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DISAGIO

«Family United», il progetto dell'Onu che aiuta le famiglie

«Family United», il progetto dell'Onu che aiuta le famiglie

di Chiara Cacciani

02 Luglio 2023, 03:01

Un'opportunità per famiglie con figli e figlie tra gli 8 e i 15 anni che (detto banalmente) non hanno particolari problemi. Perché dunque dovrebbero partecipare al progetto delle Nazioni Unite sbarcato per ora solo a Parma e a Trento? «Per aumentare i livelli di benessere di ogni componente e delle nucleo nel suo insieme, per avere competenze in più e gestire qualcosa che potrebbe accadere e che tutti noi genitori pensiamo sempre possa accadere solo agli altri. E infine per rafforzarsi in un percorso di scambio e condivisione delle esperienze», risponde il coordinatore Riccardo Lodi, responsabile della sede centrale della comunità Betania e presidente di S.o.l.e. Italia. E’ lui, che da 20 anni si occupa di dipendenze, ad aver contattato l’Onu per portare «Family United» in Italia.

Attivo in oltre 30 Paesi, è partito a Parma come progetto pilota nel 2022. I primi «reclutamenti» sono stati fatti nelle scuole aderenti all'attività di «S.o.l.e», in cui bambini e bambine dagli 8 ai 13 anni imparano pensiero critico ed autoefficacia. Poi il debutto ufficiale nel 2023, affiancato da un monitoraggio coordinato dalla professoressa Annalisa Pelosi del dipartimento di Medicina e Chirurgia e da Unodc, la branca dell’Onu che si occupa anche di prevenzione.

Le prime a diventare «United» sono state 40 famiglie a Parma e 20 a Collecchio: monogenitoriali o no, con uno o più figli o figlie. E l’obbiettivo è di arrivare in questa prima fase a 160, distribuite fra Parma e il Trentino per avere numeri adeguati a dare valenza scientifica allo studio che si sta conducendo su ciò che l’acquisizione delle competenze rafforzate, delle relazioni solide, della fiducia e dell’abitudine a sapere di poter contare uno sull’altro come pane quotidiano avranno nel futuro e nel benessere del nucleo e dei singoli.

Come funziona il progetto? Prevede la partecipazione a quattro incontri di due ore ciascuno a orari e giorni concordati. Gli spazi sono di solito forniti dai Comuni e ad ogni ciclo partecipano dalle 6 alle 12 famiglie. «Nella prima ora i genitori sono in una stanza seguiti da due trainer e lo stesso vale per i figli, entrambi i gruppi in una condivisione tra pari – racconta Lodi -. La seconda ora è a famiglie riunite, con attività che vanno a toccare temi come l’attenzione, l’elogio, il modificare comportamenti sfidanti, la resistenza alla pressione dei pari, la gestione dello stress e le qualità positive della famiglia. Nel medio termine ci sono i trainer formati a Vienna, ma anche gli stessi genitori potrebbero diventare trainer per altri nel lungo periodo. Il progetto, come la letteratura scientifica dimostra da decenni, funziona se dura nel tempo. Un altro punto importante è creare una rete fra le famiglie che hanno partecipato per riuscire a realizzare, nel tempo, una comunità educante: è il modo migliore per aiutare i nostri figli a crescere sani e con le giuste “difese immunitarie” verso i rischi tipici dell’adolescenza. Tanto è vero che chi quest’anno ha partecipato agli incontri andrà al Buskers Festival a fine agosto: è una banalità ma incentiverà a rivedersi e stare insieme».

Si cercano altre famiglie dunque. «Molte, se non sentono di avere difficoltà, pensano di non avere bisogno di un supporto. La prevenzione però – sottolinea Lodi – aiuta ad avere strumenti per evitare che disagio e comportamenti a rischio si manifestino».

Un tema molto attuale quando si parla di giovani e giovanissimi. Che spesso trova il mondo adulto al limite del disarmato o del «caduto dalle nuvole». «Non esiste - spiega - una prevenzione contro un singolo comportamento. Bullismo, dipendenze, violenza, autolesionismo e ritiro sociale sono tutti figli di disagio e la volontà nostra, delle Nazioni Unite e dell’Osservatorio dipendenze dell’Unione Europea, che vorrebbe estendere il progetto agli altri Paesi, è quello di salvaguardare i giovani da questi rischi. Suggerimenti in più possono non far male, soprattutto se vengono da evidenze scientifiche e portano elemento di benessere: trasmettere il valore del pensiero critico, l’evitare di far tutto per i figli o – all'opposto - nulla per i figli, il dimostrare a chi sta crescendo che ha la capacità di fare le cose, che può stare bene a scuola e negli ambienti che frequenta». «Ecco- continua -: puntando sulle competenze e sul benessere è più facile che un adolescente non si tagli o voglia ritirarsi da scuola, o possa cadere nelle droghe. O, ancora, che si riducano i casi di bullismo. E lo stesso dicasi per le famiglie: quelle che hanno partecipato hanno acquisito livelli di consapevolezza alti e il loro atteggiamento e la competenza sono cambiati». Pronte alle sfide, insomma. E a stare bene, e più forti, insieme. Per partecipare al progetto: familyuniteditalia@gmail.com.

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