La storia
Trenta maglie di club indossate in ventitré anni di onorata carriera professionistica: nella pallacanestro femminile è un record anche solo difficilmente eguagliabile quello detenuto da Florencia Palacios. L'ala pivot argentina, classe 1985 e da questa stagione in forza alla Roby Profumi Valtarese, è entrata così nel Guinness dei primati. «La prima volta è successo quando firmai il mio venticinquesimo contratto e ora aspetto solo che venga certificato il record appena ritoccato legandomi proprio alla società di Borgotaro, la trentesima della mia carriera» commenta Palacios.
In giro per il mondo
Florencia è un'autentica globetrotter della palla a spicchi, avendo giocato in dodici paesi. Gli inizi in patria, fra le fila del Vélez Sarsfield con cui ha vinto un titolo nazionale Juniores, quindi la prima esperienza in Italia, a Chieti in A1, nel 2003. Da lì in avanti una carriera infinita, dipanatasi tra Danimarca, Spagna, Cile, Ecuador, Lussemburgo, Francia, Germania, Libano, Svezia e Islanda. E quante soddisfazioni, tra una tappa e l'altra: in Danimarca Palacios, che evidentemente con i record ha un certo feeling, è ancora oggi l'unica giocatrice della Lega a non aver mai sbagliato un tiro libero; con una compagine cilena ha preso parte al Sudamericano di club, che sarebbe poi l'equivalente della nostra Eurolega; in Italia, invece, ha vinto il campionato di B per ben quattro volte: a Pescara, Viareggio, Caserta e Castellammare di Stabia. Una «specialista», insomma. «Diciamo che è capitato. Ma di certo non solo per merito di Palacios quanto, in tutti e quattro i casi, per la presenza di un collettivo che aveva grandi qualità» si affretta subito a specificare lei, umile e intellettualmente onesta. Valori nei quali crede fermamente. «Gli altri sono il senso della disciplina, la determinazione, il sacrificio, la capacità di canalizzare le proprie energie verso un obiettivo» aggiunge. «Valori che ho acquisito giocando a pallacanestro e che cerco di applicare nella vita, in tutte le cose che faccio».
Il traguardo della laurea
Di sacrifici ne ha fatti e ne continua a fare, Palacios: atleta, mamma di Eric – che tra poco compirà tre anni – e... studentessa modello. «Poco prima di Natale, ho conseguito la laurea in Scienze della mediazione linguistica» racconta. «Sono sempre stata molto diligente negli studi e, pur consapevole che avrei avuto bisogno di più tempo per raggiungere questo traguardo, non ho mai smesso di credere che un giorno ci sarei riuscita». Sorride, Palacios, quando ripensa alla laurea. «Al mattino discuto la tesi, poi corro subito a preparare il borsone perché alla sera la mia Roby giocava a Cavezzo e io volevo esserci. Ecco, questo per dire che nei giorni felici, perché questi siano davvero tali, il basket non può mancare».
Un futuro da allenatrice
Florencia parla correttamente tre lingue («in realtà quattro: a spagnolo, inglese e italiano bisogna aggiungere il napoletano...» osserva), sogna di fare l'interprete e non chiude le porte ad un futuro da tecnico. Come il marito Antonio D'Albero, che quest'anno guida l'Under 19 maschile della Valtarese e in passato l'ha pure allenata. «No, non è stato affatto un problema gestire il nostro rapporto quando abbiamo lavorato insieme» anticipa l'inevitabile domanda, Florencia. «Anzi, in quegli anni credo di aver dato il meglio di me in campo: con Antonio condividiamo la stessa idea di pallacanestro. È proprio grazie al basket che ci siamo conosciuti: ero in Italia per incontrare i dirigenti di Pozzuoli, ma la trattativa si arenò. Non fu comunque un viaggio a vuoto: incontrando Antonio, ho infatti firmato un contratto ben più importante». Diventare allenatrice non sarebbe una novità, per la giocatrice nativa di Buenos Aires. «In passato ho lavorato col minibasket: mi piace allenare i bambini e vedere i loro occhi increduli dopo aver realizzato il primo canestro».
Questione di famiglia
Il passaggio (definitivo) dal campo alla panchina sembra però ancora lontano. «Mio padre, in Argentina, ha giocato a basket fino all'età di 45 anni e io gli dico sempre che voglio superarlo». Non è una di quelle missioni impossibili. «Mi sento bene, non a caso tutti dicono che sembro una ragazzina...» se la ride la giocatrice della Roby. «Battute a parte, in palestra continuo a divertirmi: il basket mi rigenera. Come tutti i genitori anch'io ho passato tante notti in bianco, quando il mio Eric era più piccolo: eppure, nel momento in cui cominciavo ad allenarmi, tutta la stanchezza di colpo spariva».
Roby, missione salvezza
Borgotaro l'aveva conosciuta da avversaria, Palacios. «Qui, avevo giocato un torneo ai tempi della mia militanza a Firenze» spiega. «Sapevo che avrei trovato una grande e bella famiglia, alla Roby: quando Nicola (Delnevo, direttore generale del club, ndr) mi ha contattata, ho detto subito sì. Il progetto mi ha conquistata». La missione salvezza è già scattata. «La Poule play-out – riconosce l'argentina – è un altro campionato, che va affrontato con un atteggiamento battagliero, lo stesso esibito nelle ultime partite. Non c'è una squadra, nemmeno la capolista, che ci abbia messo sotto». Con una Palacios in più nel motore, la Roby non può avere paura.
Vittorio Rotolo
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