Cattedrale
Ormai completamente svelato il dipinto della cripta del Duomo. I restauratori hanno demolito il muro settecentesco che nascondeva la Madonna delle Grazie assisa in trono che stringe il Bambino con i simboli della passione: monili rosso corallo e un cardellino.
Oltre al trono riccamente decorato, anche alla base, ora si osservano i bei drappeggi delle vesti della Vergine, di San Giovanni, in posa statica, e di San Pietro, che sembra arrivare di corsa al cospetto della Madonna, e le figure intere di Gioacchino ed Anna con Maria bambina che riceve una benedizione da un sacerdote di alta statura, schiacciato sul lato destro del dipinto. Alla sinistra del dipinto, nello sfondo, un boschetto e cielo, alla destra un elemento architettonico a simboleggiare il Tempio che Maria bambina sta raggiungendo con i genitori.
Ma la lettura dei particolari per ora non chiarisce i tanti misteri sul dipinto, «molto bello, interessantissimo e per molti aspetti unico», lo definisce Aldo Galli, originario di Parma, professore ordinario di storia dell'arte moderna all'Università di Trento e membro del comitato scientifico della Soprintendenza che cura il recupero del dipinto.
Il primo enigma da sciogliere è la tecnica usata: i chimici che campioneranno frammenti dell'opera dovranno chiarire se si tratta di affresco o di opera «a secco», una tecnica che rende il dipinto più fragile ma che consente una maggiore preziosità di dettagli. In quest'ultimo caso il legante è organico (di solito uovo), mentre nell'affresco è la stessa calce. Ad una prima analisi sembrano presenti sia parti ad affresco che a secco. Bisognerà poi individuare i pigmenti (azzurrite, cinabro, ematite, cobalto?), un passaggio importante per dare indicazioni ai restauratori su come operare.
Il secondo mistero riguarda i probabili due diversi autori: da un lato Anna, Gioacchino, Maria bambina e il sacerdote, che rivolgono le spalle alla Vergine e con proporzioni diverse rispetto alle altre figure; dall'altro i quattro personaggi più «moderni» della Madonna, il Bambino e i due santi Giovanni e Pietro.
«Una stranissima simmetria, una composizione incoerente», la definisce Galli, che inizialmente aveva fatto pensare a due stesure in tempi lontani: inizio Quattrocento e inizio Cinquecento. Ma l'analisi del dipinto totalmente svelato rivelerebbe una stesura unica, senza differenze di superficie o stacchi di muratura.
Due i casi ipotizzati da Galli: «Che il pittore che ha eseguito la Madonna, il Bambino e i santi Giovanni e Pietro abbia “ripassato” e incorporato nel nuovo dipinto una parte più antica. O che al pittore che ha eseguito la Madonna sia stato chiesto di realizzare, forse per fini devozionali, la parte destra dell'opera copiando un dipinto di 100 anni prima».
Ma quale dipinto? Le figure di Gioacchino, Anna e Maria bambina della Cappella Ravacaldi (1420 circa), sempre nella cripta, sono sorprendentemente simili a quelle del dipinto ritrovato (vedi foto). «Io vedo la mano di Bertolino de' Grossi, autore della Ravacaldi», dice Galli. Più difficile invece dare un nome all'autore della parte centrale dell'opera, forse dei primi del 1500. «Non credo sia Caselli, nè Mazzola o Araldi. Potrebbe essere un artista fuori dalla scena parmigiana», ipotizza Galli.
In ogni caso, dice Giusy Zanichelli, già docente di storia dell'arte medievale alle università di Parma e Salerno, «siamo di fronte ad un'opera significativa, un tassello importante per collegare la cultura del '400 e la grande fioritura rinascimentale del Correggio».
Intanto cresce l'interesse per il dipinto, al punto che qualcuno avrebbe tentato di entrare nella cripta - negli orari di chiusura al pubblico - per sbirciare. Ma per ora serve pazienza perché il restauro sta entrando in una fase delicata. L'attesa sarà ripagata: ammirare la Madonna ritrovata in tutto il suo splendore.
Monica Tiezzi
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