PIAZZALE SALSI
Avevano discusso. I toni sempre più alti in quella sera d'estate in piazzale Salsi. Finché Ali Bouali, 47 anni, era finito a terra con una profonda ferita alla testa. Era morto una settimana dopo in Rianimazione, senza mai riprendersi. Sette giorni dopo quel 14 giugno 2021, quando si erano ritrovati in quattro, tutti connazionali tunisini, per trascorrere qualche ora in compagnia, ma poi erano cominciati i risentimenti. Gli insulti. Forse le minacce. E una bottiglia ancora piena di birra aveva colpito Bouali. Fin da subito i due amici dell'uomo avevano puntato il dito contro Moncer Rabhi, 40enne, l'ultimo che quella sera si sarebbe unito al gruppo. Accusato di omicidio preterintenzionale, ieri è stato condannato a 6 anni e 8 mesi. La Corte d'assise, presieduta da Alessandro Conti (giudice a latere Guerino Francesco Gatto), gli ha riconosciuto l'attenuante della provocazione, riducendo così notevolmente la pena, mentre il pm Andrea Bianchi aveva chiesto 10 anni, dicendo no ad ogni attenuante. I giudici hanno anche disposto 80mila euro di provvisionale sia per la moglie che per il figlio di Bouali, un ragazzino di 14 anni, e 30mila euro a testa per il fratello e la sorella, tutti costituiti parte civile e assistiti dall'avvocata Cinzia Feci.
Poche (e non particolarmente significative) le parole di chi era nelle vicinanze quel 14 giugno. Una donna aveva parlato di due uomini che discutevano animatamente, ma poi lei si era allontanata. Una coppia di fidanzati era passata da piazzale Salsi una mezz'ora prima dell'aggressione vedendo semplicemente tre-quattro persone in compagnia. Ma sono stati i racconti dei due tunisini che facevano parte del gruppo, Haffedh Kaddachi e Mohamed Slimani, a segnare la ricostruzione della serata. «Versioni concordate e differenti dai verbali di sommarie informazioni raccolti subito dopo i fatti», annota Michele Cammarata, difensore di Rabhi, durante la discussione. «Ci sono delle differenze rispetto a quei verbali riassuntivi, ma - sottolinea il pubblico ministero - credo che i testimoni siano credibili».
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 60 giorni, ma certo è che almeno in parte le versioni di Kaddachi e Slimani hanno convinto i giudici. Sarebbero stati alcuni gesti e commenti di Rabhi a far scattare subito la reazione di Bouali: lui che per primo reagisce e assesta un ceffone all'altro. «Ma poi c'è un distacco tra i due, e Rabhi lancia la bottiglia che fa cadere Bouali a terra. Non può trattarsi di legittima difesa, perché il litigio era già terminato», spiega il pm. «Il trauma cranico rilevato è compatibile con il colpo di bottiglia - precisa l'avvocata Feci - e Rabhi, secondo le testimonianze, avrebbe anche cercato di allontanarsi subito dopo».
Completamente differente la versione di Rabhi: a colpire Bouali sarebbe stato uno dei due amici. «Un colpo diretto, sferrato con forza, con una ferita a stampo, non il lancio della bottiglia, come ha anche rilevato il medico legale», ribatte l'avvocato Cammarata.
Restano ombre su quella sera. Sulla miccia che ha scatenato la lite. Sui rapporti tra i quattro del gruppo. Ma sono in due ad accusare Rabhi.
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