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Trenta ragazzi in fuga dalle guerre in cerca di un futuro

Trenta ragazzi in fuga dalle guerre in cerca di un futuro

23 Luglio 2023, 03:01

Il Centro pastorale diocesano ha aperto le porte a trenta profughi giunti a Parma da diversi Paesi dell’Africa: Tunisia, Algeria, Mali e Camerun solo per citarne alcuni. Sono giovani ragazzi in fuga dalle guerre che hanno dovuto affrontare varie difficoltà e hanno rischiato la vita attraversando il deserto e il Mediterraneo.

Sono stati accolti a inizio luglio, dopo la richiesta di sostegno della Prefettura e hanno trovato ospitalità nel Centro pastorale, costantemente supportato dalla Caritas. «Questo è il nostro quotidiano – spiega Cecilia Scaffardi, direttrice della Caritas - che si esplica nell’accoglienza dei profughi, ma anche delle famiglie sfrattate e delle persone vulnerabili. C’è stata la necessità di aiutare questi ragazzi in una situazione emergenziale. Adesso abbiamo accolto questi migranti, ma ne saranno transitati almeno una sessantina».

Appena arrivati nel centro è stato fatto uno screening della loro condizione di salute e hanno ricevuto ciò di cui avevano bisogno, dalle prime cure agli indumenti di cui erano sprovvisti. In questi giorni, lasceranno il centro e saranno trasferiti in una canonica della diocesi nella provincia di Parma con l’aiuto di un’altra cooperativa che si prenderà carico dei percorsi di accompagnamento. La Caritas non esclude l’arrivo di nuovi profughi. «Ci aspettiamo nuovi flussi – prosegue Scaffardi ‒ perché quello che sta accadendo nel mondo sappiamo avrà delle ripercussioni sulle immigrazioni e queste vanno gestite in un modo decisamente più strutturato».

Il percorso di accoglienza dei trenta ragazzi ha coinvolto una vasta rete di persone, che si è mobilitata in vario modo. «La bellezza di questo percorso - racconta il Vescovo di Parma Monsignor Enrico Solmi ‒- è che si attivano spontaneamente tante risorse. È capitato, ad esempio, che ci fosse un ragazzo con un piede gonfio e un medico che frequenta abitualmente la Chiesa si è offerto di venirlo a visitare. Questa è la vera forza del volontario. Sono ragazzi che hanno poche pretese ed è bastato portare loro un semplice pallone per renderli felici».

Ma aiutare questi ragazzi non è stato affatto semplice. «Quando arrivano queste persone – afferma Lorenzo Bassi, operatore della Caritas - possono avere dei traumi o delle ferite. La difficoltà più grande è sicuramente capire come aiutarli. Speriamo che riescano a trovare un lavoro e ad integrarsi. Mi ha colpito molto la loro riconoscenza: ogni volta che mi vedevano si offrivano di aiutarmi».

La gratitudine che traspare dai loro occhi è un chiaro segnale di quanto apprezzino il lavoro fatto sino ad ora. In tanti hanno manifestato anche il desiderio di imparare l’italiano per superare quella barriera linguistica che rende difficile capirsi. Fondamentale in questo senso l’aiuto di Mohamed Kebe, vice presidente della cooperativa World in progress, che ha lavorato come mediatore linguistico per comprendere le necessità dei ragazzi. «Qui sono accolti davvero bene – spiega Kebe -‒ e hanno tanti servizi a disposizione. Seppur con qualche difficoltà, siamo riusciti a comunicare. Sono molto contenti e, al tempo stesso, preoccupati. Temono di non ottenere il permesso di soggiorno e hanno paura di essere rimandati indietro».

Laura Ruggiero

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