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C'ERA UNA VOLTA

Quando in cielo volavano gli aquiloni

Quando in cielo volavano gli aquiloni

di Lorenzo Sartorio

20 Marzo 2023, 03:01

«Tutta nota la navetta/ l’à piccié sora ‘l poggiol/ insistenta, una gossetta/ ch’l’à desdé infinna ‘l sol./ L’à ciamè da n’ätra tera/ una prima rondanen’na/ par cantär la primavera/ per fär festa a la maten’na». Così il grande Renzo Pezzani inizia la sua dolcissima poesia «Primavera». Già, la «dolce stagion dei fiori», che vanta una molteplicità di simboli fra i quali la parmigianissima violetta e le rondini. E, già che parliamo di messaggeri alati primaverili, non possiamo non citare i variopinti aquiloni. Ma anche scrittori, poeti e registi hanno avuto come filo conduttore dei loro lavori proprio gli aquiloni. Ad esempio, un bellissimo romanzo dello scrittore giornalista e saggista Paolo Del Debbio titola «Il filo dell’aquilone, vita di Astorre Cantacci». Il protagonista del romanzo, un bel giorno, si trova sul prato di fronte alla certosa di Vallelucente nelle magnifica suggestione delle colline toscane.

Mentre nel cielo volano gli aquiloni, quel luogo di preghiera lo chiama a sé con una promessa di pace e serenità. Ed è lì che decide di trovare le risposte, per provare a dare un rinnovato senso alla sua esistenza. Agli aquiloni, nel 2007, fu dedicato il bel film «Il cacciatore di aquiloni», storia di due amici afgani che commosse milioni di persone, mentre Giovanni Pascoli dedicò alla «vela dell’aria» una sua nota poesia « C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole…. ». Gli aquiloni ricamano l’aria, si fanno baciare dal sole che ne esalta i colori, si fanno cullare dalla brezza, sono le barche a vela che navigano nel cielo, sono eterei frammenti di fantasia tenuti al guinzaglio perché non svaniscano tra le nubi.

Erano i sogni bambini di ieri, le prime emozioni primaverili quando il cielo spingeva i ragazzi all’aria aperta a sfidare quell’immensità che si azzurrava di infinito. Già, il caro vecchio aquilone, ormai quasi scomparso e relegato nei ricordi dei non più giovani. Ma un tempo nelle scuole elementari, al termine dell’anno scolastico, specie in quelle scuolette di campagna che «profumavano di gesso» per dirla con il poeta Renzo Pezzani, la maestra con i suoi pulcini si portava nel cortile e liberava quell’aquilone variopinto che era costato ore di lavoro alla scolaresca. Ma, oggi, chi li vede più gli aquiloni, anche se qualche loro costruttore non si rassegna alla loro scomparsa? Infatti, l’attivissimo circolo Anspi di Coenzo di Sorbolo, sempre all’avanguardia quando si tratta di tutelare le nostre tradizioni (basti pensare al bellissimo «Museo Etnografico delle Contadinerie»), nel corso delle «Feste di Primavera», organizza affascinanti esibizioni di voli acrobatici di aquiloni.

Sempre agli aquiloni dedicò bellissimi disegni Peppo Monica che ritrasse il volo di questi sogni colorati nel cielo di Lesignano Bagni dove l’artista parmigiano era solito trascorrere l’estate. L’invenzione dell’aquilone, secondo la tradizione, pare sia ascrivibile all’osservazione del volo degli uccelli, allo svolazzare delle foglie e all’ondeggiare delle vele delle barche. Una simpatica leggenda, circa la nascita degli aquiloni, narra di un contadino che si trovava nei campi ad arare la terra, quando un’improvvisa raffica di vento sollevò dalla sua testa il cappello che indossava per ripararsi dal sole.

Fu talmente rapido ad afferrare la cordicella del cappello impedendogli di volare via che il cappello iniziò a svolazzare in alto proprio come un aquilone. Il contadino, sorpreso e nello stesso tempo affascinato da questo fenomeno, lo mostrò agli abitanti del paese i quali vollero sperimentare qualcosa di simile più in grande facendo così nascere il primo aquilone. In «djalètt pramzàn» l’ aquilone è la «cométta», quindi, i «ragas di bór'gh äd 'na volta i dävon fil ala comètta» se volevano vederla volare. Pochi sanno che la nostra città vanta uno dei più famosi costruttori italiani di aquiloni deceduto nel maggio del 2014 all’età di 94 anni : Giacomino Reverberi, il «padre» degli aquiloni parmigiani. Un geniaccio, Giacomino, che iniziò a lavorare come infermiere presso il nostro Ospedale facendosi apprezzare e stimare sia dai colleghi che dai medici con i quali collaborò. Una passione «matura», quella degli aquiloni, che stregò Giacomino all'età di 70 anni. Il suo amore per le «vele dell'aria» sbocciò grazie ad un amico modellista, Pino Beretta, con il quale, in seguito, lavorò in coppia realizzando esemplari unici, stupendi in occasione dei vari festival aquilonistici sia in Italia che all'estero. I due «compagni di aquiloni» iniziarono quasi per gioco con l'intento di fare divertire i nipotini, poi la passione crebbe a tal punto da rendere i due aquilonisti parmigiani provetti stilisti grazie alla guida di un esperto in materia, Silvio Maccherozzi. Il primo aquilone realizzato da Giacomino fu «Fiocco di Neve».

In seguito, Reverberi, ne creò tantissimi altri da varie fogge, colori, dimensioni portando le sue uniche e magiche creature in tutta Europa: Inghilterra, Olanda, Francia, Belgio, Spagna. Ma erano le scuole ed i ragazzi che stavano particolarmente a cuore a Giacomino ed allora, molte volte, indossò i panni di maestro nella costruzione di aquiloni per quelle scolaresche che desideravano cimentarsi in questa antica arte. Le sue creazioni più significative furono dei grossi delta (dai 4 agli 8 metri di apertura alare) composti con minuscoli pezzi di stoffa colorata, cuciti uno a fianco all'altro, accostando colori e forme al punto di simulare un artistico mosaico.

L’estroso aquilonista parmigiano, inoltre, con il fedelissimo Carlo Anzil, deltaplanista di Udine che lo accompagnava dovunque, si cimentava con le sue amate ed eteree creazioni multicolori. Mai contate ore di lavoro, migliaia di chilometri di cuciture per tenere insieme innumerevoli triangolini di stoffa che rivestivano quegli eterei sospiri volanti che, rifacendosi al mondo delle fiabe ed ai tempi in cui i bambini, invece di digitare una tastiera, disegnavano il cielo con i loro aquiloni, ci facevano sognare e sentire più buoni. Come buono e gentile era l'animo di Giacomino , l’indimenticato «cacciatore» parmigiano di aquiloni.

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