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EDITORIALE

Quel minorenne scarcerato dopo lo stupro di gruppo

stupro di gruppo palermo

di Pino Agnetti

23 Agosto 2023, 13:00

Hai meno di 18 anni e vivi e risiedi in Italia? Ebbene, sappi che se partecipi a uno stupro di gruppo verrai subito scarcerato anche se sei reo confesso e contro di te esistono prove e testimonianze schiaccianti. È il “messaggio” - l’aggettivo più adatto sceglietelo voi, io mi limito a definirlo drammatico - che ci viene da Palermo, dove un giudice ha disposto l’immediata liberazione e l’affidamento in comunità di un minorenne autore, insieme a sei suoi amici più grandi, di una violenza bestiale contro una ragazza 19enne. Le agenzie riportano che, a orientare la decisione del giudice, sarebbe stato “l’atteggiamento collaborativo dell’indagato”. Collaborativo? Se è per questo, gli investigatori avevano raccolto ampia prova dell’atteggiamento particolarmente “collaborativo” del giovane anche alle fasi più brutali della violenza. Tutto documentato nell’immancabile video girato dagli stessi stupratori e prontamente dato in pasto alla muta famelica dei social. Non sembra possano esservi dubbi sia sulla premeditazione del crimine (prima di trascinare la ragazza in un luogo isolato sul lungomare di Palermo il gruppo l’aveva fatta bere e fumare marijuana in quantità), Così non possono esserci dubbi sulla spaventosa freddezza dei violentatori che, a scempio compiuto, se ne sono andati a festeggiare tranquilli in rosticceria. Salvo poi infuriarsi e promettere di vendicarsi con la stessa vittima una volta saputo che quest’ultima li aveva denunciati. Ma, anche a quel punto, rimorsi o segnali di pentimento zero: «Compà, dai che finiamo al telegiornale!», è stato invece il commento intercettato fra due di loro prima che i carabinieri finissero di mettere le manette all’intero branco.


Per la cronaca, la Procura dei minori del capoluogo siciliano ha già annunciato che presenterà ricorso contro la decisione di quel giudice. Ma il danno, ormai, è fatto. Anche se il ricorso venisse accolto, dato che la storia è destinata prima o poi a ripetersi da qualche altra parte. Accade sempre così quando, impercettibilmente, il limite del lecito (e del giusto) si sposta un passo più in là. Un po’ come per i prezzi folli della benzina, del ristorante o dell’ombrellone, di cui nessuno riesce a fornire uno straccio di spiegazione sufficientemente chiara e convincente ma che è altrettanto certo non torneranno più ai livelli precedenti. Già, ma cosa è definibile come “lecito” e “giusto”, oggigiorno? Il solo evocare queste due categorie è motivo crescente di sospetto fra i tanti che vedono dietro ogni angolo il rischio di una pericolosa involuzione di stampo reazionario e autoritario. Francesco Alberoni, il grande umanista (a me piace chiamarlo così più che con il semplice titolo di sociologo) scomparso nei giorni scorsi all’età di 93 anni, così scriveva a proposito della progressiva eclissi del “lecito” e del “giusto”: «L’Occidente sta perdendo i suoi valori perché ha lasciato pericolosamente indebolire le grandi istituzioni educative che sostenevano la moralità pubblica e privata: patria, stato, chiesa, esercito, partito, scuola e famiglia». Il pensiero di un reazionario? Può darsi.

Ma, al netto di tutte le possibili diatribe ideologiche fra “progressisti” e “conservatori”, difficile trovare una descrizione più nitida del deserto da cui provengono gli autori dello stupro di Palermo. Giovani pieni di nulla e privi di tutto! Tant’è che è la stessa ordinanza che ne aveva disposto l’arresto a parlare di «elevatissima pericolosità sociale, di totale assenza di freni inibitori e di violenza estrema e gratuita ai danni di una vittima inerme, trattata come un oggetto, senza alcuna pietà». Paradossalmente, a scrivere queste parole, è stato lo stesso giudice che ha poi ordinato la scarcerazione del minorenne nonostante che i Pm avessero indicato proprio quest’ultimo come il componente più feroce della banda.
L’altro punto su cui bisognerebbe cominciare finalmente a riflettere riguarda il sostanziale fallimento di un certo modo di contrastare la piaga della violenza sulle donne. Non se ne è mai parlato così tanto. Eppure, le cronache e le statistiche sui femminicidi dicono che dalla piaga si è passati al massacro ormai quotidiano. Non parliamo degli abusi sessuali più o meno di gruppo, come quello toccato alla 19enne di Palermo. In tutti i casi impressiona il modus operandi degli aguzzini, quasi che a colpire sia sempre lo stesso gruppo di criminali seriali. Ora, pensare che dopo ogni episodio sia sufficiente organizzare un bel corteo o un accorato dibattito per invertire la tendenza, significa non avere ancora ben capito né le radici, né la portata devastante del fenomeno. Le processioni possono anche starci. Ma, se non precedute e seguite dai fatti, rischiano solo di fare il solletico a una violenza selvaggia che, anzi, sembra farsi beffe e perfino nutrirsi (diventare di colpo popolari non è forse il sogno segreto di tutti i criminali?) delle nostre sdegnate quanto spuntate marce di protesta. In ogni caso, da oggi è ufficiale che il peggio che possa capitarti in Italia, anche dopo esserti divertito a torturare e a umiliare un essere umano completamente indifeso, è di finire in una comunità. Basta essere minorenni e mostrarsi “collaborativi”. In un Paese che sta vivendo un boom senza precedenti dei reati sessuali compiuti da minori (vedi l’ultimo allucinante rapporto della Polizia criminale), un esempio perfetto di impunità oltre che una macroscopica offesa contro tutte le donne. Verrebbe da gridare con tutto il fiato che si ha in corpo “Basta!”. Ma per ora l’unica invocazione del genere è quella urlata invano ai propri spietati stupratori dalla ragazza di Palermo e chissà da quante altre come lei. Vittime a loro volta terribilmente fragili di un’orda formata sempre più spesso da giovani e da giovanissimi incapaci di provare qualsiasi moto di rimorso, vergogna o pentimento. Stati d’animo del tutto sconosciuti a chi, mentre attende l’arrivo dei carabinieri, sa solo sussurrare per telefono a un complice «Compà, dai che finiamo sul telegiornale!».

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