CATTEDRALE
C'è un giallo sull'affresco della Madonna delle Grazie ritrovato dietro un muro della cripta della Cattedrale: secondo Aldo Galli - uno dei due storici dell'arte, assieme ad Arturo Carlo Quintavalle, che fanno parte del comitato scientifico, voluto dalla Soprintendenza, che cura il recupero del dipinto - le immagini della Vergine con Bambino e dei due santi alla sua sinistra, sarebbero state aggiunte ad un dipinto preesistente e di molto anteriore. Non solo due autori quindi - come diversi studiosi hanno già ipotizzato - ma quasi un secolo di distanza fra due parti dell'opera.
Aldo Galli, originario di Parma (dove si è diplomato al liceo Romagnosi) ha poi svolto la sua carriera fra la Toscana e il Trentino ed è professore ordinario di Storia dell'arte moderna all'Università di Trento. I suoi ambiti di ricerca sono la scultura e pittura d'età tardogotica e rinascimentale nell'Italia centrale e settentrionale.
Quando ha visto il dipinto per la prima volta?
«Sono stato chiamato nella cripta del Duomo a metà del 2021, quando erano state praticate le aperture nel muro attraverso cui è stata eseguita l'ispezione con la microcamera. Si trattava di prendere una decisione ragionata sul recupero, o meno, dell'affresco. Una decisione non scontata perché si doveva alterare una porzione della Cattedrale, abbattendo un muro. La soluzione di compromesso che abbiamo trovato è stata staccare l'affresco settecentesco della lunetta per ricollocarlo in un'altra zona della cripta e recuperare il dipinto dietro l'intercapedine del muro, considerando l'importanza dell'opera, intuibile seppure da immagini parziali».
Che il lavoro sia opera di due autori diversi è opinione abbastanza condivisa. Lei però suggerisce anche altro.
«Analizzando il dipinto, osserviamo otto personaggi e due fasi pittoriche diverse. La parte centrale, la Madonna con il Bambino, e i due santi alla sinistra di chi osserva - un san Pietro e un giovane, forse san Giovanni Evangelista - ha una sua coerenza stilistica: i santi osservano la Madonna e l'autore è lo stesso per le quattro figure. Un lavoro databile fra fine Quattrocento e i primi del Cinquecento. Nella parte destra, invece, i tre personaggi che quasi certamente rappresentano Gioacchino, sant'Anna e la Madonna bambina che viene presentata al Tempio, non guardano verso la Vergine, ma nella direzione opposta, e non sembrano in rapporto con la parte centrale dell'affresco ma piuttosto con un quarto personaggio, di cui si intravede una mano, che potrebbe essere un sacerdote del Tempio. L'autore è diverso e il lavoro più antico, direi dei primi decenni del Quattrocento».
Possiamo ipotizzare qualche nome?
«L'autore del dipinto più antico potrebbe essere Bertolino De' Grossi, che ha lavorato molto nel Quattrocento a Parma e ha affrescato la vicina Cappella Ravacaldi, sempre nella cripta, fra il 1410 e il 1420 circa. Un ciclo che rappresenta la vita della Vergine e dove si può trovare una raffigurazione di Gioacchino, Anna e Maria bambina che presenta forti somiglianze con i tre personaggi del dipinto ritrovato».
E l'altro autore?
«È ancora presto per dare un nome, stiamo parlando di un dipinto che finora abbiamo visto “dal buco della serratura”. Non mi sembra però di riconoscervi lo stile caratteristico di Filippo Mazzola o Cristoforo Caselli, per citare due nomi che sono stati fatti, autori di cui si conoscono peraltro solo dipinti su tavola. E ho dubbi anche su Alessandro Araldi. Non escludo che possa trattarsi di qualcuno fuori dalla cerchia degli autori più noti di quel periodo a cavallo fra i due secoli. Ma al di là dei nomi, l'aspetto interessante sarà capire perché, chi ha realizzato la parte più moderna, ha voluto integrare nel dipinto qualcosa che era già su quel muro da quasi un secolo. In ogni caso, si tratta di un'opera che può aggiungere un tassello significativo alla pittura murale di quella stagione a Parma, di cui ci sono poche tracce».
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