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Il «Golden Boy»

Gianni Rivera, mito del calcio, compie 80 anni

Gianni Rivera, mito del calcio, compie 80 anni

di Vittorio Rotolo

18 Agosto 2023, 03:01

Ottant'anni di Gianni Rivera. Ottant'anni di un mito senza tempo. Di un «monumento», direbbero quelli bravi. Per tutti è il Golden Boy, etichetta fin troppo scontata per uno capace di esordire in serie A a quindici anni con l'Alessandria e che non ne ha ancora compiuti venti quando vince, da protagonista, la prima Coppa dei Campioni con il Milan, nel tempio di Wembley al cospetto del Benfica.

Golden Boy, sì. Ma per un altro Gianni – Brera, fuoriclasse del giornalismo - Rivera resterà per sempre l'abatino, per la sua eleganza e le indiscusse doti tecniche che emergevano a dispetto di una potenza fisica deficitaria. Non se la prese mai, il numero 10 del Milan, per questo soprannome. Lui che pure non le mandava a dire a nessuno, attirandosi continuamente antipatie nell'ambiente del pallone. Come non pensare alle polemiche roventi seguite a quel Cagliari-Milan deciso, a tre minuti dalla fine, dal rigore fischiato da Alberto Michelotti contro i rossoneri, per un «mani» in area di Anquilletti. Ne ebbe per tutti, Rivera: per il fischietto parmigiano (faranno pace tempo dopo grazie all'intervento del Paron Rocco) e per il designatore Giulio Campanati, insinuando l'esistenza di un disegno per favorire la conquista dello scudetto da parte della Juventus. Esternazioni che gli costeranno due mesi e mezzo di squalifica.

La carriera

Nato il 18 agosto 1943 a Valle San Bartolomeo, sobborgo di Alessandria dove i genitori – Teresio, ferroviere, e Edera, casalinga – si erano temporaneamente trasferiti per sfuggire al pericolo dei bombardamenti, fu proprio il padre (nel 1956) a presentarlo a Giuseppe Cornara, preparatore delle giovanili dei «grigi». Rivera si fa subito notare. E il tecnico Franco Pedroni lo segnala all'amico Gipo Viani. Il presidente del Milan, Andrea Rizzoli, dichiara: «Ho speso un sacco di soldi per acquistare un ragazzino di cui sconosco persino il nome». Lo scoprirà ben presto...

Icona rossonera

Per Rivera la svolta avviene nella stagione 1961/62. Con Rocco allenatore, al gioiello alessandrino – collocato alle spalle degli attaccanti – vengono affidate le chiavi del gioco del Milan, che conquista lo scudetto. Dopo Wembley, un'altra Coppa dei Campioni: nel 1969 contro l'Ajax. Poi una Coppa Intercontinentale: Rivera segna a Buenos Aires nella finale di ritorno, mentre i giocatori dell'Estudiantes scatenano una caccia all'uomo all'indirizzo dei rossoneri. Con la maglia del Milan, in 654 gare disputate, Rivera vincerà altri tre tricolori, quattro coppe Italia, due coppe delle Coppe. In mezzo, il Pallone d'Oro. Che arriva il 22 dicembre 1969, per soli quattro voti in più su Gigi Riva. È il primo italiano ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento assegnato da France Football, che lo consacra come l'«artista» del pallone.

L'ultimo scudetto regalato al popolo milanista è quello della «stella».

La Nazionale

Un Europeo nel 1968, il titolo di vicecampione del mondo due anni dopo. Ma la lunga parentesi di Gianni Rivera in maglia azzurra è legata soprattutto al dualismo con Sandro Mazzola. L'Italia, calcistica e non solo, è divisa. È il periodo della «staffetta» voluta dal c.t. Ferruccio Valcareggi. Mazzola e Rivera, un tempo ciascuno. Fino all'atto conclusivo del Mondiale in Messico: Rivera, stavolta, entra in campo solo a sei minuti dalla fine, con il risultato già ampiamente compromesso a favore del Brasile.

Eppure era stato proprio l'abatino a regalare la finale agli azzurri, siglando la rete del 4-3 in quella che, ancora adesso, viene universalmente ricordata come la «partita del secolo»: la semifinale contro la Germania Ovest. Allo stadio Azteca di Città del Messico, al 110', la disattenzione del numero 14, che non copre adeguatamente il palo della porta azzurra, determina il pareggio tedesco, ad opera di Müller. «Potevo prenderla con le mani, è vietato» dirà Rivera. Dal 3-3 al 4-3 intercorrono appena 63 secondi: il fotogramma dell'esultanza del fantasista, braccia al cielo (con lui c’è Riva), è preceduto da un'azione da manuale. Undici passaggi, l'ultimo dei quali, all'indietro, di Boninsegna: l'accorrente Rivera sigla il gol della vittoria.

Il ritiro

Appese le scarpette al chiodo, Rivera diventa vicepresidente del Milan per sette anni lasciando l'incarico in aperta polemica con il nuovo proprietario del club, Silvio Berlusconi. Si ritroveranno rivali in politica.

A proposito della sua carriera, Rivera ha detto: «Non sono mai stato un calciatore, ho giocato a pallone». Di lui non si ricordano prodezze di quelle che rubano l'occhio. Ma giocate pulite e ordinate, che il suo tocco di palla trasformava in pennellate sublimi sulla tela del rettangolo verde. Nell'empireo del calcio, le gesta di Gianni Rivera costituiscono l'essenza. E allora tanti auguri, artista dalla classe infinita.

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