La storia di «Gâteau»
Difficile decidere da quale visuale partire, in questa storia dai tanti protagonisti. C’è lui, il senzatetto che abita ormai da quasi anno una panchina del Parco Falcone e Borsellino e si fa chiamare «Gâteau»: «Perché quando il dolce arriva a tavola, tutti sorridono».
Ci sono Cristina e Luca – moglie e marito - che ogni mattina si alzano e per prima cosa guardano se lui è lì, soprattutto se si muove, e la sera gli portano un piatto caldo. C’è il dietro le quinte di una lettrice che li osserva dalla finestra, quegli appuntamenti quotidiani di civiltà, e ci ha pregato di raccontarli: «Ammiro come accudiscono amorevolmente questa persona. Che siano d'esempio per tutti i parmigiani».
A stare ai margini di questa vicenda, stavolta è l’indifferenza: c’è, e magari in abbondanza, ma sovrastata da ciò che anche altre figure stanno facendo o provando a fare. E quello che proveremo a fare qui, raccontando, è cercare un equilibrismo tra aiuto necessario e delicatezza. Per questo chiediamo di non mostrare questa pagina di Gazzetta a «Gâteau», che ama chiacchierare e di conoscenze ne ha coltivate tante. Proprio mentre facciamo appello a chi potrebbe avvicinarlo con la giusta professionalità, vogliamo evitare che senta su di sé una pressione che lo porti ad allontanarsi da coloro che sono diventati un po’ mondo e un po’ famiglia. Lo capirete meglio continuando a leggere.
E’ dunque nel maggio scorso che il senzatetto prende quella che ormai è fissa dimora su una panchina lato via Mantova. «Un bel ragazzo, dai 44 anni portati benissimo, parla francese, spagnolo, arabo e sta imparando l’italiano. E’ intelligente e istruito, innamorato della natura e degli animali del parco, ma crediamo che abbia bisogno di un supporto psicologico: se così non fosse, cercherebbe riparo. Invece resta lì soprattutto sotto la pioggia e sotto la neve, senza usare l’ombrello e avvolto nella coperta zuppa d’acqua: dice che così può lavarsi e che il suo albero si piega e lo protegge. Da noi ha accettato tante cose ma mai l’ospitalità in uno spazio chiuso, nemmeno a casa nostra», raccontano Cristina e Luca, incamminandosi sul sentiero del «Falcone e Borsellino».
Si vede da lontano che la panchina è «abitata»: Gâteau in quel momento non c’è («sarà a passeggiare, è molto curioso») ma ci sono, ben riposti («è pure un tipo molto preciso») il sacco con le coperte, il contenitore di plastica che gli hanno acquistato per non far bagnare i vestiti, e pure il thermos che d’inverno riempiono con latte caldo e miele. «Non ci capacitiamo di come abbia resistito al gelo: ogni mattina ci alzavamo col pensiero che gli fosse successo qualcosa. Pochi giorni fa ha detto di non preoccuparci, che ormai per questo inverno il peggio è passato».
L’hanno avvicinato quasi subito, quando da dietro i vetri di casa l'hanno visto restare un giorno dopo l'altro. «Da allora gli portiamo la cena e gli chiediamo di cosa ha bisogno. A volte mi fermo solo per parlare o per fargli ascoltare le sue canzoni preferite, quelle dei Coldplay. Ha conosciuto anche alcune delle nostre amicizie, che ormai l’hanno ribattezzato il terzo figlio», racconta Cristina.
Nel loro tragitto salutano sempre il gruppo di stranieri che si raduna attorno alla panchina precedente («Non ci sono dubbi su quale sia la loro attività...») in una situazione che è reale e surreale insieme. «Ci benedicono per l'aiuto a Gâteau e noi ci raccomandiamo che gli diano un occhio. Sono preoccupati anche loro: tante volte ci hanno chiesto di chiamare la polizia per trovargli una soluzione. Gli hanno donato un giaccone, ed è stato uno di loro a dirci che ha con sé documenti francesi». L’Ambasciata e il consolato di Francia si sono attivati su loro richiesta, ma senza arrivare a nulla. «Viene il magone quando pensiamo ai suoi genitori. Gli abbiamo detto tante volte di usare il nostro cellulare per chiamarli, ma dice che non sa il numero e che tanto sanno dov’è».
Si sono mossi a tutto campo, marito e moglie: l’hanno accompagnato alla Caritas per mostrargli la mensa, il dormitorio, le docce; hanno contattato la «Corte dei miracoli», che gli ha offerto il suo giardino e anche di prendersene cura. Ma lui declina. Accetta però Luca, uno dei militi dell’Assistenza Pubblica che quasi ogni mattina lo porta a fare colazione al bar. «Oltre a sensibilizzare altre persone, vorremmo che qualcuno “del mestiere” trovasse il modo giusto per rapportarsi con lui e aiutarlo per davvero: non è una reale scelta di vita, la sua. E è una bravissima persona».
Intanto Gâteau continua a tenere in esercizio gambe e curiosità a passeggio nel centro della città. «E ci tiene ad andarci elegante. Mi ha fatto capire che ha lavorato nel mondo della moda o comunque dei tessuti, e lei non sa - ride Cristina - quanto mi fa penare per trovargli le scarpe di un colore che si abbini alle giacche!». Da quando poi gli è capitato tra le mani un volantino che decantava le meraviglie del Parmense, ha un sogno: visitare il castello di Torrechiara e un caseificio. Vorrebbe vedere come nasce quel Parmigiano-reggiano che di sera, su quella panchina occupata anche dalla generosità, ha scoperto di amare.
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