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Il caso

Assolto dall'accusa di truffa il farmacista della solidarietà

Raccoglieva medicine rese dai clienti per darle alla Caritas

Assolto il farmacista della solidarietà

di Roberto Longoni

01 Febbraio 2023, 03:01

Come ogni cura, anche la solidarietà ha controindicazioni. Effetti collaterali dei medicinali resi da chi non ne ha più bisogno perché siano donati a chi invece non può permetterseli. Hanno rischiato di nuocere alla salute del farmacista che si prestava a raccoglierli prima che potessero raggiungere la meta finale: la Caritas diocesana di Parma. Ovviamente senza che lui intascasse un centesimo. Un paio d'anni fa in un locale attiguo alla farmacia furono trovate 159 confezioni prive di fustelle, durante un controllo mirato dei carabinieri del Nas: forse qualcuno estraneo all'attività le aveva notate e aveva tratto conclusioni. Ci si liberi una buona volta dall'assioma andreottiano: a pensar male, oltre a commettere peccato, spesso si rischia di sbagliare. E di rendere il mondo un luogo peggiore.

Il sospetto era che, già fatti pagare all'Ausl, i medicinali stessero per essere venduti una seconda volta. In realtà, erano in attesa di una seconda vita, dopo essere stati resi da chi si era visto cambiare il piano terapeutico o dai figli che, perso un genitore, svuotavano i suoi cassetti. Perché sprecarli, arrecando, in questo caso sì, un ulteriore danno all'Ausl?

Invece, finito sul registro degli indagati, il professionista il 23 agosto 2021 si vide recapitare un decreto penale di condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato. In soldoni, il suo debito nei confronti della giustizia corrispondeva a tre mesi pronti a tradursi in 6900 euro. Comunque, anche pagando, all'allora 66enne farmacista sarebbe rimasta l'infamia del marchio del truffatore.

Non poteva finire così. L'avvocato Paolo Paglia depositò un atto di opposizione al decreto di condanna, presentando una memoria con le testimonianze di una dipendente (che a sua volta raccoglieva i farmaci restituiti, sapendo bene a chi sarebbero stati consegnati) e del volontario ottantenne che passava periodicamente per ritirare le confezioni destinate, a costo zero, a curare altre vite sfortunate. A cominciare da quelle dei malati di cittadinanza oltre che di salute.

Certo, fare del bene è un rischio. Lo ha ricordato Paglia nella sua difesa di un cittadino «che si adopera per un'azione meritevole e finisce sul banco degli imputati, dopo aver visto messa in dubbio la propria onestà». La sintesi dell'arringa? Nell'Amleto di Shakespeare: «La virtù deve chiedere perdono al vizio, deve inchinarsi e chiedere il permesso di fargli del bene».

All'«essere o non essere» (colpevole) non si è arrivati. Non ce n'era bisogno. Il pm Antonella De Stefano per prima ha chiesto l'assoluzione piena per l'imputato. Richiesta in sintonia con la decisione del giudice Paola Artusi. Fine di un periodo vissuto comunque con un fondo di amarezza, come sa l'innocente all'ombra di accuse infondate. «Ma un po' di amarezza rimane - spiega il farmacista che ha preferito restare anonimo, pur meritando un plauso -. Ora, non raccolgo più i farmaci inutilizzati. Peccato: significa anche altro spreco, altri soldi da pagare per i cittadini». Un modo per farlo ci sarebbe: compilando una serie di moduli per ogni confezione. Ma chi ne ha il tempo, in questa realtà soffocata dalla burocrazia: questa sì, più una malattia che un effetto secondario.

Roberto Longoni

© Riproduzione riservata

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