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Intervista

Biagio Antonacci a Parma: «Qui tanti ricordi grazie agli amici Osio, Melli e Buffon»

Biagio Antonacci a Parma: «Qui tanti ricordi grazie agli amici Osio, Melli e Buffon»

di Mara Pedrabissi

30 Giugno 2023, 03:01

B come Biagio. Dopo i Deep Purple, il Parco Ducale accoglie domani alle 21 Biagio Antonacci, secondo ospite della rassegna Parma Cittàdella Musica, con una tappa del suo tour estivo (info alla Puzzle, 0521.993628).

Fatalmente, la scaletta riproporrà amatissimi successi, a partire da «Iris, tra le tue poesie...»

«Sì, ci saranno tutti i miei singoli che sono stati protagonisti di questi anni di musica. Ci saranno anche le canzoni che ho fatto poche volte perché le ritenevo “B”, quindi canzoni meno importanti non essendo stati mai singoli trasmessi in radio ma che, nel tempo, ho scoperto essere forse più amate delle altre. Quindi farò un mix e questa cosa mi fa mi fa stare molto bene».

Nel 2023 sono 60 anni anagrafici e 35 di carriera, se non sbagliamo i conti: in cosa il Biagio di oggi è simile al Biagio di ieri, in cosa è diverso?

«Il Biagio di ieri cercava sempre, al fotofinish, di vincere qualcosa. E, con gratitudine, dico che ci sono riuscito. Il Biagio di oggi non deve più fare scatti di partenza ma va libero, sceglie di sperimentare con altri autori, sceglie, prima di un album, di fare quattro singoli. Insomma, il Biagio di un tempo era libero fino a un certo punto. Oggi quel “fino a un certo punto” non esiste più. Questa è una grande diversità».

La sua storia è nota: il ragazzo cui stava stretto il lavoro da geometra, Rozzano e le band di provincia. Insomma, uno di noi che ce l'ha fatta; non la trasgressione ma la normalità: storie di coppie che montano i mobili dell'Ikea. Sono cose che capitano, vien da dire... Sente l'identificazione del pubblico?

«Il lavoro da geometra mi ha sostenuto e mi ha permesso di sognare. Rozzano, la mia città, le band di provincia... Sì, ce l'ha fatta questo ragazzo che aveva una “trasgressione” normale. E aveva capito che le persone normali, le persone umili si spostano sempre nella direzione migliore. Il pubblico si è identificato anche con un po' di diffidenza, di gelosia all'inizio, penso al pubblico maschile perché ero definito “quello che piaceva alle donne”. Alla fine ho conquistato anche quella parte di pubblico maschile. Capisco che nel mio linguaggio c'è un'ipersensibilità, vicina all'ipersensibilità femminile. Ma poiché sono le donne che scelgono la musica, nelle auto e nelle case, i loro figli sono cresciuti con la mia musica! Non ci sarà mai una parità da quel punto di vista perché l'uomo verrà sempre dopo in famiglia!».

Al «suo» pubblico di Parma cosa dice?

«Ho molto desiderio di tornare a Parma, è una città che mi ha sempre regalato serate di successo, al Palasport, al Teatro Regio. E' anche la città di Marco Osio, di Alessandro Melli, la città dove ha giocato e continua a giocare Gigi Buffon, mio grande amico. Seguivo il Parma quando, in serie A, faceva la differenza. Conosco bene la città, appunto, tramite Melli e Osio: mi portavano in giro quando loro erano delle star e io, agli esordi, aprivo i concerti di Lucio Dalla. Ho ricordi molto belli».

Poi lei è lombardo ma tante persone per lei importanti sono emiliane...

«Sì, sono lombardo, però vivo in Emilia e ho un'azienda agricola in Romagna. Quindi ho passato più tempo della mia vita qui che in Lombardia. Ho collaborato con tanti artisti emiliani, Lucio Dalla dicevo, Gaetano Curreri, Luca Carboni che è sempre stato, oltre un artista che stimavo, un amico».

Lei è tre volte papà, di due figli grandi e un terzo piccolo. Cosa si augura per loro, le nuove generazioni?

«Ai miei figli grandi cerco sempre di trasmettere due ideali: l'impegno e la libertà. L'impegno perché ti permette di essere un uomo con la testa su qualcosa; la libertà perché ti permette di portare dove vuoi quella testa».

Domanda malandrina: come nacque la copertina “adamitica” nel 2010 per «Vanity fair»?

«(Ride, ndr) Fu un po' una follia mia. Volevo fare una sorpresa all'allora vicedirettrice di Vanity Fair perché mi avevano scattato una foto per la copertina, bella ma molto “basica”. Allora mi portai da casa il primo mio vinile e uscii nudo dal camerino, solo col vinile davanti. Il fotografo fu bravissimo: scattò al volo. Scelsero proprio quella come foto di copertina copertina. L'effetto fu dirompente, però in fondo volevo dimostrare che un quarantenne poteva essere ancora un “figo”... e mi hanno detto che la cosa ha funzionato».

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