, la vita, gli amici. Era buono e generoso, forme supreme dell'intelligenza». E, aggiungiamo noi, mai ha perso quella semplicità che contraddistingue i grandi uomini della nostra terra: bastava sentirlo parlare dei suoi salumi, con una disponibilità unica. Sempre con quel coltello in mano pronto ad affettare un buon salame. Quanto ci mancherai Anselmo.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata