CIRCONVENZIONE D'INCAPACE
I cioccolatini o i dolcetti preferiti. Ma anche parole amorevoli e attenzioni che Livia (la chiameremo così) aveva dimenticato. «Ti voglio sposare», le avrebbe detto. E lei aveva creduto alla promessa. Quell'uomo con 35 anni in meno era diventato un punto di riferimento. Il bancario amico che sapeva darle consigli su come investire i suoi averi, ma che aveva anche capito quanta fame d'affetto avesse. Così suadente - e persuasivo - da riuscire a diventare il suo erede universale. A 85 anni, Livia aveva firmato un testamento che indicava il bancario (ora in pensione, ma fino a qualche tempo fa impiegato in un'agenzia della città), beneficiario di tutti i suoi beni: un patrimonio di circa 400mila euro, tra conto corrente, titoli, alcuni gioielli conservati in una cassetta di sicurezza e tre garage. Un atto autentico, ma firmato da una donna totalmente soggiogata, secondo l'accusa. L'ex bancario, oggi 60enne, originario di Milano ma residente a Parma, è stato condannato a 2 anni per circonvenzione di incapace. Il pm Laila Papotti aveva chiesto un anno e mezzo in più. Il giudice Alessandro Conti ha stabilito una provvisionale di 14mila euro a favore delle 14 parti civili costituite: familiari e parenti assistiti dall'avvocato Stefano Delsignore. Il risarcimento complessivo del danno sarà stabilito in sede civile, ma la pena sarà sospesa solo se l'ex bancario provvederà al pagamento della provvisionale.
Un discreto patrimonio, Livia, vari fratelli, sorelle e nipoti, ma nessun figlio: insomma, la persona ideale da ingannare a suon di lusinghe e false promesse per chi ha pochi scrupoli. E il bancario, a poco a poco, era diventato la persona a cui chiedere ogni consiglio. L'amico di cui fidarsi. Premuroso e disponibile con quella donna che, giorno dopo giorno, faceva però sempre più fatica a badare a se stessa.
Dal 2011 Livia era seguita dai servizi sociali, e mese dopo mese anche la salute aveva cominciato a cedere. Nel gennaio del 2013 un'ischemia la fa finire in ospedale. La sua tempra forte si indebolisce, ma è nella sua mente che si affollano sempre più ombre. Pochi mesi dopo i medici accertano una riduzione delle sue capacità cognitive. E ad ottobre i geriatri del Maggiore ne certificano la totale incapacità. Eppure, solo poche settimane prima, Livia aveva sottoscritto il testamento che faceva del bancario l'erede di tutti i suoi beni. «E' il mio capo», aveva spiegato ad alcuni parenti quando andavano a trovarla in ospedale.
Cominciano così gli anni più bui per Livia: la malattia del corpo che aggredisce anche la mente. Nel giugno del 2014 viene nominata un'amministratrice di sostegno: è lei che riscontra e segnala alcune operazioni anomale sul conto dell'anziana. Ma nessuno sa di quel testamento olografo. Che spunta nel 2019, quando Livia se ne va, a 91 anni.
E' la sorpresa che il notaio rivela ai vari parenti, quando fanno partire la procedura per la successione. Ma vengono alla luce anche alcune polizze vita, sottoscritte da Livia, di cui è beneficiaria una vicina di casa, molto amica del bancario.
L'uomo delle promesse avrebbe messo le mani su tutto. Ma i parenti di Livia decidono di denunciare. E l'intero patrimonio viene messo sotto sequestro. Nemmeno un euro finisce nelle tasche del bancario, che non ha mai messo piede in aula durante il processo. Nemmeno i parenti di Livia, però, hanno potuto beneficiare dell'eredità. Tutto resta ancora «congelato». Finché la sentenza diventerà definitiva.
Georgia Azzali
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