×
×
☰ MENU

Congedati Folgore

El Alamein, la memoria rivive nel lancio di 44 paracadutisti

El Alamein, la memoria rivive nel lancio di 44 paracadutisti

di Roberto Longoni

05 Gennaio 2023, 03:01

Visto dall’alto, il deserto dove morirono a migliaia è uno sterminato monumento di sabbia, sassi e rocce. Da 80 anni il silenzio che gli aleggia sopra non è più lo stesso: troppo, il sangue bevuto da questa terra. Sorvolandola, ognuno, con lo sguardo all’ingiù dal C130 dell’Aeronautica egiziana le ha dato la forma che meglio ha creduto: un po’ come si fa dal basso, osservando le nubi. Poi, staccandosi a raffica dalla fune di vincolo un secondo dopo l’altro, chi era a bordo si è tuffato tra i propri pensieri, verso la pace, dove a fine ottobre del 1942 crepitavano le mitragliatrici, esplodevano le bombe e avanzavano i carri armati di Montgomery, fino a quando un soldato della Folgore non ne bloccava uno, armato di una mina portata a mano tra i suoi cingoli.

I Leoni della Folgore: paracadutisti senza paracadute, soldati senza rete assistiti solo dal loro coraggio. Sconfitti dalla sete e dalla fame, ebbero dagli inglesi l’onore delle armi, al termine della battaglia che segnò la prima svolta della Seconda guerra mondiale, la fine dell’inizio delle fortune dell’Asse. Da anni, Valter Amatobene, parmigiano direttore della rivista «Congedati Folgore», è impegnato sul fronte della memoria di El Alamein. Titolare di un’azienda specializzata in logistica no limits, ha preparato le spedizioni, ideato e progettato le missioni sul terreno e le staffette tra le postazioni del fronte (è anche un podista estremo, da lampada frontale, solitario in Appennino: uno che corre coi lupi...) alle quali non hanno potuto fare a meno di partecipare gli ufficiali egiziani di scorta, in segno di stima e condivisione. Sentimenti che vanno al di là di alleanze e ideologie, se legati al rispetto per chi ha pagato con la vita la fedeltà alla bandiera. Amatobene è il vicepresidente del Progetto El Alamein che coinvolge l’Università di Padova (il presidente è Aldino Bondesan, docente di Geografia fisica e Geomorfologia) e i Congedati Folgore e ogni anno porta nel deserto egiziano decine di italiani e provvede al censimento e alla mappatura del fronte, oltre al riallestimento del museo del sacrario dei nostri Caduti. Stavolta, si è andati oltre, con il lancio di 44 paracadutisti italiani e quattro egiziani su quella che allora fu la linea del fuoco.

«I paracadute - spiega Amatobene - erano forniti dall’Esercito egiziano, così come il C130 che ci ha portati in quota (così come i caschi simili a piccoli turbanti). I paracadutisti egiziani ci hanno anche ospitati, mettendoci a disposizione il loro centro sportivo per i due giorni di ricondizionamento prima della missione a El Alamein». Un lancio laggiù: non era mai accaduto, tanto meno durante i giorni della battaglia. Farlo ora ha rappresentato l'estremo risarcimento a chi combatté senza neppure l’effigie del proprio brevetto. «Gli uomini della Folgore se l'erano dovuto scucire dalle maniche. Dopo essersi addestrati per assaltare Malta e poi Alessandria d’Egitto, vennero mandati in prima linea come fanti, con il nome di “Cacciatori d’Africa”. I loro paracadute rimasero immagazzinati a El Daba». Tenuti a terra, fuori dal loro elemento come gli alpini nelle steppe russe, anziché in montagna (con i muli tra camion e carri armati). Dei quattromila schierati, a casa ne tornarono meno di 600.

Nell'ottantesimo di quei giorni terribili, i 39 paracadutisti lanciati con la fune di vincolo da 800 metri sono atterrati sulla doppia collina di El Himeimat, a quota zero (ribattezzata per scherzo Di Bei Mat) e via via nella depressione di El Qattar, a 170 metri di quota sotto il mare. L'ultimo infine a quota 105, dove la sesta compagnia Folgore sostenne il primo assalto inglese. Altri cinque paracadutisti, tra i quali Amatobene, sono scesi in caduta libera da 2800 metri, portando con sé la bandiera della missione. Con loro, anche quattro egiziani che, oltre al proprio stendardo, sventolavano il tricolore. «Ottobre è un mese ventoso e nuvoloso - sottolinea il direttore di “Congedati Folgore” - e se solo avessimo deciso di chiudere il conto con la Storia l'indomani non sarebbe stato possibile: pioveva a dirotto. Ma il giorno della missione l'aria era ferma, le nuvole rade». Il cielo ideale, per essere riconsegnato a chi ci morì sotto, senza nemmeno averlo potuto attraversare nell'ultimo lancio.

Roberto Longoni

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI