Reportage
Grigio, lo hanno rifatto. Non azzurro o bianco o con i classici colori dell’estate e della spiaggia: quelli li mettono il sole rivestito dalle nubi del tramonto e il mare che bussa alla battigia con onde perentorie, quasi chiedesse a sua volta di essere invitato. Dopo l’incendio di fine maggio 2021, il Gilda Beach di Forte dei Marmi ha indossato un abito ancora più elegante e sobrio: grigio, alla faccia della cenere e del fumo. Il rogo che lo distrusse più del brutto ricordo ora prende l’aspetto della svolta. «Vedrai, lo ricostruiremo più bello che mai» disse Piero Lissoni a Ilda Tabarani, la proprietaria che mesi prima gli si era presentata a New York, riconoscendolo a un tavolo de Le Pain Quotidien. La promessa, l’archistar la pronunciò abbracciando Ilda davanti alle rovine del vecchio locale. Era una vera dichiarazione d’amicizia: Lissoni non avrebbe chiesto ricompense, ma solo fiducia. Ce n’è voluta, per accettare la scelta inconsueta del grigio, «ma non poteva essere riposta meglio» sottolinea Riccardo Di Giovanni, marito di Ilda e tutt’uno con lei in questa sfida imprenditoriale (che oltre alla famiglia coinvolge una sessantina di dipendenti nella bella stagione e all’incirca la metà in inverno). Ci sono voluti due anni abbondanti (più del danno poterono i vincoli), tra l’altro seguiti alla pandemia, ma è andata: promessa mantenuta.
Sulla tabula rasa lasciata da Fratello fuoco è sorta una struttura di stile e accoglienza. Un’oasi inclusiva ed esclusiva (i prezzi non sono proprio popolari) tra terra e mare: alto livello, ma atmosfera leggera, dal facile incontro. Ora è tempo di celebrare con una festa. E i suoi echi arrivano eccome dalle nostre parti, dove se dici mare pensi alla Versilia, al Forte fino a prova contraria. Molti, tra chi varca la soglia dello stabilimento sul far della sera, rivelano la provenienza salutando: le due erre di Riccardo aiutano a tradire la parmigianità. Di Giovanni conferma, accogliendoli uno a uno. Clienti, amici: gli invitati sono entrambe le cose. Tra loro si riconoscono Andrea Agnelli, Demetrio Albertini, Enrico Preziosi... C'è gente di ogni età: informali gli uomini, più ricercate le donne, alcune dal tacco ostinato, nonostante la prospettiva di camminare sulla sabbia. «La mia trasgressione stasera è stare tra le signore vestite, abituato come sono a vederle in costume» sorride Alessandro Dazzi, bagnino, ma soprattutto amico dei frequentatori del Gilda. Anche lui, che ha barattato la canotta rossa del salvamento con un abito chiaro, è nei panni di un altro sé stesso.
I più sono habitué da anni, gli altri hanno fatto presto a recuperare il ritardo. C’è chi all’agenzia immobiliare, in cerca di una casa, ha rappresentato come prima richiesta che fosse proprio vicina al Gilda. Non serve molto, per capire che la fenice non solo è risorta dal proprio rogo, ma ha preso il volo. Ogni dettaglio è curato: dalle centinaia di candele accese all’ingresso (il fuoco ora è amico) alle essenze che seguono il perimetro della struttura alle poltroncine di midollino, al giunco intrecciato che sostiene la tettoia affacciata sulla spiaggia, ai tendoni, al pavimento di legno. Per non parlare della cucina a vista (e con vista mare per chi ci lavora), dove regna a sua volta il grigio: quello lucente dell’acciaio. «Gli abbiamo cucito un abito su misura - sorride l’architetto Andrea Piazzalunga, dello studio di Lissoni - ma molte misure sono stati loro stessi a fornircele». Lissoni, maestro del basso profilo, conferma: «Ciò che conta è ricordare d’essere a Forte dei Marmi, un luogo sempre più macchina estetica». Luogo di tendenza, che per Di Giovanni «vale Saint Tropez», per tradizione, paesaggio, qualità del servizio e posizione strategica tra le città.
L’architetto-amico, ridisegnando il Gilda, intendeva innanzitutto fare un «ritratto» ai proprietari. «Credo che ora il locale gli corrisponda di più» ammette con aplomb più british che meneghino. Così, i complimenti vanno dritti al cuore dei proprietari, mentre la musica dalla spiaggia ancora non copre le raffiche dei tappi di champagne in partenza: musica per il palato, altro che fuochi d’artificio. Mai più Adua Minari, nata a Castelnovo Sotto 86 anni fa, per poi trasferirsi in Versilia dopo la guerra, avrebbe immaginato di vivere una serata come questa, lei che con il marito Gigi Tabarani, grossista di carburanti, aveva comprato lo stabilimento da una famiglia di scozzesi nel 1982, quando si chiamava Pennone II (Gilda sarebbe diventato dopo: comprendendo il nome di Ilda e l’iniziale del padre, per concludersi con quella della madre). A maggior ragione Adua non sarebbe riuscita a sognarlo quel 29 maggio, quando sembrava che anche il futuro fosse incenerito. «Vado a comprare le uova: le torte mica si fanno da sole» esclamò all’improvviso, dando il primo segnale di riscatto. «Il giorno dopo - racconta Riccardo - abbiamo comunque dato da mangiare ai clienti del ristorante: le porte tagliafuoco avevano salvato la cucina del Tai, il bagno adiacente comprato nel 2017. Così, abbiamo continuato a lavorare». E a risorgere.
La festa tra il ristorante e la spiaggia è la celebrazione di questo lungo cammino di riscatto. La musica, dal vivo e poi di nuovo mixata ora si alza, mentre si balla scalzi sulla sabbia. Il Dj deve prendere la parola per dire che c'è una Porsche da spostare: di sicuro non è un diesel... Si perde il conto degli ospiti, dei vuoti di champagne, si perde il conto delle ore. Fino all’una, quando alla festa si è obbligati a staccare la spina. L’atmosfera sarà da Saint Tropez, ma almeno il tempo parla un’altra lingua.
Roberto Longoni
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