Giochi pericolosi
Spruzzano spray al peperoncino e sei persone, cinque alunni e un insegnante, finiscono all'ospedale. Uno dei responsabili è già stato individuato, ma il cerchio potrebbe stringersi anche attorno a un altro.
«È stata una bravata pericolosa che avrà delle conseguenze». A parlare è Federico Ferrari, dirigente scolastico dell'Ipsia che accetta con grande disponibilità di raccontare l'episodio che venerdì mattina ha scosso l'istituto professionale di piazzale Sicilia intitolato a Primo Levi.
Il tran tran della scuola, che conta circa ottocento iscritti, è stato interrotto venerdì mattina intorno alle 10. È l'ora dell'intervallo per le classi del biennio - le prime e le seconde - e, appena usciti dalle aule, alcuni alunni, tra cui la figlia sedicenne di un genitore che ha scritto alla Gazzetta per raccontare l'accaduto, arrivati al bar interno della scuola cominciano a sentire bruciori agli occhi e alla gola e altri sintomi respiratori che fanno pensare subito a quello che si rivelerà poi un getto di spray urticante. Insieme a loro, non si sente bene neppure un insegnante. Scattano subito le contromisure, le finestre vengono subito aperte e i locali areati.
Sul posto, allertati dal dirigente, arrivano anche le ambulanze del 118 e i carabinieri. Gli alunni, tutti minorenni, e il docente che vengono trasportati al Maggiore per accertamenti, non sono gravi tanto che dopo qualche ora vengono dimessi. Un fatto, quello di venerdì, che fa tornare alla mente un episodio molto simile accaduto nello stesso istituto poco più di due anni fa, quando un alunno di una prima aveva spruzzato il famigerato spray in classe. In quell'occasione due ragazzi avevano dovuto ricorrere alle cure dell'ospedale e, fortunatamente come in questo caso, non aveva riportato conseguenze.
Il gesto, però, resta grave e la scuola inizia subito, dopo che la calma è tornata nei corridoi dell'Ipsia, a cercare il responsabile. Che potrebbe non essere uno solo.
Uno degli «spruzzatori» è stato subito individuato e si tratterebbe di un alunno di una prima che avrebbe ammesso spontaneamente la sua responsabilità, dicendo però di averlo spruzzato nel cortile. Un particolare che farebbe pensare che gli spruzzi possano essere stati due, uno appunto nel cortile e uno nel bar. «Stiamo infatti seguendo questa pista» aggiunge il dirigente scolastico. Ai professori il «reo confesso» avrebbe spiegato di aver trovato lo spray per strada e la prossima settimana per discutere del caso è stato convocato un consiglio di classe straordinario.
«L'alunno verrà sospeso - anticipa Ferrari - perché questo fatto è di una certa gravità, nonostante lui si sia giustificato affermando che non pensava che il suo gesto producesse quell'effetto».
Il dirigente aggiunge anche che, sempre nel corso della mattinata di venerdì, «in cortile abbiamo trovato un'altra confezione di questo “spray maledetto”, già utilizzata».
Il dirigente scolastico, con grande schiettezza, non nasconde la grande differenza che, nell'istituto che lui dirige, esiste tra il biennio, dove ci sono studenti piuttosto turbolenti, e il triennio. «Dalla terza in poi - commenta - gli alunni sono bravi e motivati. Diversa la situazione che riguarda i più giovani. Il fatto acclarato è che da un po' di anni questi ragazzi di quattordici-quindici anni sono “imbizzarriti”. Con loro si fa, infatti, molta fatica e le motivazioni di tutto questo possono essere molteplici». La scuola, però, non alza certamente bandiera bianca. Anzi, «cerchiamo di “tenerli dentro”, includerli, perché abbiamo la consapevolezza che se li allontaniamo dalla scuola con sospensioni e bocciature, a volte l'alternativa è solo la strada e quindi una situazione ben peggiore». Allo stesso tempo, il cosiddetto bullismo, all'Ipsia è un fenomeno praticamente sconosciuto. «Io sono qui da cinque anni - ricorda - e di casi di bullismo vero e proprio ne ho contati tre. Casi sporadici che abbiamo stroncato subito. Diverso, invece, il numero degli episodi di ragazzi che si “incendiano” o fanno bravate come quella di cui abbiamo appena parlato».
Una possibile soluzione sarebbe «avere classi meno numerose, invece che trenta alunni un massimo di venti. Le scuole professionali, almeno il primo anno, soffrono questo problema. Pensate che l'anno scorso avevamo sette alunni disabili nella stessa prima. Poi, fortunatamente, il Provveditorato mi ha permesso di dividerli. Occorrerebbe, inoltre, un terzo di insegnanti in più. Prime di trenta-trentadue alunni sono poco gestibili anche da parte di insegnanti bravissimi come quelli che abbiamo qui».
Michele Ceparano
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