GIORNALISTI
«Festeggiare novant’anni? Non esageriamo. Oggi è solo l’otto aprile…». Bruno Rossi sorride come un ragazzo. Novant’anni fa apriva gli occhi in borgo del Naviglio dove un amico dei giorni verdi già pedalava sull’acciottolato. Anni dopo Mario Tommasini pregherà il Rossi giornalista di “aiutarlo” a slegare i matti nella dottrina di Basaglia. Ancora ragazzi ci siamo incontrati fra i rottami di un incidente stradale, macchina fotografica al collo: Bruno nel “rombo” di una Vespa, io sui pedali. Cronisti con l’ansia delle prime armi. Rossi al «Resto del Carlino» edizione Parma nelle mani di Aristide Barilli e Pier Maria Paoletti, io «Gazzetta» di Baldassarre Molossi che un po’ di mesi dopo invita Bruno a cambiare scrivania.
Assieme nella stanza ultimo piano «Gazzetta» di via Saffi, finestra aperta su cupole e torri di piazza Duomo. Tre anni più tardi prendiamo il treno per Milano grazie alla Lotteria di Capodanno. Mentre impaginavamo i racconti di giornata, un tipografo soffia sottovoce: «So chi ha vinto i milioni della lotteria…». Nel ristorante di fronte alle carceri San Francesco parliamo col proprietario baciato dalla fortuna. Sospira, sorride, alla fine confessa. E la «Gazzetta» cambia la prima pagina.
Giriamo lo scoop al «Corriere Lombardo», quotidiano della sera. Esce a mezzogiorno, ultima edizione al tramonto. Ormai radio e Tv bruciano le novità dei fogli di carta e i vecchi redattori se ne vanno. Nella speranza di sopravvivere i giornali della notte cercano ragazzi. Ci arriva la proposta: «Ecco il contratto, vi aspettiamo».
Milano rovescia le abitudini. Redazione 7 del mattino, mense attorno al palazzo dei giornali. Una sera Rossi arriva con un ragazzo che gli somiglia: Tullio Pericoli, illustra i racconti degli scrittori che collaborano al «Giorno». Noi dormiamo nella stanzetta di una pensione; Tullio in un appartamento quattro stanze, ultimo piano, terrazza luminosa a due passi dal centro. Spende appena più delle nostre tasche. «Che fortuna… », ripetiamo nell’invidia. Si improvvisa cuoco e noi facciamo la spesa. Una sera Rossi ripete il suo indirizzo a un taxista che scioglie il mistero: «Ma è dove Rina Fort ha accoltellato tre figli e la moglie dell’amante…». Sconvolto Pericoli: «Ecco perché mi sento un po’ strano…». Sconvolto Rossi. Regalerà i quadri del Tullio d’antan alla fondazione che Arturo Carlo Quintavalle organizza anni dopo a Parma.
Milano è un po’ la città dei giornalisti parmigiani. Egisto Corradi, inviato storico del «Corriere della Sera»; Lamberto Sechi (nato a Fontanellato ) direttore de «La Settimana Incom» e di «Oggi», rotocalco più venduto d’ Italia. Si impegna a trasformare il giornale degli amori-evasione nel giornale che racconta i «fatti separati dalle notizie». Rompe col vecchio Rizzoli, passa alla Mondadori, inventa «Panorama». Giorgio Torelli attraversa il mondo nei reportage di «Grazia». Pier Boselli dirige «Grand Hotel». Lui ci trova casa: primo piano di una villetta giardino anni Trenta all’ombra del grattacielo Pirelli. Quattro stanze dove la compagnia si allarga. Arriva Giuseppe Barigazzi, arriva Nicola Presburger scappato dai carri armati russi che soffocano Budapest. Impara l’italiano da cronista della «Gazzetta».
Un letto anche per Emanuele Pirella: sogna una carriera da umorista, ma ogni sera torna a mani vuote. Per sopportare la quota affitto accetta l’invito di un’agenzia pubblicitaria: slogan per un annuncio Mondadori da pubblicare nell’ultima pagina del «Corriere della Sera». Può far capire ai ragazzi 2000 com’era facile la vita negli anni Sessanta del secolo scorso. All’alba l’Emanuele debuttante passeggia nel corridoio ripassando ad alta voce la sua prima seduzione: «Il tuo capo dice che sei intelligente, dinamico, creativo. Perché hai un capo?». «Silenzio...!», lamento di Bruno svegliato dalla filastrocca di chi comincia in mutande la carriera trionfante di pubblicitario doc.
Ogni sera in giro alla scoperta dei ristoranti dove mangiano i giornalisti. Arriviamo al Rigolo, due passi dal «Corriere», due passi dove abita Pietro Bianchi, critico cinematografico del «Giorno», direttore di «Settimo Giorno», compagno di Attilio Bertolucci nei banchi del Maria Luigia. Quando il 27 aprile 1945 la «Gazzetta di Parma» torna in edicola nell’Italia liberata dal fascismo che aveva proibito ogni protagonista straniero dalla mappa di ogni città, Bianchi scrive alla «Gazzetta», lettera da prima pagina nel giornale ritrovato. Sollecita l’urgenza del dedicare una strada a Stendhal. Con deferenza i camerieri del Rigolo lo chiamano “professore”, diventerà il professore della nostra vita.
Ci invita al tavolo, prima sera di vent’ anni di sere nel fascino dei racconti - ricordi della Parma che fu. Chiede a Rossi di collaborare al suo giornale per raccontare il dramma di una nave-passeggeri vacanze-lusso, speronata e affondata nello stesso mare dove nel 1956 era colata a picco l’Andrea Doria in rotta verso New York. Bruno scrive e Bianchi telefona: «Stasera ne parliamo…». Un po’ trema: «Chissà se gli é piaciuto…». Ma alla sera il professore ordina lo spumante. «Brindisi all’assunzione di Rossi, giornalista come si deve….». Si aprono anni così.
Bruno racconta le storie del mondo, al ritorno Bianchi lo aspetta nei tavoli del Rigolo. Quando il professore abbandona il giornale, Rossi accetta l’invito dei settimanali Corsera. Inviato della «Domenica del Corriere», ormai rotocalco illustrato. Vagabondo che in India incontra Egisto Corradi. A Taiwan intervista Chiang Ching-Kuo, figlio del presidente Chiang Kai-shek in campagna elettorale per ereditare il potere del padre. Chiacchiere in un campo sportivo dove è raccolta la folla degli elettori. Prima di scendere dalla tribuna del comizio, Chiang annuncia che un giornalista italiano è venuto per far conoscere a Roma il futuro presidente dell’isola. E gli passa il microfono. «Proprio così…» sillaba Rossi nel suo timido inglese. E continua l’elogio in dialetto parmigiano. «Ma che lingua è?», vuol sapere smarrito il traduttore. «Italiano del Nord…». Risposta sconsolata: «Purtroppo non lo so…».
Una volta ci incontriamo in un albergo di Amman, capitale della Giordania sconvolta dagli scontri armati re Hussein-palestinesi. Arafat dove si nasconde? L’ambasciatore italiano sillaba l’indirizzo del probabile rifugio segreto. Aspettiamo ore, bunker sotto terra, fra noi la kefiah di una ragazza armata. Che rompe il silenzio con Bruno: «Sei disposto a morire per la Palestina?». « A dir la veritè mi son ed Perma…».
Anni e anni dopo finalmente incontro Arafat nei sotterranei di Beirut senza immaginare i guai che mi cambieranno per sempre la vita. Intanto Rossi diventa redattore capo della «Domenica» prima di riprendere il volo: inviato speciale del «Corriere della Sera». Un giorno mi invita a pranzo Giorgio Orlandini, direttore dell’Unione industriali di Parma. Sui piatti di Cocchi chiede il telefono di Rossi: «Mi piacerebbe riportarlo alla “Gazzetta”…». E qualche giorno dopo l’annuncio felice: «Nostalgia di casa, ritorna…». E arriva il momento del «Buongiorno direttore»: Bruno si accomoda nella poltrona del nostro Molossi.
Maurizio Chierici
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