QUARTIERE
«Durante un viaggio, una persona mi ha chiesto “Quale è il posto che chiami casa?” Ecco, fino a qualche tempo fa avrei detto senza esitare che il luogo del cuore, per me, è piazzale Bertozzi. Ora però non sono più certa che darei questa risposta».
Parola di una giovane innamorata dell'Oltretorrente («Abito qui da tanto e lo ritengo un luogo speciale»). Ma, si sa, gli amori finiscono. E, quando succede, resta l'amarezza. «Anzi, la rabbia: perché questo ora è un luogo diverso, ostile. Da cui viene una gran voglia di andare via».
L'Italia è cambiata, Parma pure. E anche il quartiere di la dall'acqua sta evolvendo. Ed è normale che sia così. Ma trascorrere un sabato sera tra i borghi e le piazze della zona che fu popolare, e ora è multietnica, significa fare i conti con qualcosa che molti faticano a capire, ad accettare. E, sia chiaro, il razzismo non c'entra nulla.
«Non diciamo sciocchezze, qui non è questione di pelle ma piuttosto di convivenza, di tranquillità. Di buon senso», aggiunge un altro residente che si presta a fare da cicerone tra luoghi che mutano e tempi che si dilatano «Ci sono decine e decine di persone che bazzicano questa zona, che ciondolano e bivaccano. Ogni sera, e il fine settimana in particolare, sotto casa si creano crocchi di gente che strepita, che urla, che si ubriaca. Ogni sera scoppiano litigi, spesso la zuffa diventa una rissa: volano le bottiglie, qualcuno si fa male. E per noi diventa un motivo d'ansia anche solo provare ad uscire».
Lamentele di vecchi brontoloni? Pare proprio di no: tanti tra i residenti sono giovani e molti, lo conferma l'accento, arrivano da fuori Parma. Ma anche se cambia la cadenza il racconto è sempre lo stesso. «Qualcuno spaccia, è evidente: altrimenti non si capisce cosa farebbero fermi con l'auricolare pronti a scattare. Ma, paradossalmente, sono quelli che creano meno disturbo. Il vero problema sono gli altri: quelli che hanno occupato quest'area. E non ci lasciano più vivere».
Borgo Fiore, via Imbriani, borgo Parente, fino a Guasti di Santa Cecilia e ritorno: le vecchie botteghe sono svanite, sono spuntati come funghi minimarket che dovrebbero vendere di tutto. Bastano dieci minuti per capire che la birra, il vino in cartone e amari spaccastomaco sono quello che in realtà va via come il pane. E il risultato sono sbronze dure e tranquillità dimenticata.
«L'ultima zuffa? L'altra sera prima è passata la Via Crucis, pochi minuti dopo sono arrivate le volanti per un gruppetto di invasati che si menavano».
Sono cose che capitano ovunque, si potrebbe obiettare. Forse è vero: ma chi ama l'Oltretorrente non si rassegna. «Piazzale Bertozzi, ad esempio, è il simbolo dell'abbandono. Da quando l'Hub caffè è chiuso è diventato la calamita per gruppi di sbandati: prima il locale aveva portato vita e luce. Ora c'è buio e degrado». Eppure, è il commento, forse basterebbe solo la deterrenza di un lampeggiante in più, una sanzione a chi se ne frega di regole e orari, la presenza di qualcuno in divisa che ricordi, con doverosa fermezza, che non tutto è permesso. «La stessa cosa che servirebbe in largo Giandebiaggi, in fondo a borgo Parente: da quando le hanno installate le panchine sono diventate una sorta di campeggio selvaggio: si mangia, si urina, si lasciano immondizie ovunque, le grida proseguono fino a notte».
Peccato che di fronte ci sia una scuola e di fianco una casa di quartiere, uno spazio sociale. E tutto intorno residenti esasperati. «Il quartiere resta splendido - è la conclusione - ma andrebbe ripreso, gestito, controllato. Non è normale che sembri che qui sia dichiarato “il tana libera tutti” anche perché, a poche decine di metri ci sono spazi, piazze e strade del tutto differenti, assolutamente vivibili. Siamo lo stesso quartiere e vogliamo avere le stesse condizioni». Quelle per cui, questa è ancora, fieramente, casa.
Luca Pelagatti
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