Lutto nel mondo della musica
Tutti conoscono l'aspetto e il suono della chitarra, ma durante il '900, mentre nella musica «di consumo» è diventata, anche grazie alla sua evoluzione elettrica, lo strumento imprescindibile di quasi tutte le band, nell'ambito della musica «colta» ha faticato molto di più per trovare la propria dimensione.
Un nome tra tutti i chitarristi classici che hanno contribuito all'affermazione del proprio strumento è senza dubbio quello dello spagnolo Andrés Segovia, ma non di meno è giusto citare anche quello che all'Accademia Chigiana è stato un suo allievo e che ci ha appena lasciato a 86 anni: Enrico Tagliavini.
Concertista, didatta, organizzatore di concorsi e direttore artistico di rassegne musicali, la sua figura si può sintetizzare in un obbiettivo: l'affermazione della chitarra come strumento concertistico.
«La grande scommessa di Segovia e dei suoi allievi più attivi e volenterosi - dice il figlio Francesco - è stata quella di portare la chitarra al confronto con gli altri strumenti affrontando il grande repertorio originale. È stato il primo chitarrista italiano che ha messo i piedi sul palco della Scala negli anni '70 in un ciclo di lieder schubertiani, che comprendeva anche il suo strumento: la solista era Mirella Freni e Romano Gandolfi, che allora era il maestro del coro, lo aveva chiamato a suonare. Avrò avuto quattro o cinque anni e mi ricordo un teatrone grande». È un ricordo particolarmente prezioso perché anni dopo quel «teatrone» è diventato il luogo di lavoro di Francesco che è violinista nell'orchestra del Teatro alla Scala.
Gli anni trascorsi ad insegnare, invece, sono stati quarantatré, tanti dei quali trascorsi nel conservatorio di Parma: anche il direttore del Boito, docente di chitarra come lui, vuole esprimere il proprio ricordo.
«Era una persona – dice Luca Marazzi, l'ultimo allievo che ha fatto diplomare prima della pensione – di grandissima sensibilità umana, molto paziente, ma sempre con un certo rigore: un uomo di altri tempi e non l'ho mai visto una volta senza giacca e cravatta. Era sempre molto serio sul proprio lavoro, ma comunque comprensivo. Era un grande didatta e ha fatto la storia della chitarra in Italia: quando ha iniziato a insegnare non esistevano ancora le cattedre di chitarra nei conservatori italiani».
«Era un collega e amico di mio padre Leandro – racconta Gregorio Pedrini, altro allievo di Tagliavini – quindi lo sentivo quasi come uno di famiglia. Ricordo la sua professionalità, il suo essere preso completamente dall'insegnamento, e la sua totale devozione verso la chitarra».
Dopo la pensione nel 2006 non aveva comunque abbandonato la musica, ma promuoveva la cultura continuando a realizzare, con l'aiuto della moglie Giovanna Beuf, rassegne concertistiche come i Pomeriggi Musicali al Petitot.
Giulio Alessandro Bocchi
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