Intervista
Si respira un'aria leggera a casa Bella, nella quiete verde di Montechiarugolo, un accenno di collina intorno. Si vive di musica, ci si diverte seguendo il calcio, tra la famiglia e gli amici di sempre. Certo c'è stata la malattia di Gianni, 13 anni fa, e qualche traccia fastidiosa l'ha lasciata, questo si sa. Ma ha lasciato anche la consapevolezza «che la vita è una, quando si arriva così vicini all'essenza se ne apprezza ancora di più la ricchezza», sorride Gianni Bella, facendosi aiutare dalla figlia Chiara, diventata la «sua voce».
C'è un bel fermento: il 24 e 25 giugno, piazza Mazzini a Montechiarugolo ospiterà la prima edizione del «Festival Musica Bella» - tra gli ospiti Mogol, Mario Biondi e Silvia Mezzanotte - una creazione di Chiara Bella e Emanuela Cortesi, vocal coach e vocalist. Nella prima serata, a ingresso libero, sfileranno i 22 artisti selezionati dalla commissione presieduta da Giuseppe Fulcheri, ciascuno con un brano inedito e la reinterpretazione di una canzone dal repertorio di Gianni. La seconda serata decreterà il vincitore, Mogol racconterà l'amico Gianni regalando aneddoti inediti. Proprio lui Gianni, l'autore e l'interprete di brani indimenticabili come «Non si può morire dentro», consegnerà al vincitore il premio di 2.000 euro. Tutti gli artisti si esibiranno accompagnati dalla band ufficiale di Marcella, qui diretta da Rosario Bella, il fratello minore. La famiglia, si diceva...
Innanzitutto, chi si è candidato a questa prima edizione?
«Siamo rimasti stupiti anche noi. Tanti giovani, tra i 18 e i 33 anni, benché non avessimo messo un limite di età. Quindi ragazzi che, per portare tre brani del mio repertorio, hanno dovuto fare uno studio. E sono andati alla ricerca di titoli inaspettati, non solo i più famosi. Ad esempio, molti hanno attinto all'album GB1 del 1983 o Una luce del 1986, che realizzai con Geoff Westley. Si sono iscritti più maschi che femmine, ed è comprensibile, anche se ho scritto tanto per Marcella».
Il festival avrà poi un'appendice, un tour...
«Sì, lo stiamo definendo. Quattro dei finalisti interpreteranno il mio repertorio, sempre con l'orchestra di Marcella. Ci sarà qualche intermezzo di Chiara, una narrazione, aneddoti. Un progetto che può crescere».
Senz'altro un omaggio ai fan che la seguono con infinito affetto, come noi vediamo dai numeri del sito della «Gazzetta». Non ha mai condotto una «vita spericolata», mai un gossip, tanti anni lontano dalla tivù. E' la pura arte che arriva?
«Ci ho pensato, riflettuto anche io. Credo sia la mia sensibilità ad arrivare. Non ero un “animale da palcoscenico”, mentre dietro le quinte, con i colleghi, ero veramente brillante. Sul palco mi sentivo un po' nudo, però la mia musica arrivava, orecchiabile ma non banale, nei diversi periodi che ho avuto, le collaborazioni con Bigazzi e con Mogol, due grandissime personalità con un modo di scrittura diverso».
Ed è anche un regalo per questo territorio di adozione da tantissimi anni. Come mai la scelta cadde qui?
«Per amore, c'era Paola, mia moglie da 52 anni. Capitai qui con una tappa del Cantagiro, si ruppe il pulmino a Sant'Ilario, Paola abitava vicino al carrozziere. La vidi, bionda, una bellezza diversa da quelle mediterranee cui ero abituato. Colpo di fulmine. Poi questa base si rivelò comoda per la carriera: la discografia era tutta a Milano; da qui si arrivava velocemente a Roma. Sono sempre stato un grande lavoratore, questa campagna mi conciliava. Terminato il lavoro, andavo a Reggio, dai miei amici, Franco “Franchino” e Nanni, al cinema o a sentire musica. Ancora oggi sono dei punti di riferimento, non fanno i musicisti ma “Franchino” mi accompagnava a Sanremo pure. Ogni estate andavo a in Sicilia, ritrovavo “Cirino” che ora non c'è più, e Pietro “Folletto” che verrà qui per il Festival. E i miei fratelli, Antonio, il maggiore, e Rosario. Certo frequentavo anche i colleghi della Nazionale Cantanti. Gianni Morandi mi chiama sempre, non scorda un compleanno. Mogol e Mario Biondi sono pezzi del cuore; Mogol, quando ho avuto l'ictus, è arrivato di corsa all'ospedale, dall'Umbria. Nella malattia, vedi chi ti è veramente amico».
Allora parliamone di questa malattia. La trovo meglio rispetto ad anni fa, quando ci incontrammo per la sua opera «La capinera», su liriche di Mogol.
«Sì sono migliorato; e fortunatamente ho mantenuto la mia creatività, proprio per il tipo di ictus che ho avuto. A chi sta male, voglio dire che bisogna imparare ad “accogliere” la malattia. Mia sorella Marcella sostiene che sono stato io a dare forza a tutti loro. Mi ha aiutato il carattere, gioviale».
Quanto conta la famiglia?
«La famiglia è la mia linfa vitale. La mia famiglia d'origine, numerosa, siamo quattro fratelli, legatissimi, sempre uniti anche dalla musica. E la famiglia che ho costruito con Paola, le nostre figlie Nazarena e Chiara, appunto».
Mina, a 83 anni, ha inciso un duetto con Blanco. Lei ora vara un festival di giovani. Come li trova?
«Molti dei loro brani inediti mi hanno emozionato, ho notato che ci sono delle qualità assolute. I loro testi parlano d'amore, ma anche di ambiente...».
Sono gli eredi di «Montagne verdi» che lei compose nel '72 con Giancarlo Bigazzi per Marcella. A proposito di Marcella, qualche giorno fa una “bufala” ha invaso il web...
«Sì purtroppo, si era sparsa la notizia che fosse morta, una bugia. Marcella è al mare e sta benissimo, un po' dispiaciuta della cosa ovviamente».
Cosa la appassiona oggi?
«Il calcio, seguiamo tutto; Parma e Catania ovviamente. Oramai mia moglie è più ferrata di un allenatore. Guardi, non facciamo gli intellettuali, abbiamo imparato a vivere con leggerezza».
Mara Pedrabissi
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