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Arte

Didi Bozzini: «Goya-Grosz, così è arrivato il successo»

Didi Bozzini: «Goya-Grosz, così è arrivato il successo»

di Katia Golini

07 Gennaio 2023, 03:01

La satira, il dramma, l'impegno sociale e politico, il passato che si ripete, perché l'uomo non impara dai propri errori. Mancano pochi giorni alla chiusura della mostra «Goya - Grosz. Il sonno della ragione» in corso a Palazzo Pigorini (aperta ancora questo weekend e fino a venerdì prossimo). Una mostra che vede vicini due tra i più grandi maestri, due giganti in dialogo per raccontare gli orrori della guerra. I «Capricci» di Goya affiancati ai disegni e alle tele di Grosz: una mostra acuta e di estrema attualità, che il pubblico ha apprezzato, come spesso accade quando la qualità delle scelte interpretative è alta. Oltre alla grande risonanza mediatica, i 10mila e passa visitatori ne confermano il successo straordinario. Non può che esserne soddisfatto Didi Bozzini, curatore insieme a Ralph Jentsch.

Il grande successo di pubblico a cosa è dovuto?

«Con tutta la cautela e la modestia che si impongono, direi alla qualità della proposta. Due giganti della storia dell'arte, opere di notevole importanza e intensa espressività, un tema molto vicino alle preoccupazioni del nostro tempo e poi, forse, anche un allestimento che permette ai visitatori di godere di tutto ciò con una sensazione di estrema prossimità».

Della mostra si sono occupate le reti televisive nazionali e le più importanti testate giornalistiche. Quali?

«Dal Tg3 al Tg2 - con diverse rubriche come Mizar, Tg Italia, Tg Week End - a Rai Radio 3, da “Repubblica” a “L'Avvenire”, “Il Fatto Quotidiano”, “Il Sole 24ore”, “Arte”. Molti sono i giornalisti che si sono interessati alla mostra e ne hanno parlato in modo veramente positivo».

Non sono mancate le testate di settore che spesso hanno usato parole lusinghiere dando a Parma una visibilità di tutto rispetto. Come hanno raccontato questa mostra?

«"Bellissima mostra curata con grande intelligenza" (Il Fatto Quotidiano); "La mostra rivela la medesima propensione dei due artisti verso una difformità del reale da cui emergono paure e consapevolezze contemporanee" (Arte); "La mostra ed il suo ricco catalogo offrono una ricognizione completa sui momenti più importanti della ricerca dei due artisti" (La Repubblica); "Sembra l'uovo di Colombo eppure nessuna mostra aveva ancora affiancato Goya a Grosz. Accade per la prima volta" (L'Avvenire). Tutto questo, solo per fare qualche esempio».

Un indubbio successo a fronte di una spesa contenuta.

«Effettivamente, il budget della mostra era veramente ridotto e per un quarto finanziato dai due sponsor privati, Gruppo Spaggiari e Cfc Agenzia Reale Mutua. La spesa in pubblicità è stata praticamente nulla e, se ciò non ha impedito il successo di pubblico, si può comunque pensare che un maggiore impegno su questo piano avrebbe notevolmente amplificato la risonanza dell'iniziativa».

Quale è stato il filo conduttore alla base del discorso narrativo?

«Ralph Jentsch ed io siamo sempre stati convinti che l'arte possa assurgere ai suoi massimi livelli solo quando sia abitata da una forte esigenza morale. Le opere di Goya e Grosz ne sono un esempio inequivocabile. A partire da ciò, abbiamo costruito una mostra che parlasse del bene e del male andando oltre le categorie della bellezza, dell'armonia o della gradevolezza».

Un esempio da riproporre per accreditare Parma come «città della cultura». Ha qualche idea e proposta?

«Una proposta semplice: prendere le enormi risorse allocate al Teatro Regio e destinarle alla realizzazione di un museo d'arte moderna e contemporanea».

Katia Golini

© Riproduzione riservata

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