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LE TESTIMONIANZE

I colleghi del netturbino ucciso: «La gente non ci rispetta e sfreccia con l'auto senza alcun riguardo»

I colleghi del netturbino ucciso: «La gente non ci rispetta e sfreccia con l'auto senza alcun riguardo»

di Giovanna Pavesi

10 Gennaio 2023, 03:01

I loro turni iniziano presto, quando la città sta ancora dormendo. Lavorano quotidianamente per la collettività, esponendosi a tanti rischi. Eppure, per molti, sono degli invisibili. «Ci rispettano pochissimo, perché siamo considerati una ruota di scorta», dice, senza girarci intorno, Angelo Parla, operatore ecologico del Cigno Verde, la cooperativa sociale dove lavorava anche Mohamed Choukry, il netturbino che, sabato mattina, al Botteghino, ha perso la vita colpito da un’auto durante il suo turno.

«Le macchine corrono e non ti danno nemmeno il tempo di svuotare i cassonetti – continua lui -. Nessuno di noi si aspettava una cosa del genere, soprattutto su una strada come quella, che è tutta dritta e illuminata. Servirebbero più controlli, magari dei dossi, le telecamere e nelle strade trafficate qualche pattuglia in più. Anche perché, alle 5 del mattino, se capita qualcosa, chi ti aiuta?».

Parla conosce ogni rischio del mestiere, che non riguarda, però, solo la sicurezza stradale: c’è, infatti, chi li minaccia, chi li avvicina senza alcun permesso e chi li offende. «Ci confrontiamo con alcuni comportamenti irrispettosi: per esempio, se troviamo materiale non conforme non dobbiamo raccoglierlo ed è capitato più di una volta che alcuni condomini uscissero a insultare i ragazzi - conferma Fabio Faccini, presidente della cooperativa, che rileva anche un certo pregiudizio nei confronti dei suoi operatori -.È nella nostra identità riuscire a dare lavoro a delle persone che vengono da situazioni di fragilità e complesse, però il diritto alla dignità lo hanno tutti».

Durante il turno «non si pensa mai solo a svuotare i bidoni, ma si presta la massima attenzione, cercando di tenere in considerazione tutti gli elementi, dal traffico ai tempi, perché quando si è in strada tutto è possibile – aggiunge un altro collega -. Alle spalle, ho molti anni di lavoro e non ho mai avuto un infortunio, perché la vita è la mia. Ho sempre avuto riguardo e ne avrò ancora di più».

Per lui, come per molti altri, «l’incidente di sabato è stato una botta» che «speri sempre non succeda a te». «Al lavoro mi sono sempre sentito sicuro, anche perché opero con persone che adottano e seguono precise misure di sicurezza, ma sono stato spesso nel luogo dell’incidente e inviterei tutti ad avere più buon senso e soprattutto più rispetto nei confronti di chi lavora in strada per il bene comune – spiega Diego Spagnolo -. Quando scendiamo dal mezzo verifichiamo sempre, cosa che faceva anche Mohamed e nonostante abbiamo i minuti contati siamo attenti per un forte senso di responsabilità verso noi stessi e verso gli automobilisti, per non mettere a rischio nessuno».

Angelo Schisano, quando parla di Choukry, si commuove: «A Parma le vetture sfrecciano in modo micidiale. Ora saremo ancora più prudenti di quanto non lo siamo stati finora». «Ma come si fa a non vedere una persona con tutti i dispositivi di sicurezza, come il giubbotto catarifrangente e i lampeggianti?», si chiede Renato Alfieri, impiegato in un altro settore del Cigno verde e che continua a definire l’incidente di Choukry «una disgrazia terribile».

Gli operatori, che lavorano dentro e fuori città, hanno anche stilato una sorta di lista delle zone più pericolose. In base a quanto emerso, in via Traversetolo, in via Emilia Ovest ed Est e in via Spezia le macchine vanno fortissimo, ma non sono sicure nemmeno le strade più interne. «In via Milano le auto sono parcheggiate male e in via Genova, in via San Leonardo, in via Trento, in viale Mentana e in viale Fratti sfrecciano: il codice della strada non è quasi mai rispettato. «Al Comune chiediamo più controlli – conclude Antonio Felleca -. Le auto ci suonano e non ci danno il tempo di attaccare i cassonetti; veniamo superati da destra e da sinistra da macchine, biciclette e monopattini e non avvertiamo il minimo rispetto da parte della cittadinanza, anche se lavoriamo per il pubblico. Comprendiamo che le persone siano stressate, lo siamo tutti, ma è successo di essere avvicinati da soggetti con delle siringhe in mano o di essere aggrediti e questo non è giusto».

Giovanna Pavesi

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